Enunciazione di atti soggetti a registrazione in caso d'uso: assoggettamento di tali atti all'imposta a prescindere dall'uso e sulla base della sola enunciazione, in caso di corrispondenza tra le parti intervenute nell'atto enunciato e in quello enunciante. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 23414 del 2021.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 23414 del 24 agosto 2021, ha chiarito il trattamento impositivo di registro in caso di mera enunciazione di atti soggetti a registrazione in caso d’uso.
Nel caso di specie, il contribuente aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale ne aveva respinto l’appello nell’ambito di controversia avverso un avviso di liquidazione, con cui era stato disposto il recupero dell’imposta suppletiva di registro, con riferimento ad un atto stipulato per la costituzione di pegno a favore di una società estera controllata da altra società italiana, la quale le aveva ceduto il residuo di un suo credito nei confronti di altro soggetto societario, già destinatario di un precedente finanziamento.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 23414 del 2021
- Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 23414 del 2021.
Imposizione di registro in caso di enunciazione di soggetti a registrazione in caso d’uso: il caso dell’Ordinanza n. 23414/2021
La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che il contenuto dell’atto notarile evidenziasse la presenza di due atti enunciati, assoggettati ad imposta in quanto soggetti a registrazione in caso d’uso, affermando l’applicabilità dell’art. 22 del Dpr. n. 131/86 e rilevando l’identità delle parti intervenute negli atti enunciati e nell’atto registrato.
La ricorrente, per quanto di interesse, denunciava quindi la violazione dell’art. 22 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, avendo, a suo avviso, la CTR errato nel ritenere sussistente il presupposto soggettivo, ovvero la perfetta coincidenza tra le parti che avevano stipulato l’atto enunciante e quelle che avevano concluso i due atti enunciati, ritenendo peraltro lo stesso giudice che la norma citata non richiedesse la piena coincidenza delle parti contraenti, ma solo che alla formazione degli atti enunciati non fossero intervenuti soggetti estranei.
La ricorrente censurava poi la sentenza per avere questa ritenuto l’applicabilità dell’art. 22, comma 1, del Dpr. n. 131/86 anche agli atti soggetti a registrazione per i quali il caso d’uso non si fosse ancora verificato, atteso che i due atti enunciati non erano stati depositati presso le cancellerie giudiziarie.
Riteneva infatti la società che la norma attraesse a tassazione solo gli atti per i quali l’obbligo di tassazione sussisteva ab origine e non anche per quelli che al momento della enunciazione non fosse ancora emerso il presupposto impositivo.
Evidenziano quindi i giudici di legittimità che l’articolo 1, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Seconda, allegata al Dpr. 26 aprile 1986, n. 131, dispone per tutta una serie di atti e contratti (i quali, di regola, dovrebbero essere soggetti a registrazione in “termine fisso”) che, se formati “mediante corrispondenza”, la registrazione avvenga solo “in caso d’uso” (con la medesima tassazione prevista per il caso in cui essi fossero soggetti a registrazione in “termine fisso”), evidentemente allo scopo di non intralciare, con inutili appesantimenti burocratici, la prassi commerciale.
Al riguardo la Cassazione ha peraltro già avuto modo di affermare che “ai fini dell’imposta di registro, il contratto stipulato per corrispondenza si distingue dal contratto stipulato per scrittura privata non autenticata per il fatto che nel secondo caso vi è un solo documento nel quale risultano formalizzate le volontà di tutti i contraenti e le loro sottoscrizioni, mentre, se si tratta di corrispondenza, in ogni documento è raccolta la volontà unilaterale di un solo contraente” (cfr., Cass. n. 30179 del 2017), ed il cosiddetto “scambio di corrispondenza commerciale” è soggetto, quindi, al pagamento dell’imposta proporzionale di registro solo in caso d’uso e non in termine fisso (entro venti giorni), scontando l’imposta proporzionale nella misura del 3 per cento, in base all’art. 9, Tariffa, Parte Prima, allegato A, del Dpr. n. 131 del 1986, riferito, a tutti gli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” (cfr., Cass. n. 19799/2018).
Evidenzia poi ancora la Corte che il Dpr. n. 131 del 1986, art. 22, testualmente stabilisce che: “1. Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate, se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69 …”.
Infine, il Dpr. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, lett. a) della Tariffa parte seconda allegata sancisce che gli atti indicati all’art. 2, comma 1, artt. 3, 6, 9 e 10, prima parte, dello stesso decreto, formati mediante corrispondenza, sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso, laddove, ai sensi dell’art. 6, si ha caso d’uso quando un atto si deposita, presso le cancellerie giudiziarie, nell’esplicazione di attività amministrative, o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, per essere acquisito agli atti, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi, ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento.
Imposizione di registro in caso di enunciazione di soggetti a registrazione in caso d’uso: la posizione della Corte di Cassazione
Tanto premesso quanto al contesto normativo, occorreva dunque stabilire se un atto soggetto a registrazione solo in caso d’uso, quali erano anche gli atti in esame, fosse assoggettabile ad imposizione solo ed esclusivamente in tale ipotesi, ovvero anche quando fosse enunciato in altro atto registrato, ovvero, ancora, se tale enunciazione configurasse o meno un caso d’uso.
Rilevava al riguardo la Corte che, alla stregua della dizione letterale del richiamato art. 6 del Dpr. n. 131 del 1986, doveva escludersi che il mero richiamo dell’atto non registrato in atto registrato potesse configurare un’ipotesi d’uso (cfr., Cass. n. 5946/2007; n.16662/2020), dovendosi allora verificare se l’art. 22 cit. si riferisca o meno, ex se, anche all’enunciazione di atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso.
Secondo la Cassazione il tenore della norma porta ad una risposta positiva, atteso che se il legislatore ha specificato, nella parte finale del comma 1, che “se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69”, è allora evidente che lo stesso legislatore ha comunque inteso includere anche gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e poiché l’enunciazione di tali ultimi atti, come visto, non configura, ai sensi dello stesso art. 6 cit., un “uso”, deve allora concludersi per l’assoggettamento di tali atti all’imposta, a prescindere dall’“uso” e sulla base della sola enunciazione.
Poste tali premesse, occorreva poi altresì evidenziare come la norma richieda espressamente, quale presupposto di sua applicazione, la corrispondenza tra le parti intervenute nell’atto enunciato e in quello enunciante, laddove con tale termine, la norma si riferisce però non solo alle parti che hanno sottoscritto l’atto enunciante e quello enunciato, bensì anche a tutti i soggetti che, pur non essendo intervenuti in atto e non avendolo sottoscritto, risentono direttamente dei suoi effetti.
La disposizione si riferisce, quindi, a tutte le parti sostanziali, da intendersi nel senso di una relazione di “essenzialità” tra quelle intervenute nei due atti, e ricorrendo pertanto enunciazione, ad esempio, quando venditore e acquirente si danno atto che l’immobile è detenuto dall’acquirente in qualità di inquilino, ma non quando il venditore renda noto all’acquirente che l’immobile vendutogli è condotto in locazione da terzi.
Sulla base di tali principi la Suprema Corte (cfr., Cass. n. 1125/2000) ha del resto già affermato che il richiamo effettuato da un decreto ingiuntivo ad un ricorso giudiziale nel quale si fa riferimento ad una cessione di crediti effettuata tra soggetti diversi dal debitore ingiunto evidenzia un’enunciazione indiretta di atti, ma esclude l’identità tra le parti dei distinti atti non presentati alla registrazione, escludendo conseguentemente la tassazione dell’atto di cessione di crediti precedentemente non sottoposto a registrazione per carenza delle condizioni di identità soggettiva (cfr., anche Cass., n. 16662 del 2020).
In conclusione, nel caso in esame, i contratti di cessione di credito e del finanziamento, mediante corrispondenza commerciale, il primo tra la società (cedente) e la società controllata (cessionaria) ed il secondo tra la società cedente/finanziatrice ed altra, diversa, società/finanziata, enunciati nell’atto di costituzione di pegno soggetto a registrazione, comportavano l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio, per la mancanza di identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato (cfr., Cass. n. 8669 del 29/03/2021).
Trattandosi di società diverse era infatti esclusa l’identità delle parti dei distinti atti e dunque la tassazione dell’atto enunciato.
E, analogamente, l’atto di finanziamento non era assoggettabile a tassazione, non solo per la diversità delle parti, ma anche per l’assenza di effetti, sia pure indiretti, che dalla costituzione di pegno potevano derivare alla società cedente.
In conclusione e a prescindere dallo specifico caso processuale, in tema di imposizione di registro su atti meramente enunciati, giova anche evidenziare che, in via generale, i rapporti sottostanti all’atto non registrato sono comunque da assoggettare all’imposta di registro, anche se solo enunciati.
Ad esempio, allora, anche l’eventuale condanna del fideiussore, enunciata nel decreto ingiuntivo, comporta un’obbligazione autonoma rispetto a quella derivante dalla condanna del debitore principale, come tale soggetta anche ad autonoma imposizione.
L’imposta di registro è infatti un’imposta d’atto. E colpisce quindi ogni singolo atto che possa esprimere una qualche capacità contributiva.
In tema di imposta di registro, del resto, vale il principio dell’autonomia dei singoli negozi, come si desume appunto anche dalla previsione letterale di cui all’art. 22 del Dpr 26 aprile 1986, n. 131, conseguendo quindi, ad esempio, che va assoggettato ad imposta proporzionale il contratto di fideiussione enunciato in una sentenza intervenuta tra le stesse parti del negozio di garanzia.
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