Green Pass a lavoro: possibile la consegna al datore di lavoro con unico controllo preventivo. L'emendamento alla legge di conversione del D.L. n. 127/2021, approvato in Senato, contrasta però con le disposizioni in materia di privacy. L'Autorità Garante chiede chiarimenti.
Green Pass a lavoro: in arrivo la possibilità per il lavoratore di consegnare la propria certificazione in azienda, con un unico controllo sulla sua validità fino alla scadenza.
Lo stabilisce un emendamento al Decreto Green Pass, inserito dal Senato in sede di conversione, che punta a semplificare le procedure dei controlli e ad evitare le verifiche giornaliere previste attualmente.
L’obbligo di Green Pass a lavoro, si ricorda, è stato introdotto dal DL n. 127/2021 sia per i lavoratori pubblici che privati ed è in vigore dallo scorso 15 ottobre fino al 31 dicembre 2021, salve ulteriori proroghe.
Ad oggi i controlli sulle certificazioni verdi vengono eseguiti soltanto sui lavoratori che effettivamente si presentano a lavoro, esclusi quindi i dipendenti in smart working e gli assenti.
Tra l’altro, gli strumenti di verifica, una fra tutti l’applicazione VerificaC19, non possono conservare i dati raccolti relativi alle certificazioni e li cancellano automaticamente passato un certo lasso di tempo.
Salvo riallineamenti dell’ultima ora, con la conversione del Decreto Green Pass sarà invece possibile sia una verifica unica sulla validità della certificazione sia la conservazione delle informazioni acquisite.
Una norma del genere non adeguatamente approfondita, secondo il Garante della Privacy, determina però diversi problemi, soprattutto in ordine alla violazione del divieto di conservazione dei dati sanitari per scopi diversi da quelli medici.
L’allarme arriva con la segnalazione dell’11 novembre 2021, con la quale l’Autorità ha richiesto di eliminare le criticità contenute nell’emendamento, invitando Parlamento e Governo a precisare meglio il contenuto della norma entro il del 20 novembre, il termine per la conversione trascorso il quale il Decreto perderà efficacia.
Green Pass a lavoro: si va verso un unico controllo. Il Garante Privacy chiede chiarimenti
La raccolta una tantum dei Green Pass da parte dei datori di lavoro non solo inficia la privacy dei lavoratori, ma snatura di fatto la stessa funzione del controllo delle certificazioni.
A segnalare le criticità relative alla modifica al Decreto Green Pass n. 127/2021 apportata in Senato è l’Autorità Garante della Privacy, con la segnalazione dell’11 novembre.
L’emendamento in esame recita testualmente:
“Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde Covid-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro”.
Questa nuova previsione, se non opportunamente approfondita e raccordata a ulteriori specificazioni, secondo il Garante della Privacy, rende il trattamento dei relativi dati non del tutto proporzionato, perché non pienamente funzionale rispetto alle finalità perseguite.
I controlli sul Green Pass da parte del datore di lavoro, infatti, risultano efficaci quando sono eseguiti periodicamente.
Una verifica a priori su tutte le certificazioni, quindi, non farebbe emergere eventuali positività sopravvenute al virus e metterebbe a rischio la funzione principale dell’obbligo.
Inoltre, e questo è stato un principio più volte richiamato dal Garante, la raccolta delle copie dei Green Pass contrasta con il disposto del Regolamento (UE) 2021/953 che, al Considerando 48, vieta la conservazione di dati sanitari per scopi diversi da quelli medici.
Il Regolamento, infatti, stabilisce che:
“Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento”.
Green pass, la consegna al datore di lavoro mette a rischio la privacy del lavoratore
Il divieto di raccogliere preventivamente i Green Pass, in luogo della verifica della validità volta per volta all’ingresso nei luoghi di lavoro, mette a rischio la riservatezza dei dipendenti anche in maniera “indiretta”.
Dalla data di scadenza della certificazione verde, infatti, il datore di lavoro può facilmente desumere se il dipendente si sia sottoposto ad tampone, sia guarito dall’infezione o si sia vaccinato.
“In tal modo, dunque, una scelta quale quella sulla vaccinazione -così fortemente legata alle intime convinzioni della persona- verrebbe privata delle necessarie garanzie di riservatezza, con effetti potenzialmente pregiudizievoli in ordine all’autodeterminazione individuale (in ordine all’esigenza di evitare possibili discriminazioni in ragione della scelta vaccinale, cfr. anche risoluzione 2361 (2021) del Consiglio d’Europa).”
Queste le considerazioni del Garante della Privacy in merito al rischio di discriminazione che determina una modifica di questo tenore. Un rischio che, tra l’altro, è ancora più accentuato dal contesto lavorativo in cui l’obbligo viene applicato.
Infine, a chiusura del proprio ragionamento, il Garante precisa che a nulla rileva “il presunto consenso implicito del lavoratore” che la consegna volontariamente il proprio certificato.
Con riguardo alla a protezione dei dati personali, infatti, il consenso del dipendente non può essere considerato un presupposto di liceità, visto lo sbilanciamento riconosciuto nel rapporto tra datore di lavoro e lavoratore.
- Garante della Privacy - segnalazione dell’11 novembre 2021
- Segnalazione al Parlamento e al Governo sul Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 127 del 2021 (AS 2394), in relazione alla possibilità di consegna, da parte dei lavoratori dei settori pubblico e privato, di copia della certificazione verde, al datore di lavoro, con la conseguente esenzione, dai controlli, per tutta la durata della validità del certificato
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Green Pass a lavoro, verso un unico controllo. Il Garante Privacy chiede chiarimenti