Niente preclusione probatoria se il documento non è nella disponibilità del contribuente

Emiliano Marvulli - Dichiarazione dei redditi

Documenti non esibiti o trasmessi in seguito a un invio dell'Amministrazione finanziaria inutilizzabili in via amministrativa e processuale solo se il contribuente ha tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova: i chiarimenti della Corte di Cassazione

Niente preclusione probatoria se il documento non è nella disponibilità del contribuente

L’inutilizzabilità in via amministrativa e processuale dei documenti non esibiti o trasmessi a seguito di invito dell’Amministrazione finanziaria opera solo se il contribuente ha tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio.

Nel caso di documenti inerenti ad un conto corrente intestato a terzi di cui il contribuente ha solo una delega ad operare, non opera la preclusione in parola, in quanto si tratta di documenti che il contribuente non doveva obbligatoriamente detenere.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 18437 del 5 luglio 2024.

Documenti non esibiti all’Amministrazione finanziaria sotto la lente di ingrandimento della Corte di Cassazione

La controversia ha ad oggetto il ricorso proposto da un contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio finanziario aveva rideterminato il reddito del contribuente ai sensi dell’art. 39, 2° comma, DPR n. 600/73, rilevando incongruità fra il reddito dichiarato per l’anno 2008 e le movimentazioni bancarie, acquisite dall’analisi di due conti correnti, il primo intestato allo stesso contribuente e l’altro a suo padre, cui il soggetto accertato era titolare di una mera delega ad operare.

Sia la CTP che la CTR hanno respinto le doglianze del contribuente, il quale ha impugnato davanti alla Corte di Cassazione la sentenza di secondo grado lamentando, per quanto qui interessa, violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del D.P.R. 600 del 1973, per aver la CTR negato l’ammissibilità della produzione di documenti atti a superare la previsione dell’art. 32 citato.

La Corte di Cassazione ha deciso per la fondatezza del motivo e ha cassato con rinvio la decisione impugnata.

In tema di dati e informazioni richieste da parte dei verificatori dell’amministrazione finanziaria nel corso di accessi, ispezioni e verifiche, l’art. 32, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 dispone che:

“Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”.

A riguardo la Corte di cassazione ha già chiarito che l’omessa o intempestiva risposta dei dati richiesti dall’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento fiscale comporta l’automatica inutilizzabilità, amministrativa e processuale, della documentazione prodotta tardivamente, in quanto la comminatoria è direttamente ed oggettivamente riferita alla sussistenza di tale condotta, non essendo richiesto alcun ulteriore meccanismo di attivazione di parte.

In tal caso, quindi, è legittimo l’emissione del relativo avviso di accertamento.

La posizione della Corte di Cassazione

La Cassazione ha tuttavia precisato che la sanzione della inutilizzabilità ha carattere eccezionale e deve essere interpretata alla luce degli artt. 24 e 53 Cost., in modo da non comprimere il diritto di difesa del contribuente e da non obbligare lo stesso a pagamenti non dovuti. La disposizione prevista dal citato art. 32, avendo infatti carattere eccezionale, non può essere applicata oltre i casi ed i tempi da essa considerati.

È essenziale considerare che, per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente stesso deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio.

La norma, pertanto, trova applicazione soltanto in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte dell’Amministrazione e di un rifiuto o di un occultamento da parte del contribuente, non essendo sufficiente che quest’ultimo non abbia esibito ai verbalizzanti i documenti successivamente prodotti in sede giudiziaria, previo avvertimento delle conseguenze per la relativa inottemperanza.

Nel caso si specie la sentenza impugnata basa il rifiuto di considerare la documentazione esibita sul presupposto della sua disponibilità in capo al contribuente qual delegato.

Fermo restando che, trattandosi di documenti che il contribuente non doveva obbligatoriamente detenere, essi dovevano comunque esser richiesti all’istituto bancario da parte del titolare del conto, e dunque del “cliente” (padre del soggetto accertato), il contribuente risulta essere appunto solo delegato per la firma.

Non sussistono pertanto le condizioni per l’applicazione dell’anzidetta preclusione, e sotto questo profilo la decisione è stata cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che, ferma restando l’inapplicabilità della presunzione sui prelevamenti dal momento che sul punto, essendo il contribuente un lavoratore autonomo (perito industriale), l’art. 32 co. 1, n. 2, DPR n. 600/73, è stata dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza Corte Cost. n. 228 del 2014, provvederà altresì alla liquidazione delle spese.

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