Detrazione e rimborso IVA su spese su beni di terzi, il tema al centro dell'Ordinanza numero 14975 del 2023 che parte da un atto di recupero del credito IVA per lavori di ristrutturazione di fabbricati ed impianti esistenti su un terreno detenuto in locazione e quindi di terzi
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 14975 del 29 maggio 2023, ha ritenuto opportuno rimettere gli atti al primo Presidente per l’eventuale esame da parte delle Sezioni Unite della questione relativa alla detrazione e rimborso IVA su spese su beni di terzi.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato alla contribuente, esercente l’attività di agriturismo, un atto di recupero del credito IVA, indebitamente chiesto a rimborso con conseguente irrogazione delle sanzioni, in quanto le spese sostenute erano relative a lavori di ristrutturazione di fabbricati ed impianti esistenti su di un terreno detenuto in locazione e quindi di terzi.
Avverso il suddetto atto la contribuente aveva proposto ricorso, che era stato accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza poi confermata anche in secondo grado, laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva evidenziato che sulla questione era intervenuta la pronuncia 11 maggio 2018, n. 11533 delle Sezioni Unite della Cassazione, con la conseguenza che, in applicazione dei principi in essa affermati, doveva concludersi per la spettanza del diritto al rimborso IVA, non costituendo oggetto di contestazione il collegamento strumentale tra le opere realizzate su beni di terzi e l’attività di impresa esercitata e non assumendo rilievo la categoria catastale dell’immobile.
Detrazione e rimborso IVA su spese su beni di terzi: i fatti al centro dell’Ordinanza della Corte di Cassazione
Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo che la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto che la materia del contendere riguardasse il diritto alla detrazione dell’IVA, mentre la stessa verteva sulla sussistenza o meno del diritto al rimborso IVA, chiesto in relazione a spese aventi ad oggetto lavori di ristrutturazione di fabbricati ed impianti insistenti su di un terreno detenuto dal contribuente in locazione.
Sotto tale profilo, precisava la ricorrente, occorreva fare riferimento alla previsione di cui al Dpr. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3), lett. c), secondo cui il diritto al rimborso IVA può essere riconosciuto solo relativamente all’acquisto o importazione di beni ammortizzabili, il che presuppone, stante il riferimento normativo di cui al Dpr. n. 917 del 1986, artt. 102 e 103, che si tratti di beni strumentali all’attività di impresa di cui gli esercenti hanno il possesso o la titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
Evidenziava, quindi, l’Amministrazione finanziaria che, dovendo la questione essere ricondotta nell’ambito del diritto al rimborso IVA, il giudice di appello aveva fatto erroneamente richiamo ai principi affermati dalle Sezioni Unite con la pronuncia 11 maggio 2018, n. 11533, posto che la stessa aveva avuto riguardo alla sola questione del diritto alla detrazione IVA.
Tanto premesso, con riferimento alla questione prospettata, la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto sussistenti i presupposti per la rimessione del ricorso al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, dovendosi in particolare verificare se i presupposti applicativi del diritto alla detrazione IVA siano sostanzialmente sovrapponibili a quelli che presiedono al diritto al rimborso IVA delle spese sostenute per l’esecuzione di lavori su beni di proprietà di terzi, qualora il contribuente abbia un titolo di godimento in forza del quale ha eseguito i lavori.
Il giudice di secondo grado, come visto, aveva risolto la questione circa la spettanza del diritto al rimborso facendo applicazione dell’orientamento di cui alla sentenza Cass. Sez. Un., 11 maggio 2018, n. 11533, laddove, in particolare, il punto di riferimento erano stati i principi espressi dalla giurisprudenza unionale, che ha più volte ribadito il carattere tendenzialmente assoluto del principio di neutralità dell’imposta, conseguendo che il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche con riferimento alle opere eseguite su beni immobili di proprietà di terzi, purchè sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale, anche se quest’ultima sia solo potenziale o di prospettiva.
Tuttavia, rileva ora la Corte, il suddetto orientamento interpretativo sembra avere definito la questione unicamente sotto il profilo della sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA, non avendo però specificatamente affrontato la diversa questione circa l’applicabilità del medesimo principio anche nel caso di richiesta di rimborso dell’IVA.
Le precisazioni della Corte di Cassazione su detrazione e rimborso IVA su spese su beni di terzi
A tal proposito, la Cassazione evidenzia che il legislatore interno, nel Dpr. n. 633 del 1972, art. 30, dopo avere riconosciuto, al comma 1, il diritto alla detrazione dell’IVA, ha previsto che il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta indicando specificamente a quali condizioni il suddetto diritto può essere riconosciuto, prevedendo altresì, al comma 3, lett. c), che il rimborso può essere richiesto “limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili (...)”.
La lettura della suddetta previsione normativa, pertanto, secondo il giudice rimettente, indurrebbe a ritenere che debba in tali casi necessariamente sussistere una stretta correlazione tra le spese sostenute, in relazione alle quali è chiesto il rimborso ai fini IVA, e la possibilità di ammortizzare i beni; il che dovrebbe implicare che le spese sostenute debbano essere relative a beni di cui si sia avuto il conseguimento in forza di un titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento, che ne consenta appunto la qualificazione di bene ad uso durevole, potendo dunque, sotto tale profilo, non esservi coincidenza tra strumentalità e ammortizzabilità del bene.
La stessa Corte rileva del resto come la giurisprudenza unionale riconosce che il diritto al rimborso IVA possa avere una disciplina differenziata rispetto a quella che governa il diritto alla detrazione, ponendo l’attenzione sul fatto che, comunque, il legislatore interno non possa prevedere modalità di riconoscimento del suddetto diritto contrastanti con il principio di equivalenza e di effettività.
Sul versante della giurisprudenza interna la Corte rileva poi che sul punto esiste peraltro una non uniformità di decisioni, laddove, ad esempio, in data precedente all’intervento a Sezioni unite, si era manifestato un diverso orientamento, con la pronuncia 4 dicembre 2015, n. 24779, che aveva ritenuto che non poteva essere riconosciuto il diritto al rimborso IVA, atteso che la previsione di cui all’art. 30, comma 2, lett. c), cit., riconosce il suddetto diritto “a condizione che il soggetto passivo di imposta richieda il rimborso all’atto della presentazione della dichiarazione e che l’imposta si riferisca, tra l’altro, ad acquisti di beni ammortizzabili”.
Anche successivamente alla pronuncia a Sezioni Unite, del resto, Cass. civ., 4 novembre 2020, n. 24518, pronunciando sui presupposti per il riconoscimento del diritto al rimborso dell’IVA assolto per spese incrementative e miglioramenti su beni di terzi concessi in comodato, ha ritenuto che:
“La sussistenza delle condizioni per la detrazione dell’iva non implica, di per sè, l’automatico riconoscimento del diritto al rimborso della stessa, in quanto l’innegabile centralità sistematica del principio di neutralità non impone necessariamente un vincolo di biunivocità delle situazioni, tale per cui non si possa dare l’una in difetto dell’altro e viceversa”.
In altre pronunce, invece, si è fatta applicazione dei principi espressi in materia di riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA anche in fattispecie relative a richieste di rimborso Iva (Cass. civ., 22 settembre 2022, n. 27813; Cass. civ., 22 novembre 2021, n. 36014), ribadendosi che il diritto alla detrazione deve essere comunque riconosciuto in caso di esecuzione di lavori di ristrutturazione o manutenzione su beni immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale.
In definitiva, secondo la Corte, la sussistenza di contrasti giurisprudenziali di legittimità in ordine alla questione in esame, nonché il rilievo nomofilattico della stessa, poiché implica una valutazione in ordine alla struttura ed ai presupposti applicativi del diritto alla detrazione IVA e del diritto al rimborso IVA, induce a ritenere necessaria la rimessione degli atti al Primo Presidente al fine di valutare l’opportunità di rimetterne l’esame alle Sezioni Unite.
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