Per verificare i requisiti per l'accesso alla detrazione IVA sugli acquisto la valutazione su un ente pubblico o privato deve essere fatta sull'attività effettivamente esercitata. Non rilevano esclusivamente lo statuto e la finalità
Ai fini della misura della detrazione IVA sugli acquisti da parte di un ente pubblico o privato deve essere effettuata una valutazione sull’attività esercitata in concreto dall’ente, al di là delle sole risultanze statutarie e del perseguimento di finalità a carattere pubblicistico.
Questo il sunto dell’Ordinanza n. 37731 pubblicata il 23 dicembre 2022.
La decisione
Una fondazione ha impugnato l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate ha contestato l’indebita detrazione Iva poiché effettuata in violazione dell’art. 19-ter d.P.R. n. 633 del 1972, per difetto del presupposto soggettivo e dei requisiti di contabilità.
La CTR ha rigettato il ricorso della contribuente ritenendo che l’ente avesse natura mista (commerciale e non commerciale), da cui il disconoscimento del diritto alla detrazione Iva per l’omessa tenuta di una contabilità separata.
Da qui il ricorso per cassazione, con cui l’ente ha lamentato violazione degli artt. 4 e 19-ter d.P.R. n. 633 del 1972 per essersi limitata la CTR, ai fini dell’individuazione della natura della Fondazione, ad attribuire rilevanza alle disposizioni statutarie, privilegiando aspetti formali e trascurando quelli sostanziali, il cui concreto accertamento avrebbe fatto emergere che l’attività svolta era esclusivamente commerciale.
Inoltre l’ente ha rilevato come priva di rilievo doveva ritenersi la circostanza che i ricavi dell’attività fossero insufficienti a coprire i costi, poi pareggiati con sovvenzioni pubbliche.
I giudici di legittimità hanno considerato fondata la doglianza della Fondazione e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
La controversia gira attorno al tema della valutazione sostanziale dell’attività esercitata dall’ente, se esso consista o meno nell’esercizio esclusivo o principale di attività commerciali.
L’art. 19-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che, se l’ente svolga al contempo attività economica e non economica, il riconoscimento del diritto di detrazione dell’Iva vale per la sola attività commerciale, svolta in via non prevalente od esclusiva, ed è subordinato alla tenuta di una contabilità separata.
La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto necessario e fondante ai fini dell’applicazione dell’art. 19 ter d.P.R. n. 633 del 1972 un accertamento in concreto in ordine al carattere prevalente o meno dell’attività commerciale esercitata dal soggetto economico.
Dopo aver esaminato la questione in base alla disciplina unionale e alle decisioni della Corte di giustizia, i giudici di legittimità hanno sottolineato gli errori di diritto in cui è incorsa la CTR, che ha fondato il suo accertamento per ritenere che la Fondazione svolgesse, in prevalenza, attività non economica in base alle sole risultanze statutarie e al perseguimento di finalità a carattere pubblicistico, senza invece valutare adeguatamente l’attività esercitata in concreto dal comitato.
La Corte di cassazione ha quindi affermato che, in caso di attività svolte da enti pubblici e privati, la valutazione sulla esclusività o prevalenza dell’esercizio di attività commerciale o agricola va operata in concreto.
L’accertamento, pertanto, non deve fermarsi alle sole risultanze statutarie e formali, dovendosi valutare se e in quale misura le operazioni realizzate dall’ente:
- a) siano riconducibili alle attività economiche di cui dall’art. 4, par. 2, della direttiva n. 77/388/CEE, in particolare alle operazioni che comportino lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità;
- b) siano effettuate a titolo oneroso;
- c) comportino lo sfruttamento di un bene al fine di conseguirne introiti.
Ai fini di tale verifica non rilevano né lo scopo perseguito dall’attività, né il conseguimento di risultati, mentre è necessario, in primo luogo, che sussista un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo, ossia un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni.
Inoltre l’attività deve essere diretta al conseguimento stabile di introiti in modo da verificare se le somme percepite, ancorché di importo ridotto rispetto ai costi sostenuti, costituiscano un effettivo corrispettivo dotato di stabilità o siano assimilabili ad un mero canone, inidoneo a conferire carattere di economicità alla prestazione.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: La natura dell’ente si desume dall’attività effettivamente esercitata