Il D. Lgs. 13/2024 prevede la possibilità di versare i contributi previdenziali sulla base del reddito concordato, ma alcune pronunce della Corte di Cassazione dicono altro. L'analisi di Salvatore Cuomo
Il testo definitivo del Dlgs sul Concordato Preventivo Biennale ai suoi articoli 19 e 30 - relativi ai soggetti ISA ed ai contribuenti in regime forfettario - riporta una previsione generale sulla contribuzione previdenziale, disponendo che questa debba essere misurata sul reddito definito nell’accordo, lasciando comunque facoltà al contribuente di calcolare il contributo previdenziale sul reddito effettivamente conseguito se maggiore.
Previsione che però a modesto parere di chi scrive è incoerente con il principio di diritto sancito da alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione, afferenti la misura della contribuzione previdenziale in applicazione delle previsioni del precedente concordato preventivo biennale del lontano 2003.
Mettiamo ora da parte il fatto che sono stati necessari quasi venti anni per dirimere i casi oggetto delle pronuncia e già questo dovrebbe far riflettere anche sullo stato della Giustizia nel nostro paese, ma torniamo al punto in esame...
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Il principio di diritto si richiama alla autonomia delle casse autonome
La pronuncia della Corte Suprema di Cassazione, sezione IV, Ordinanza del 11 ottobre 2022, n. 29639 determina che:
“Ai fini della determinazione della base reddituale per il computo del contributo soggettivo dovuto da un professionista nei confronti di una delle casse di previdenza di cui al d.lgs. n. 509/1994, non è utilizzabile il reddito determinato in sede di concordato preventivo biennale di cui all’art. 33, DL n. 269/2003, potendo concernere quest’ultimo soltanto l’obbligazione tributaria ma non anche il rapporto obbligatorio contributivo tra il professionista e la propria Cassa di riferimento”
Ed ancora prosegue richiamandosi anche ad una precedente sentenza della stessa Corte riguardo ai contributi dovuti dagli ingegneri e architetti all’INARCASSA, più precisamente la n. 3916/2019:
“Che, a sostegno dell’anzidetto principio di diritto, si è osservato che, in conseguenza dell’avvenuta privatizzazione delle casse professionali e dell’imposizione a loro carico dell’equilibrio economico-finanziario quale principio fondamentale di gestione, la determinazione di un reddito imponibile concordata ab externo con l’amministrazione fiscale costituirebbe sicura violazione dell’autonomia delle casse e della normativa speciale previdenziale che demanda ad esse la potestà di sanzionare omissioni contributive e/o di condonarle mediante misure premiali”
Il confronto tra il concordato biennale del 2003 e questo del 2024
Cosa prevedeva l’articolo 33 comma 7 sopra censurato:
“Sul reddito che eccede quello minimo determinato secondo le modalità di cui al comma 4 non sono dovuti contributi previdenziali per la parte eccedente il minimale reddituale; se il contribuente intende versare comunque i contributi, gli stessi sono commisurati sulla parte eccedente il minimale reddituale.”
Cosa prevede oggi il Dlgs 13 all’articolo 19 relativo ai soggetti ISA:
“… gli eventuali maggiori o minori redditi effettivi, o maggiori o minori valori della produzione netta effettivi, nel periodo di vigenza del concordato, non rilevano ai fini della determinazione delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nonché dei contributi previdenziali obbligatori. Resta ferma la possibilità per il contribuente di versare i contributi sul reddito effettivo se di importo superiore a quello concordato…“
E cosa prevede l’articolo 30 relativo ai soggetti in regime forfettario:
“Gli eventuali maggiori o minori redditi ordinariamente determinati, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rilevano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi nonché dei contributi previdenziali obbligatori, salvo che nell’ipotesi di cui al comma 2, ferma restando la possibilità per il contribuente diversare comunque i contributi sulla parte eccedente il reddito concordato.”
Una ipotetica soluzione
Appare quindi palese la similitudine delle disposizioni tra quanto stabilito nel 2003 e quanto previsto oggi e il ripetersi di quanto già avvenuto riguardo il concordato del 2003 è sostanzialmente certo.
Se questo corto circuito giuridico normativo non verrà chiarito per tempo, magari con un confronto sul punto controverso, tra il Governo e l’AdEPP Associazione degli Enti Previdenziali Privati, quale referente di raccordo delle Casse Autonome, sarà certo un tema che tornerà ad essere oggetto di ampio contenzioso.
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Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Concordato preventivo biennale e casse previdenziali private: possibile corto circuito