Cos'è e come funziona il nuovo concordato fiscale di cui si parla molto in questi ultimi giorni
Il decreto delegato sui temi dell’accertamento prevede un capitolo dedicato all’atteso istituto del “concordato preventivo biennale”.
La finalità del provvedimento è espressamente indicata all’articolo 6 della bozza del decreto che circola tra gli addetti ai lavori:
“Al fine di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo, i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni residenti nel territorio dello Stato, possono accedere a un concordato preventivo biennale alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente Titolo”
Soggetti beneficiari del concordato preventivo biennale - Potranno accedervi i soggetti minori titolari di reddito di impresa e lavoro autonomo residenti.
In effetti non esiste una esatta codifica dei “contribuenti di minori dimensioni” ma dalla lettura del documento si evince che il riferimento è ai contribuenti soggetti agli ISA ed ai contribuenti in regime forfettario.
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Senza voler qui approfondire in dettaglio le disposizioni del decreto - che dovrà ora passare il vaglio delle Camere - evidenzio qui di seguito alcune caratteristiche comuni per entrambi i regimi contabili, laddove ci si aderisca alla proposta formulata dalla Agenzia delle Entrate:
- la continuità degli obblighi contabili e dichiarativi ordinari;
- la neutralità del concordato con riguardo ad adempimenti e versamenti IVA;
- il reddito minimo fissato in 2.000 euro comunque previsto a prescindere da eventuali altre variabili non contemplate nell’accordo con il fisco, vedasi plusvalenze e minusvalenze come redditi da partecipazione rientranti nella sfera dell’attività;
- la facoltà di versare i contributi facendo riferimento al reddito effettivo, se superiore;
- il fatto che il reddito concordato non potrà essere preso a base per beneficiare di detrazioni e deduzioni e per il calcolo dell’ISEE;
- l’intensificazione dell’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiranno al concordato preventivo biennale o ne decadranno dal beneficio.
Fin qui le principali analogie, certo dovremo attendere i decreti del MEF riguardanti la metodologia di calcolo, ma va comunque evidenziato che per i contribuenti in regime forfettario
è espressamente previsto che non potranno accedervi se non dal secondo anno successivo all’applicazione di tale regime
mentre per il contribuente soggetto agli ISA
deve comunque aver iniziato l’attività almeno due anni prima della decorrenza della proposta di concordato attesa la richiesta dimostrazione del requisito del voto ISA riferito all’anno antecedente a quello della proposta
Vi è per entrambi un esplicito riferimento temporale nella causa di esclusione relativa alla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, valida però solo in presenza dell’obbligo ad effettuare tale adempimento.
Le perplessità dell’8 in pagella
Per i soggetti in regime ordinario la norma prevede il requisito afferente gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale:
2. Possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti di cui al comma 1 che, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta: ottengono un punteggio di affidabilità fiscale pari almeno a 8 sulla base dei dati comunicati
Da rilevare che la stessa norma considera valido il conseguimento del risultato richiesto per adeguamento dei compensi e ricavi in sede di dichiarazione.
Lascia perplessi questa previsione considerando lo spirito della norma indicato nel testo stesso, il favorire l’adempimento spontaneo.
Sembra così più rivolta a chi già tendenzialmente ha una buona pagella fiscale
il quale ha verosimilmente poco o nulla da aggiungere a quanto già dichiarato, piuttosto che a favorire l’emersione dei maggiori redditi prodotti da coloro che conseguono tendenzialmente un “voto” più basso, il quale peraltro potrebbe anche derivare anche dall’algoritmo dell’ISA che non riesce a cogliere con precisione le peculiarità della attività da questi svolta
Le incertezze per i forfettari
Da sottolineare per i contribuenti forfettari che, come sopra rilevato, nulla cambia ai fini IVA pertanto il superamento della soglia di compensi e ricavi incassati nell’anno implica il passaggio al regime iva ordinario anche in caso di adesione al concordato.
Sempre riguardo questi contribuenti si evidenzia un dubbio riguardo il regime contabile e la conseguente imposizione fiscale da applicare al superamento dei limiti nel corso del primo anno del biennio di concordato.
Fermo restando come detto l’applicazione dell’IVA ordinaria ci si chiede quale regime applicare attesa la previsione di cui all’articolo 26 della bozza del decreto
“1.Nei periodi d’imposta oggetto di concordato, i contribuenti sono tenuti agli obblighi previsti per i soggetti che aderiscono al regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89 della legge 23 dicembre 2014, n. 190”
Che non esclude la previsione del comma 71 della stessa norma richiamata:
“71. Il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57. Il regime forfetario cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro”
In ottemperanza al comma 71 quale obbligo contabile e dichiarativo dovrà essere adempiuto?
E considerando quanto disposto dall’articolo 25 del decreto inerente i riferimenti reddituali ma non del regime impositivo:
“L’accettazione da parte del contribuente della proposta di cui all’articolo 9 obbliga il contribuente a dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta oggetto di concordato”
Sempre nel caso della perdita dei requisiti di accesso al regime forfettario nel corso del biennio a quale regime impositivo dovrà assoggettare il reddito concordato?
Inoltre, se la perdita dei requisiti avviene nel secondo anno del biennio su quali basi verrà formulata la proposta di rinnovo vista l’impossibilità di verificare il requisito ISA?
Vedremo se nel suo iter parlamentare si troveranno le risposte...
Il tentativo precedente di Tremonti non fa ben sperare
Il concordato preventivo biennale non è una novità assoluta per il fisco italiano.
Già nel 2003 il Governo Berlusconi II introdusse un concordato fiscale, sempre biennale, con la Legge di Bilancio (la Finanziaria all’epoca) per il 2003, poi confluita in uno dei famosi moduli di attuazione della riforma fiscale di quegli anni, mai pienamente attuata.
Fonte immagine: Archivio storico Corriere della Sera
Il concordato dell’epoca si basava sul patto in funzione del quale i contribuenti avrebbero dovuto impegnarsi ad avere un doppio aumento di ricavi nei due periodi d’imposta successivi:
- +9% nel 2003;
- +4,5% nel 2004.
Il ministro dell’economia e delle finanze Tremonti aveva presentato la misura come una svolta fiscale, in grado di garantire un gettito erariale pari a 3,58 miliardi di euro.
In due anni purtroppo però furono incassati solo 57,5 milioni di euro ed il concordato dell’epoca fu accantonato.
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Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Partite IVA, un concordato tra luci ed ombre