Buoni pasto: cosa sono e come funzionano

Francesco Oliva - Irpef

Cosa sono i buoni pasto e come funzionano? Vediamo le principali caratteristiche dei titoli di pagamento per l'acquisto di pasti o prodotti alimentari

I buoni pasto sono titoli di pagamento che possono essere utilizzati per acquistare pasti o prodotti alimentari. Hanno un valore prestabilito e possono essere utilizzati solo da titolare.

L’articolo 2, comma 1, lettera c) del DM 122/2017, un riferimento normativo fondamentale in materia, definisce il buono pasto come:

documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all’articolo 4, che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione

Quali sono dunque le caratteristiche dei buoni pasto e come funzionano?

Buoni pasto: cosa sono e come funzionano

Sempre più di frequente ormai si sente parlare di buoni pasto, ma cosa sono di preciso?

I buoni pasto rientrano tra i cosiddetti fringe benefit, cioè delle somme relative all’uso di beni e servizi che si aggiungono allo stipendio netto di lavoratori e lavoratrici dipendenti.

Si tratta di una retribuzione in natura, riconosciuta dal datore di lavoro, che può anche prendere forma di beni e servizi aggiuntivi rispetto al salario come appunto i buoni pasto, che consistono in titoli di pagamento che possono essere utilizzati per acquistare pasti o prodotti alimentari.

I buoni pasto costituiscono, dunque, uno strumento di integrazione al reddito che i dipendenti possono utilizzare durante la pausa nell’orario di lavoro oppure al di fuori dello stesso, ad esempio per fare la spesa al supermercato. Per i datori di lavoro l’incidenza dei costi è limitata in quanto le spese sostenute per l’acquisto dei buoni pasto da attribuire ai dipendenti sono deducibili.

I buoni pasto sono nominativi, hanno un valore prestabilito e devono essere utilizzati esclusivamente dal titolare.

Le tipologie di buono pasto

Esistono diverse tipologie di buoni pasto:

  • cartacei: voucher cartacei che vengono dati fisicamente al dipendente. Si utilizzano consegnandoli datati e firmati direttamente in cassa per nei vari esercizi convenzionati;
  • elettronici: si possono utilizzare sia tramite una tessera elettronica sia da smartphone attraverso un’app. Non richiedono alcuna firma da parte del titolare perché le informazioni necessarie sono tutte digitalizzate grazie ad un numero ed un codice identificativo;
  • digitali: utilizzabili esclusivamente da smartphone tramite app.

Nello specifico, come previsto dal decreto interministeriale MISE n. 122/2017, i buoni pasto in forma cartacea devono riportare:

  • il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;
  • la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;
  • il valore facciale espresso in valuta corrente;
  • il termine temporale di utilizzo;
  • uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;
  • la dicitura “Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare”.

Nei buoni pasto elettronici, invece, tutte queste condizioni sono associate elettronicamente.

Appare chiaro quindi che l’utilizzo dei buoni pasto elettronici sia più semplice e immediato, grazie alla flessibilità tramite utilizzo su più device. Una soluzione anche più sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che economico, oltre che più sicura, vista la possibilità di bloccare immediatamente la carta in caso di furto o smarrimento.

Anche l’intervento della Legge di Bilancio 2020 che modifica il valore dei buoni va in questa direzione. Come detto, infatti, i buoni pasto hanno un valore prestabilito che dal 2020 è fissato a:

  • 8 euro per quelli elettronici/digitali;
  • 4 euro per quelli cartacei.

    Un intervento che ha privilegiato l’utilizzo dei buoni pasto elettronici per favorire una maggiore tracciabilità del sistema di welfare aziendale.

Come funzionano i buoni pasto

Le imprese, di qualsiasi dimensione, i liberi professionisti e gli enti pubblici ordinano e acquistano i buoni dalle società che li emettono per poi consegnarli ai propri dipendenti.

Una volta che i dipendenti hanno ricevuto i buoni pasto, in una qualsiasi delle forme elencate, potranno utilizzarli in tutti gli esercizi commerciali convenzionati per un importo pari al valore facciale del buono stesso.

I buoni possono essere utilizzati esclusivamente dai lavoratori subordinati, a tempo pieno o parziale, anche se l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, così come dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato.

I dipendenti pertanto possono usare i buoni per fruire di un pasto pronto, quindi, spendendoli presso bar, ristoranti, gastronomie ecc. Altrimenti possono utilizzarli per acquistare prodotti alimentari, spendendo quindi i buoni per fare la spesa presso venditori al dettaglio, come supermercati e mercati.

Come previsto dal citato decreto, inoltre, i buoni sono utilizzabili solo dal titolare e:

  • non non sono cedibili;
  • non sono cumulabili oltre il limite di otto buoni;
  • non sono commercializzabili;
  • non si possono convertire in denaro.

Si possono utilizzare inoltre esclusivamente per l’intero valore. Ad esempio se si dispone di un buono da 8 euro non lo si potrà utilizzare per pagare un pasto da 6,50 euro ma solo da 8 euro in su.

Stessa cosa per quando se ne utilizza più di uno: una spesa di 27 euro al supermercato potrà essere coperta con 3 buoni pasto da 8 euro, i restanti 3 euro andranno pagati normalmente.

Dove si possono usare e spendere i buoni pasto?

I buoni pasto o, come dice la norma, il servizio sostitutivo di mensa può essere erogato dai soggetti legittimati ad esercitare:

  • la somministrazione di alimenti e bevande ai sensi della legge n. 287/1991;
  • l’attività di mensa aziendale ed interaziendale;
  • la vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare ai sensi del decreto legislativo n. 114/1998;
  • la vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari previa iscrizione all’Albo di cui all’articolo 5, primo comma, della legge n. 443/1995;
  • la vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai propri fondi effettuata, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 8-bis, del decreto legislativo n. 228/2001, dagli imprenditori agricoli, dai coltivatori diretti e dalle società semplici esercenti l’attività agricola, iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti del codice civile;
  • nell’ambito dell’attività di agriturismo di cui alla legge 20 febbraio 2006, n. 96, la somministrazione di pasti e bevande, costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, presso la propria azienda;
  • nell’ambito dell’attività di ittiturismo, la somministrazione di pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall’attività di pesca, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, della legge n. 96/2006, da parte di imprenditori ittici;
  • la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, anche trasformati, nei locali adiacenti a quelli di produzione nel caso di soggetti esercenti l’attività di produzione industriale.

    Ai fini delle attività di cui al comma 1, resta ferma la necessità del rispetto dei requisiti igienico sanitari prescritti dalla normativa vigente.

Buoni pasto anche in remote o smart working?

I buoni pasto devono o possono essere erogati anche ai lavoratori in remote o smart working?

La risposta corretta qui è: dipende dagli accordi aziendali complessivi. Proviamo a spiegare in modo completo.

Nell’ordinamento giuridico italiano i buoni pasto sono indirettamente disciplinati dalla normativa sull’appalto.

L’articolo 144 comma 3 del D.Lgs. numero 50/2016 definisce l’emissione dei buoni pasto come

“attività finalizzata a rendere per il tramite di esercizi convenzionati il servizio sostitutivo di mensa aziendale”

L’emissione avviene secondo le modalità previste dal decreto del Ministero dello Sviluppo Economico numero 122/2017 che non contempla alcun obbligo di emissione in capo ai datori di lavoro.

Un obbligo che non è rintracciabile neanche all’interno nel cosiddetto Job Act del Lavoro Autonomo (Legge numero 81/2017) che agli articoli 18 e seguenti definisce lo smart working, demandandone però la disciplina alla libera iniziativa sindacale e alle regolazioni aziendali.

Una regola generale che coerentemente si applica, appunto, anche ai buoni pasto.

In assenza di una regolazione collettiva, è quindi il datore di lavoro che decide unilateralmente sulla concessione o meno di questi benefici accessori, o in occasione della stipula del contratto di lavoro con il dipendente o mediante una semplice prassi condivisa.

In più occasioni la giurisprudenza è intervenuta sulla natura dei buoni pasto e sul loro inserimento o meno all’interno della normale retribuzione, arrivando ad una conclusione di cui l’ordinanza della Corte di Cassazione numero 16135/2020 risulta un valido sunto.

L’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla pronuncia, infatti, associa queste prestazioni a delle agevolazioni di carattere assistenziale collegate occasionalmente al rapporto di lavoro e, in ragione di questa occasionalità, tenute al di fuori del trattamento retributivo in senso stretto.

Trattandosi quindi di un elemento che prescinde dal trattamento retributivo vero e proprio, la Cassazione ha ammesso chiaramente che il riconoscimento di questo beneficio possa essere previsto e regolato dal solo datore di lavoro sempreché, come anticipato, non sia previsto nulla a livello di contrattazione collettiva.

In estrema sintesi, se il contratto collettivo prevede che al dipendente che lavora in sede vengano distribuiti i buoni pasto a determinate condizioni (solitamente orario di lavoro scadenzato e pasto al di fuori di detto orario), qualora quelle determinate condizioni si ripresentino in caso di remote o smart working il beneficio deve essere ugualmente concesso a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori dipendenti.

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