Accertamento tributario, la ricostruzione della base imponibile tramite gli accertamenti bancari non è subordinata al contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente. Lo chiarisce l’Ordinanza numero 22451del 15 luglio 2022 della Corte di Cassazione. Fornire i dati è una mera facoltà e non un obbligo.
In tema di accertamento delle imposte, la ricostruzione della base imponibile mediante le risultanze degli accertamenti bancari non è subordinata al contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’Ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo.
Di conseguenza, dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti. Questo il principio desumibile dall’Ordinanza n. 22451 depositata il 15 luglio 2022.
La sentenza - L’Agenzia delle entrate ha ricorso per la cassazione della sentenza con cui la CTR aveva accolto l’appello di un contribuente, a cui era stato notificato un avviso di accertamento basato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie che l’Ufficio aveva rideterminato il suo reddito da lavoro autonomo.
Il ricorso originariamente proposto era stato accolto dalla CTP per la violazione dell’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale e la sentenza era stata confermata dalla CTR che aveva avallato la carenza di istruttoria e motivazionale da parte dell’organo accertatore dell’Agenzia delle entrate.
La ricorrente Agenzia delle entrate ha lamentato violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nello Statuto del contribuente, per avere la CTR erroneamente ritenuto violate le norme sul contraddittorio, benché fosse stato rispettato il termine dilatorio di cui all’art. 12 della l. n. 212 del 2000 e l’Ufficio non avesse l’obbligo di invitare il contribuente a fornire eventuali documenti mancanti, non essendo nella specie applicabile l’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondati i motivi di doglianza della parte pubblica e, accogliendo il ricorso, hanno cassato con rinvio la sentenza della CTR.
Per quanto attiene all’aspetto della presunta violazione dell’obbligo di contraddittorio preventivo, la Corte di cassazione ha rilevato che, in tema di accertamento delle imposte, la ricostruzione della base imponibile mediante le risultanze degli accertamenti bancari ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è subordinata al contraddittorio con il contribuente, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’Ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo.
Di conseguenza, dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti.
Contrariamente a quanto affermato dalla CTR, quindi, l’Amministrazione finanziaria non aveva alcun obbligo di sollecitare ulteriormente il contribuente ad integrare la documentazione giustificativa dei movimenti bancari, che aveva ritenuto insufficiente.
Il collegio di legittimità ha chiarito anche gli aspetti relativi alla distribuzione dell’onere probatorio qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari.
In tale ipotesi l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.
Questi deve dimostrare, sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale.
Trattandosi nel caso di specie di controllo effettuato nei confronti di un lavoratore autonomo, resta fermo il principio per cui la presunzione legale relativa in argomento è applicabile ai soli versamenti rilevati sul conto corrente.
Infatti, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, anche non titolari di redditi di impresa o di lavoro autonomo, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.
In contribuente dal canto suo può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici e il giudice di merito deve “individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Nessun obbligo di contraddittorio preventivo in caso di indagini finanziarie