La Cassazione conferma, con l'Ordinanza n. 17796 del 2024, che per rettificare la plusvalenza generata dalla cessione di un immobile devono ricorrere gravi indizi di evasione
Con l’Ordinanza n. 17796 del 2024, la Corte di Cassazione conferma la lunga scia di sentenze con cui ha affermato che la plusvalenza generata dalla cessione di un immobile non può essere rettificata dall’Ufficio in via automatica solo sulla base del valore rilevante ai fini dell’imposta di registro.
A tal fine devono almeno ricorrere degli indici fattuali gravi, precisi e concordanti per accertare che il contribuente abbia effettivamente realizzato dalla cessione di un terreno una plusvalenza diversa e maggiore di quella conseguita con l’incasso del prezzo pattuito in contratto.
Plusvalenza immobiliare: l’accertamento richiede gravi indizi di evasione
Con avviso di accertamento l’Agenzia delle entrate aveva ripreso a tassazione ai fini IRPEF in capo al cedente la maggior plusvalenza generata da un maggior valore accertato, ai fini dell’imposta di registro, per la cessione onerosa di un terreno edificabile.
A seguito del ricorso proposto dal contribuente la CTR, in riforma della sentenza di primo grado favorevole al soggetto accertato, ha ritenuto legittimo l’atto impositivo.
La decisione della CTR è stata impugnata dal contribuente perché la corte di merito avrebbe determinato il maggiore reddito imponibile ai fini Irpef solo sulla base del valore accertato ai fini dell’imposta di registro, senza esaminare le eccezioni e le difese che sul punto la parte aveva proposto.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
La sentenza impugnata ha automaticamente determinato la plusvalenza conseguita in seguito alla cessione del terreno nella stessa misura del valore attribuito al terreno stesso ai fini dell’imposta di registro.
Così facendo la Corte d’appello si è posta contro il consolidato indirizzo del collegio di legittimità, secondo cui la plusvalenza ricavata dalla cessione di un terreno costituisce un reddito da tassare ai fini Irpef e che, come tale, deve essere effettivamente conseguito dal contribuente.
La sua base imponibile, pertanto, è affatto diversa da quella dell’imposta di registro, con la conseguenza che il valore di un terreno ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente attribuito alla plusvalenza da tassare ai fini Irpef.
Ai fini di un’eventuale contestazione di evasione delle imposte dirette, pertanto, devono almeno ricorrere degli indici fattuali gravi, precisi e concordanti per affermare che il contribuente abbia effettivamente realizzato dalla cessione di un terreno una plusvalenza diversa e maggiore di quella conseguita con l’incasso del prezzo pattuito in contratto.
La C.T.R. si è discostata dal ricordato principio, avendo determinato la plusvalenza tassabile ai fini Irpef, con inaccettabile automatismo, nello stesso valore del terreno stimato ai fini dell’imposta di registro sul contratto di compravendita, senza peraltro minimamente motivare sulle eccezioni e difese spiegate dal contribuente per contestare la pretesa dell’erario.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Accertamento della plusvalenza immobiliare solo in caso di gravi indizi di evasione