Regime PEX solo in caso di iscrizione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie. Non opera l'esenzione sulle plusvalenze in caso di indicazione, anche solo per mero errore, nello stato patrimoniale del bilancio tra l'attivo circolante. La sentenza della Cassazione n. 29422/2024
In materia di plusvalenze esenti, per i soggetti che, nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso della partecipazione, abbiano iscritto la medesima partecipazione nello stato patrimoniale tra l’attivo circolante, non opera il regime PEX.
Il requisito, concorrente ed indispensabile, della classificazione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie, richiesto dall’art. 87, co.1, lett. b, TUIR non può essere ricavato, al fine di godere del regime PEX, da fonti diverse dallo stesso bilancio, quali ad esempio annotazioni inserite nei conti d’ordine o menzionate nella nota integrativa.
Queste le conclusioni contenute nella Sentenza della Corte di cassazione n. 29442 del 14 novembre 2024.
Niente PEX se la partecipazione è stata iscritta, anche solo per mero errore, nell’attivo circolante
La vicenda vede protagonista una società a cui erano stati notificati due avvisi di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate ha proceduto al recupero delle maggiori imposte dirette derivanti dal disconoscimento dell’esenzione ex art. 87 del TUIR, relativa alla plusvalenza conseguente alla cessione di partecipazioni.
A parere dell’Ufficio il regime PEX non era applicabile in difetto del requisito dell’iscrizione, nel primo bilancio della contribuente chiuso durante il periodo di possesso delle partecipazioni cedute, nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie, risultando piuttosto in tale scrittura contabile i relativi titoli iscritti nell’attivo circolante.
Il ricorso presentato dalla società era stato respinto sia in primo che in secondo grado e avverso la sentenza d’appello la contribuente proponeva ricorso in Cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 87 del TUIR, in quanto la prima iscrizione della partecipazione ceduta nell’attivo circolante era frutto di un mero errore materiale, generato dal sistema gestionale di contabilità adottato dalla società.
Tuttavia, secondo la contribuente, nella nota integrativa a quello stesso bilancio, la partecipazione in questione era stata descritta come un “investimento duraturo e strategico”, essendo perciò comunque palese la volontà della ricorrente di includerla fra le “Immobilizzazioni finanziarie”, come risulterebbe anche dalla documentazione (libro giornale, libro inventari, bilancio consolidato, ecc.) da cui emergeva con evidenza che, all’atto del conferimento, la partecipazione era stata contabilizzata tra le poste delle “immobilizzazioni finanziarie” e che era destinata non ad un rapido smobilizzo, ma a restare in modo duraturo nel patrimonio della Società.
Pertanto, valutando la fattispecie secondo buona fede e privilegiando la sostanza sulla forma, emergerebbe che “la partecipazione in esame era stata sempre considerata e gestita come una "immobilizzazione finanziaria” e che quindi sulla plusvalenza spettava il regime PEX.
PEX solo in caso di iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie
La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di doglianza secondo la seguente motivazione.
In tema di regime cd. PEX (participation exemption), l’esenzione della plusvalenza da realizzo di partecipazioni societarie, prevista dall’art. 87 del DPR n. 917 del 1986 - che, tra i requisiti dell’esenzione, annovera, al comma 1, lett. b, quello oggettivo della classificazione della partecipazione nelle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso - non spetta al contribuente, che abbia invece iscritto, nel periodo rilevante, la partecipazione nella categoria dell’attivo circolante (così Cass. 3.2.2023, n. 3463).
La necessaria concorrenza di tale requisito è stata peraltro affermata anche dalla prassi erariale, avendo la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 36/E del 4 agosto 2004 ricordato (al § 2.3.2.) la relazione governativa al decreto legislativo di riforma dell’imposizione sul reddito delle società, secondo cui:
“l’iscrizione della partecipazione nel primo bilancio chiuso nel periodo di possesso tra il circolante dell’attivo patrimoniale preclude qualunque possibilità di applicazione delle disposizioni presenti nell’articolo di cui trattasi [art. 87, TUIR] anche qualora la partecipazione venga successivamente iscritta in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie”.
Chiarito il principio, la Corte si è espressa sulla natura e rilevanza dell’assunto errore nella redazione del bilancio chiedendosi se, in difetto del requisito della relativa iscrizione a bilancio (ed anzi in presenza di un’iscrizione dei titoli nell’attivo circolante), il requisito dell’inclusione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie possa manifestarsi comunque.
Errore in bilancio, rettifica non sempre idonea
La corte di legittimità osserva che il ricorso è assolutamente generico ed assertivo riguardo a tale errore, che sarebbe stato generato dal sistema informatico, avrebbe natura casuale e sarebbe sfuggito al controllo della contribuente sino alla verifica fiscale.
La società, infatti, non ne spiega specificamente genesi, contenuto, scoperta successiva, ipotetica menzione (in quanto tale) nella nota integrativa dello stesso anno o in altro documento contabile (anche successivo, ma precedente all’accertamento qui controverso), attraverso il quale la contribuente abbia dato atto che l’iscrizione a bilancio della partecipazione, nell’attivo circolante, sia dipesa effettivamente da un mero errore materiale.
Si tratta, evidentemente, di dati specifici essenziali, soprattutto al fine di distinguere l’ipotetico errore nella compilazione del bilancio da quella risultanza che, invece, costituisca una “stima” contabile, ovvero un’iscrizione fondata su una determinata valutazione della natura della relativa posta, che in ipotesi non appaia ex post conveniente sotto il profilo economico o fiscale.
Nel caso di specie, difetta innanzitutto una specifica e adeguata allegazione della natura del preteso errore, in difetto del quale la contabilizzazione della partecipazione nell’attivo circolante è riconducibile ad una scelta discrezionale dell’imprenditore e neppure giustifica l’eventuale attivazione delle procedure di correzione di cui all’OIC 29.
E, comunque, ove pure dovesse supporsi l’ipotetico errore a monte, difetta altrettanto l’allegazione puntuale del pronto utilizzo di tali procedure contabili correttive, prima della sua rilevazione nel corso della verifica fiscale che ha originato l’accertamento impugnato, risultando pacificamente che la rettifica spontanea è stata deliberata dalla società solo in concomitanza con la notifica alla stessa del relativo p.v.c.
La Corte precisa, inoltre, come debba evitarsi ogni possibile confusione tra la correzione dell’assunto errore del bilancio del primo bilancio 2002 (pacificamente avvenuta solo nel 2009) e la mancata ripetizione del medesimo errore nei bilanci successivi a quello del 2002, nei quali la ricorrente deduce di aver inserito la partecipazione in questione tra le immobilizzazioni finanziarie.
Tale ultima circostanza, infatti, non equivale alla correzione del bilancio originario del 2002 e comunque, di per sé, non è idonea e sufficiente ad integrare la condizione oggettiva richiesta dall’art. 87, comma 1, lett. b, del DPR n. 917 del 1986, ovvero la classificazione della partecipazione nelle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso.
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