Nel 2023 solo il 23 per cento delle quote previste dal decreto flussi si è trasformata in permesso di soggiorno o contratto di lavoro, nonostante le domande siano state 6 volte superiori al totale. I dati nell'analisi della campagna Ero straniero
Le domande relative al decreto flussi per l’ingresso in Italia di lavoratori e lavoratrici straniere superano ogni anno il totale delle quote a disposizione.
Nel 2023 però solo il 23 per cento di queste si è effettivamente trasformato in un contratto di lavoro o permesso di soggiorno.
Questo uno dei principali dati emersi dall’analisi condotta dalla campagna Ero straniero è presentata in Senato il 30 maggio.
I dati mostrano che solo una piccola parte di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo lavoro e documenti.
Decreto flussi: nel 2023 solo il 23 per cento delle quote si è trasformato in un contratto
Ogni anno nell’ambito del decreto flussi viene presentato un numero di domande di nulla osta al lavoro di gran lunga superiore al limite delle quote di ingresso previste.
Non tutte, però, si trasformano effettivamente in permessi di soggiorno o contratti di lavoro. Per il 2023, a fronte di 462.422 istanze inviate, solo il 23 per cento delle quote totali previste per l’ingresso in Italia di lavoratori e lavoratrici per motivi di lavoro (82.705) si è effettivamente trasformato.
A fornire il quadro della situazione è il rapporto “I veri numeri del decreto flussi: un sistema che continua a creare irregolarità”, presentato ieri, 30 maggio, in Senato e realizzato dalla campagna Ero straniero.
Come si legge nel comunicato stampa, l’analisi è stata condotta sui dati – ottenuti tramite accesso civico ai Ministeri dell’Interno, degli Affari Esteri e del Lavoro – sugli esiti dei decreti flussi relativi agli anni 2022 (decreto flussi del dicembre 2021) e 2023 (decreto flussi del dicembre 2022).
Il report mostra un sistema che a detta dei promotori della campagna è rigido e farraginoso e che:
“non solo continua a essere insufficiente rispetto alle richieste del mondo produttivo, ma conserva storture e criticità profonde che finiscono per creare irregolarità e precarietà.”
Nel 2023, come anticipato, con i 3 click day previsti dal decreto, è stato presentato un numero di domande 6 volte superiore a quello delle quote di ingressi stabilite: 462.422 istanze inviate a fronte di 82.705 posti disponibili. Nel 2022, invece, le domande invece sono state 209.839, più del triplo delle quote messe a disposizione (69.700).
Fin qui tutto regolare, anche se l’elevata richiesta da parte del mondo produttivo fa pensare che le quote messe a disposizione con ogni decreto siano insufficienti.
È nei dati relativi al rilascio del nulla osta all’ingresso che si evince che migliaia di quote non vengono utilizzate. Come si legge nel rapporto, ad esempio, nel 2022 i nulla osta rilasciati sono stati 55.084 a fronte di 69.700 quote disponibili (il 79,03 per cento).
La procedura rallenta anche per quanto riguarda il rilascio dei visti per l’ingresso da parte delle rappresentanze italiane nei paesi di origine. Al 31 gennaio 2024, evidenzia il rapporto, rispetto ai 74.105 ingressi previsti per il 2023, risultavano 57.967 visti rilasciati e 10.718 visti rifiutati.
“Sappiamo, inoltre, che delle 57.967 persone che hanno ottenuto il visto, a quella stessa data, 38.926 (e cioè il 67,15%) risultavano ancora nello step “attesa convocazione”: il meccanismo qui, chiaramente, si inceppa.”
Solo pochi lavoratori che entrano con il decreto flussi ottengono lavoro e documenti
I veri elementi di criticità, viene sottolineato nell’analisi, si riscontrano nell’ultimo passaggio della procedura, quello della finalizzazione, con l’assunzione e il rilascio dei documenti.
Nel confronto tra le quote determinate nei click day di marzo 2023 e i contratti di soggiorno effettivamente sottoscritti emerge come a fronte di 74.105 posti disponibili (su 82.705 quote complessive, che includono le conversioni), le domande finalizzate con la sottoscrizione del contratto e la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro siano state solo 17.435, cioè il 23,5 per cento.
Anche per il decreto flussi 2022 il trend è lo stesso: qui il tasso è del 35,2 per cento ma rispetto a un numero di quote inferiore: su 42.000 posti per lavoro stagionale sono stati sottoscritti 15.215 contratti (poco sopra il 36 per cento), mentre a fronte di 20.000 ingressi per lavoro non stagionale il tasso di successo è stato del 33,4 per cento (6.688 contratti sottoscritti).
Come evidenziato dai dati, dunque, solo una piccola parte di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo lavoro e documenti.
Ero straniero sottolinea che uno strumento per evitare che un numero consistente di persone diventi irregolare è già previsto dalla legge, si tratta del permesso di soggiorno per attesa occupazione, concesso al lavoratore in caso di indisponibilità all’assunzione da parte del datore di lavoro.
Anche in questo caso, però, dai dati emerge che rispetto agli ingressi stabiliti per il 2022 sono stati rilasciati solo 146 permessi per attesa occupazione e per il 2023, ne risultano 84 (fino a gennaio 2024).
“Sono interventi del tutto insufficienti rispetto alle decine di migliaia di persone che avrebbero necessità di poter rimanere legalmente in Italia e cercare un nuovo lavoro. Perché tanta rigidità nel ricorso a uno strumento che ridurrebbe significativamente irregolarità, precarietà e lavoro nero?”
Ad ogni modo, il report mette in evidenza anche alcuni aspetti positivi e relativi a novità introdotte negli ultimi anni: il coinvolgimento delle associazioni datoriali nella procedura, che semplifica il processo, e l’elevata domanda di lavoratori che hanno partecipato a programmi di formazione nel paese d’origine.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Decreto flussi: nel 2023 solo il 23 per cento delle quote si è trasformato in un contratto