Desta preoccupazione la compilazione e l'attuale tempistica stabilita per l'autodichiarazione sugli aiuti di Stato, ma in effetti una soluzione che coniughi l'esigenza sia della PA che del contribuente ci sarebbe.
Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate emanato il 27 aprile scorso definisce, come previsto dal decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze datato 11 dicembre 2021, modalità, termini di presentazione e contenuto dell’autodichiarazione per gli aiuti della Sezione 3.1 e della Sezione 3.12 della Comunicazione della Commissione Europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final, afferente il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza da Covid-19”, aggiornata con la Comunicazione C(2021) 564 del 28 gennaio 2021.
Lo stesso documento contiene modalità e termini di restituzione volontaria degli aiuti di Stato fruiti in eccesso rispetto ai massimali previsti, come stabilito dal decreto del MEF sopra citato.
È balzato subito all’occhio degli addetti ai lavori il nonsenso dell’adempimento così come concepito, attesa la ridondanza dei dati richiesti, sostanzialmente già in possesso delle amministrazione pubbliche tranne alcuni quale, esemplificandone uno dei più diffusi, l’effettiva misura del credito di imposta sui canoni di locazione.
In tal caso, pur avendo l’Agenzia già i dati riferiti ai contratti di locazione registrati, non ha in effetti la disponibilità automatica del dato relativo all’avvenuto pagamento da cui dipende l’effettiva maturazione.
In effetti un primo appunto è circa il corretto ambito nel quale collocare l’adempimento.
È una norma Tributaria? No
Aiuti di Stato, perché non una precompilata?
È vero che il provvedimento è emanato dall’Agenzia delle Entrate in applicazione di un decreto del MEF e contempla adempimenti a carico dei “contribuenti”, ma è altresì vero che si tratta di adempimenti che non hanno carattere tributario.
Si tratta invece di adempimenti relativi a sussidi riconosciuti alle imprese operanti nell’Unione Europea, regolati da un trattato UE che delimita le competenze dei singoli stati circa la concessione appunto di aiuti e sussidi, al fine di evitare che questi alterino il regime di concorrenza tra soggetti operanti nel mercato economico comunitario, tra l’altro necessari alla alimentazione di una banca dati gestita dal MISE.
Da questo deriva l’obiettiva difficoltà nel potersi richiamare ai dettami dello Statuto del Contribuente che all’articolo 1 - “Principi generali” riporta:
“1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.”
Un adempimento della PA traslato sul contribuente
Altra osservazione riguarda il testo della Legge 24/12/2012 n. 234 contenente le “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea”, che al suo articolo 52 dispone che ai fini dell’aggiornamento della banca dati degli aiuti di Stato:
“… i soggetti pubblici o privati che concedono ovvero gestiscono i predetti aiuti trasmettono le relative informazioni alla banca di dati istituita presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell’articolo 14, comma 2, della legge 5 marzo 2001, n. 57, che assume la denominazione di Registro nazionale degli aiuti di Stato.”
E che sempre lo stesso articolo dispone:
“I provvedimenti di concessione e di erogazione di detti aiuti indicano espressamente l’avvenuto inserimento delle informazioni nel Registro e l’avvenuta interrogazione dello stesso ”
È vero che, come ha sottolineato il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini, non tutti i dati necessari sono di immediata disponibilità. Citando un esempio presentato durante il suo intervento del 5 maggio scorso in audizione presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria:
“la “Dimensione” dell’impresa va assunta secondo la definizione contenuta in una raccomandazione della Commissione Europea e la “Forma giuridica” dell’impresa va individuata in base ad un’apposita codifica che non corrisponde a quella prevista dalla normativa nazionale.”
Perché non una autodichiarazione precompilata?
Nella stessa audizione è stato sottolineato il successo delle dichiarazione precompilata:
“La dichiarazione precompilata mostra un trend in termini quantitativi e qualitativi indiscutibilmente positivo: è stato registrato un incremento costante negli anni delle dichiarazioni trasmesse direttamente dal cittadino senza l’intervento di intermediari (da 1,4 milioni del 2015 a 3,8 milioni del 2020, pari a oltre il 17 per cento del totale dei 730 ricevuti).”
Non voglio qui ribadire la mia diversa lettura degli stessi dati, e questo senza tener conto di quanti di questi modelli precompilati sono stati effettivamente verificati ed inviati del contribuente stesso e quanti supervisionati da CAF e Consulenti.
Non può considerarsi del tutto positivo il risultato del quasi 17 per cento dei potenziali fruitori dopo 6 anni dalla sua introduzione, considerando anche le conseguenze in termini di tempo “rubato” a professionisti ed imprese per alimentare la banca dati della PA necessaria per la predisposizione dei modelli dichiarativi, che poteva ben diversamente essere investito in consulenza ed attività produttiva.
Aggiungiamo a questo che i tempi tecnici per la formazione e l’elaborazione dei predetti dati è di fatto la causa dell’allungamento dei tempi di presentazione delle stesse dichiarazioni fiscali.
Dalle scadenze in primavera dell’era “cartacea”, con l’avvento di Entratel e di sempre più invasivi adempimenti telematici in assenza di semplificazione normativa, i termini per il 730 e per i modelli redditi sono stati spostati all’autunno.
Tornando all’autodichiarazione sugli aiuti di Stato, tralasciando la critica e valutando che la PA ha la maggior parte dei dati necessari per espletare in autonomia l’adempimento, tranne che per alcuni dati formali come l’esempio sopra indicato citato dal Direttore Ruffini, come pure quelli relativi ai crediti di imposta fruiti per i quali non era prevista una preventiva istanza e/o autorizzazione, chiedo, se proprio si ritiene necessario che il contribuente elenchi tutti gli elementi, perché non sfruttare questi mesi per mettere a disposizione entro settembre prossimo un modello predisposto dalla stessa Agenzia delle Entrate integrabile dei soli dati mancanti, alla stregua dei modelli precompilati dei redditi?
Sarebbe un modo per rispettare il dettato della norma, che non prevede la traslazione in toto dell’adempimento in capo al contribuente, solleciterebbe in termini positivi quest’ultimo nello svolgere un compito collaborativo di pubblica utilità e dimostrerebbe inoltre la effettiva efficienza della Macchina dello Stato e l’efficacia del lavoro svolto dalla stessa Pubblica Amministrazione.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Aiuti di Stato, perché non una precompilata?