Acconto IRPEF: per il calcolo torna la quarta aliquota

Alessio Mauro - Irpef

Quest'anno le aliquote IRPEF sono ridotte a tre, ma l'acconto da pagare dovrà essere calcolato in base al vecchio sistema. A lanciare l'allarme è la CGIL: “si penalizzano dipendenti e pensionati”

Acconto IRPEF: per il calcolo torna la quarta aliquota

Il taglio dell’IRPEF potrebbe non portare subito ai risultati portati, almeno per dipendenti e pensionati.

L’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche infatti dovrà essere calcolato in base al vecchio sistema a 4 aliquote.

In molti casi sarà calcolato un debito che andrà a diminuire l’eventuale credito oppure ad aumentare quanto si deve al fisco. Somme che saranno poi restituite dall’anno prossimo, con la dichiarazione 2026.

Acconto IRPEF: per il calcolo torna la quarta aliquota

La Legge di Bilancio ha confermato e reso strutturale le percentuali di tassazione e i relativi livelli reddituali.

L’IRPEF 2025 dunque viene calcolata sulla base di tre aliquote applicate ad altrettanti scaglioni di reddito ed è così strutturata:

  • aliquota del 23 per cento per i redditi fino a 28.000 euro (primo scaglione IRPEF);
  • aliquota del 35 per cento per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro (secondo scaglione IRPEF);
  • aliquota del 43 per cento per i redditi che superano 50.000 euro (terzo scaglione IRPEF).

Fin qui nessun problema. Come ricordato da Cgil e Caaf Cgil, però, per il calcolo dell’acconto da pagare nei prossimi mesi sarà necessario tornare al vecchio sistema a quattro aliquote: “aliquote non più in vigore e nettamente superiori alle attuali”.

Questo perché il decreto legislativo n. 216/2023, all’articolo 1, comma 4, stabilisce che per calcolare gli acconti IRPEF per i periodi d’imposta 2024 e 2025 si assume quale imposta del periodo precedente quella determinata secondo il vecchio sistema.

“4. Nella determinazione degli acconti dovuti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali per i periodi d’imposta 2024 e 2025 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dei commi 1 e 2.”

Vecchio regime che ricordiamo prevedeva un sistema a quattro aliquote:

  • 23 per cento fino a 15.000 euro;
  • 25 per cento tra 15.001 euro e 28.000 euro;
  • 35 per cento tra 28.001 euro e 50.000 euro;
  • 43 per cento oltre 50.001 euro.

Per calcolare l’acconto di IRPEF e addizionali, continua il sindacato, i lavoratori dipendenti, gli autonomi non in flat tax e i pensionati che devono fare la prossima dichiarazione dei redditi e anche quella del 2026 torneranno alle quattro aliquote del 2023: “un’ennesima vessazione per lavoratori dipendenti”.

Cosa comporta l’applicazione delle vecchia aliquote?

Così facendo, dunque, in molti casi sarà calcolato un debito che andrà a diminuire l’eventuale credito oppure ad aumentare quanto si deve al fisco. Somme che saranno poi restituite dall’anno prossimo, con la dichiarazione 2026.

L’esempio fornito dal sindacato e riportato da Repubblica aiuta a fare un quadro della situazione.

Un dipendente che nel 2024 ha guadagnato 41.360 euro lordi si vedrà applicare un’imposta lorda da 11.116 euro, calcolata applicando le nuove aliquote.

A tale valore si sottraggono le detrazioni da lavoro (750 euro) e le spese mediche (165 euro), determinando un’imposta netta pari a 10.201 euro. Al netto delle ritenute di 10.366 euro versate dal datore di lavoro, il dipendente risulta a credito di 165 euro.

Rifacendo lo stesso calcolo ma applicando la vecchia IRPEF (quella a 4 aliquote) proprio come previsto dalla citata norma, c’è un disallineamento dato che si applica un’aliquota più alta (al 25 per cento) tra 15.000 e 28.000 euro.

Il ricalcolo fa salire l’imposta lorda di circa 200 euro e la porta a 11.376 euro, determinando anche una crescita dell’imposta netta (10.461 euro).

Il risultato è che lo stesso contribuente risulta in debito di 95 euro. Ma dato che vanta comunque un credito da 165 euro, questo si riduce di 95 euro e diventa di soli 70 euro. Con la dichiarazione del prossimo anno riavrà indietro i 95 euro.

Con la norma in questione lo Stato fa cassa con anticipi non dovuti: fanno dunque credere di abbassare le tasse e poi ricalcolano gli importi con quelle precedenti” accusa il sindacato.

Il MEF, riporta Repubblica, ha confermato il disallineamento ma lo ha definito “temporaneo ed evidentemente non strutturale. Quando la norma è stata scritta il taglio dell’IRPEF era temporaneo”.

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