Un'analisi delle novità che il decreto anticipi ha apportato al comma 2, dell’art. 12, della Legge n. 212/2000, relativo ai diritti e alle garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali
La Legge n. 212/2000, al comma 2 dell’articolo 12, prevede che quando venga aperta una verifica fiscale, il contribuente abbia il diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata.
In particolare, è previsto che
“Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.”
Tale norma riveste un significato particolare. Infatti, prima della sua introduzione al contribuente non erano noti i motivi per i quali si effettuava la verifica (si deve ritenere che la norma riguardi anche gli accessi).
Al di là del potere – dovere dell’amministrazione finanziaria di controllare l’esatto adempimento degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti, per dare concretezza al dettato legislativo e alla volontà parlamentare, l’ordine di accesso – rispetto allo Statuto del contribuente – deve contenere i motivi che hanno indotto l’amministrazione ad effettuare il controllo nei confronti di quel contribuente.
Ma sicuramente uno degli aspetti di maggiore interesse investe la facoltà per il contribuente di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria. In pratica i soggetti indicati nell’art. 12, del Dlgs n. 546/92 (avvocati, commercialisti, etc.).
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Si estende a parenti e dipendenti la rappresentanza in sede di verifica, la novità nel DL Anticipi
L’articolo 8-bis, del DL n. 145/2023, convertito con modificazioni in Legge n. 191/2023, a far data dal 17 dicembre, ha aggiunto un periodo al comma 2, dell’art. 12, della Legge n. 212/2000:
“Sono comunque sempre applicabili l’assistenza e la rappresentanza del contribuente ai sensi dell’articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.”
Di fatto, in forza di quanto previsto dall’art. 63, del DPR n. 600/73, il contribuente – che prima poteva farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale solo presso gli uffici finanziari – adesso può farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale anche in sede di verifica, indipendentemente dalla qualifica rivestita.
La procura speciale deve essere conferita per iscritto con firma autenticata. L’autenticazione non è necessaria quando la procura è conferita al coniuge o a parenti e affini entro il quarto grado o a propri dipendenti da persone giuridiche.
Deve rammentarsi che la procura speciale prevista dall’articolo 63, del DPR n. 600/1973, rientra fra gli atti esenti di cui all’art. 5, della tabella allegata al DPR n. 642/1972, relativo all’imposta di bollo (cfr. risoluzione n. 13/E/2011).
Alcune brevi note
La Legge n. 212/2000 ha introdotto nel nostro ordinamento fiscale lo Statuto del Contribuente.
In particolare, l’articolo 12 dello Statuto del contribuente prevede i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifica e stabilisce le regole in ordine alle modalità di esecuzione dei controlli.
Questo regola, pertanto, i casi e le modalità di accesso dei verificatori dell’Amministrazione finanziaria presso il contribuente, disponendo che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati, sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo, sul luogo di esercizio dell’attività.
Il contribuente sottoposto a verifica fiscale ha la possibilità di esercitare tutta una serie di diritti per far valere le proprie ragioni:
- diritto di essere informato delle ragioni e dell’oggetto della verifica fiscale, e della possibilità di farsi assistere da un professionista abilitato dinanzi agli organi di giustizia tributaria (art. 12, co. 2) ;
- diritto di richiedere che l’esame della documentazione possa avvenire presso gli uffici finanziari o presso il professionista che lo assiste (art. 12, co. 3);
- diritto (anche del professionista che eventualmente lo assiste) di far verbalizzare nel processo verbale di constatazione osservazioni in ordine ai rilievi effettuati dai verbalizzanti (art. 12, co. 4);
- la permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente non può superare i 30 giorni, salvo comprovati motivi, nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio, in cui la verifica può protrarsi per ulteriori 30 giorni (art. 12, co. 5);
- diritto di rivolgersi al garante del contribuente, nei casi in cui ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge ( art. 12, co. 6);
- diritto di comunicare, entro 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione degli organi di verifica, osservazioni e richieste che saranno valutate dagli uffici impositori (art. 12, co. 7);
- l’avviso di accertamento eseguito sulla base di un p.v.c. potrà essere emanato dopo i 60 giorni previsti per le osservazioni, salvo casi di particolare e motivata urgenza (art. 12, co. 7).
Come abbiamo visto, il comma 2 dell’art. 12 della Legge n. 212/2000 riconosce al contribuente il diritto di essere informato, già al momento dell’accesso (diritto d’informazione che deve considerarsi esteso a tutti i diversi momenti dell’ispezione: proroga, sospensione, ecc.), delle ragioni del controllo e dell’oggetto che lo riguarda, cioè la “porzione” del complesso degli atti o delle operazioni di gestione su cui verte l’attività ispettiva, l’arco temporale cui la stessa si riferisce e i tributi presi in considerazione.
Fermo restando il potere – dovere dell’Amministrazione finanziaria di controllare l’esatto adempimento degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti, per dare concretezza al dettato legislativo e alla volontà parlamentare, l’ordine di accesso – rispetto allo Statuto del contribuente – deve contenere altresì i motivi che hanno indotto i verificatori ad effettuare il controllo nei confronti di quel determinato contribuente.
Un’interpretazione sistematica della previsione in parola ha indotto la Guardia di Finanza ad affermare nella circolare n. 1/2018 che le cause giustificative delle verifiche fiscali risiedono in re ipsa nell’adempimento dei compiti istituzionali assegnati agli Organi di polizia tributaria per l’accertamento delle violazioni delle disposizioni contenute nelle leggi finanziarie (Cfr. art. 35, della L. n. 4/1929; art. 33 del DPR n. 600/73; art. 52, del DPR n. 633/72).
Giurisprudenza
- Cfr. la pronuncia della Cassazione n. 26321/2009, secondo cui comunque l’avviso di accertamento è legittimo anche se fondato su elementi, rinvenuti in sede di accesso, esorbitanti dall’oggetto dell’accesso stesso;
- Cfr. la sentenza della Cassazione n. 992/2015, dove è stato confermato che l’inosservanza degli obblighi informativi circa l’oggetto della verifica fiscale non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento, in quanto tali obblighi non sono previsti a pena di nullità, vigendo anche in materia tributaria la regola generale della tassatività delle nullità e, inoltre, non costituiscono una formalità essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto impositivo è teso.
“È vero che accanto a ipotesi in cui singole norme prevedono esplicitamente una tale evenienza, si ammette che l’effetto invalidante si produca egualmente se un atto o una procedura siano intrinsecamente inidonei, per difetto di un loro requisito o elemento essenziale, a realizzare la funzione che sia ad essi commessa dall’ordinamento. In tale caso occorre, però, distinguere tra la violazione di legge che comporta la mera irregolarità dell’atto (o della procedura) e quella che ha come conseguenza, invece, l’invalidità dello stesso. La distinzione è affidata all’applicazione del criterio della “strumentante della forma”, sulla base del quale comporta la nullità dell’atto solo la trasgressione di una prescrizione che si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto è teso (Cass. sez. trib., n. 5518 del 2013).”
Secondo la GDF, la ratio sottesa alla norma scrutinata dai giudici di Piazza Cavour è quella di consentire al contribuente di avere contezza che l’attività ispettiva avviata nei suoi confronti sia effettivamente e realmente connessa all’esercizio di quel generale “potere-dovere” di controllo della posizione fiscale del contribuente e che tale esercizio non sia espressione di esigenze ispettive diverse, arbitrarie o non pertinenti, tali da configurare un vizio di legittimità per “carenza” o “eccesso di potere”.
In ogni caso, il diritto del contribuente sottoposto a verifica di essere informato, nel quadro delle ragioni giustificative dell’intervento, della fonte di innesco della verifica, non deve compromettere l’efficacia dell’intervento, fornendo anzitempo notizie circa le finalità investigative della verifica.
La GDF, nella circolare n. 1/2018, ritiene che l’esigenza di mantenere il massimo riserbo sull’attività di informativa e di intelligence, non si ritiene debba essere assicurata nel caso in cui si stia procedendo alla constatazione di violazioni fondate su dati e informazioni emersi nell’ambito di una pregressa attività di polizia giudiziaria e il cui utilizzo ai fini fiscali sia stato debitamente autorizzato dall’Autorità giudiziaria competente.
“Il Capo Pattuglia, il primo giorno dell’intervento, nel comunicare al contribuente lo scopo della visita, avrà cura di precisare e fare rilevare in atti se la verifica è d’iniziativa ovvero a richiesta, nonché di specificare altresì, in quest’ultimo caso e sempre che non ostino controindicazioni sul piano della riservatezza, l’Organo richiedente e – ancora se possibile e non confliggente con il segreto d’ufficio – il criterio selettivo adottato nel caso specifico ovvero la tipologia di attivazione del servizio.”
Il mancato rispetto degli obblighi informativi
L’eventuale mancato rispetto degli obblighi informativi non determina comunque la nullità dell’accertamento: Cass. n. 1299/2019.
Il caso sottoposto all’esame trae origine da un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio rettificava il reddito di lavoro autonomo di un avvocato, contestando compensi non fatturati, ricostruiti attraverso le risposte ai questionari inviati ai suoi clienti e corroborato dalle annotazioni contabili presenti sulle cartelline delle pratiche rinvenute presso lo studio professionale.
La Corte ha accolto in toto le doglianze erariali, disattendendo – di fatto – il pensiero della C.T.P. che aveva proceduto ad una immotivata riduzione forfettaria dell’accertato.
L’eccezione principale del ricorrente, sulla quale sono stati chiamati gli Ermellini a pronunciarsi, investe il presunto mancato rispetto degli obblighi informativi, con conseguente inutilizzabilità delle prove acquisite e nullità dell’avviso di accertamento.
La Suprema Corte di Cassazione, dopo aver ribadito che l’inosservanza degli obblighi informativi di cui all’articolo 12, comma 2, della legge n. 212/2000 – le cd. ragioni del controllo – non determina la nullità degli atti del procedimento di controllo e del successivo accertamento, atteso che ciò non è espressamente previsto, ha ritenuto sufficiente allo scopo della norma il fatto che nel provvedimento autorizzativo all’accesso operato dalla GDF fosse stato specificato il carattere generale della verifica aperta, tutelando il diritto del contribuente ad essere informato delle ragioni giustificative dell’accesso, senza tuttavia pregiudicare l’attività ispettiva.
La Corte, inoltre, non ha ritenuto aderente al dettato dell’invocato art. 360 n. 5 del c.p.c. la censura con cui si denuncia l’illogicità della motivazione, per non aver ritenuto ostensibile il programma annuale delle ispezioni della GDF, quale atto non impugnabile, che il contribuente chiedeva di vedere per poter spiegare le proprie difese, atteso che il ricorrente non ha indicato il punto di cui sarebbe stato omesso l’esame da parte della CTR. Rileviamo che la giurisprudenza è ormai consolidata nell’affermare che l’art. 24, comma 1, lett. b), della L. n. 241/1990 deve essere inteso:
“nel senso che l’inaccessibilità agli atti di cui trattasi sia temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento con l’adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta; in ragione di ciò deve riconoscersi il diritto di accesso qualora l’Amministrazione abbia concluso il procedimento, con l’emanazione del provvedimento finale e quindi, in via generale, deve ritenersi sussistente il diritto di accedere agli atti di un procedimento tributario ormai concluso (Cons. Stato, n. 5588/2014; Cons. Stato., n. 4046/2014; Cons. Stato, n. 4821/2013; Cons. Stato n. 5144/2008).”
L’assistenza in sede di verifica da parte di un professionista
Assistenza e rappresentanza: Cass. sentenza n. 19524/2011.
Nel caso di specie, il soggetto verificato aveva denunciato la violazione dell’art. 12 della L. n. 212/2000, nonché vizio di motivazione, assumendo che l’informazione dei verificatori al contribuente, secondo cui questi avrebbe potuto farsi “rappresentare” - e non “assistere” - da un professionista o da una persona di sua fiducia nel corso delle operazioni ispettive, si porrebbe in contrasto con la disposizione indicata, non essendo configurabile una equivalenza fra le due nozioni, considerato, fra l’altro, che nella specie, la facoltà di farsi assistere era di rilevante importanza, essendo l’indagine fondata sulle sole dichiarazioni del legale rappresentante della società, non assistito dal professionista, dichiarazioni che, quindi, erano state - secondo il contribuente - illegittimamente acquisite.
La censura mossa dal soggetto verificato è stata ritenuta infondata dai giudici della Cassazione.
La figura del “rappresentante” del contribuente in sede di accesso dell’amministrazione finanziaria nei locali, soggetto al quale i verbalizzanti possono fare richieste, e che è tenuto, alla fine delle operazioni, a sottoscrivere il verbale, è contemplata dal DPR n. 633/1972, art. 52, comma 6, disposizione compresa della disciplina dell’accertamento IVA, ma applicabile all’accertamento delle imposte dirette in forza del rinvio del DPR n. 600/1973, art. 33, comma 1.
La L. n. 212/2000, art. 12, commi 2 e 3, prevede poi che all’inizio della verifica il contribuente ha, tra l’altro, “diritto di essere informato... della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria”, e che lo stesso contribuente può chiedere che l’esame dei documenti amministrativi e contabili sia effettuato, oltre che nell’ufficio dei verificatori, “presso il professionista che lo assiste o rappresenta”.
“Il professionista che il contribuente può designare per le operazioni di verifica è indubbiamente soggetto dotato di competenze tecniche che, secondo la lettera dello stesso statuto del contribuente, “assiste o rappresenta” il contribuente stesso. La sentenza impugnata non incorre pertanto nei vizi denunciati, in quanto nell’avere i verificatori informato il contribuente che nel corso delle operazioni “avrebbe potuto farsi rappresentare da un professionista” può forse rilevarsi, a tutto voler concedere, una imprecisione lessicale - peraltro giustificata nella specie dal lessico impiegato dal legislatore -, ma comunque deve leggersi l’inequivoca prospettazione al contribuente della facoltà di avvalersi nelle operazioni di un soggetto dotato di competenze tecniche.”
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