Quali sono i limiti dell’abuso del diritto in materia tributaria, con particolare riferimento al settore immobiliare?
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Oggi approfondiamo la sentenza n. 1693/2025, che ha chiarito i limiti dell’abuso del diritto in materia tributaria, con particolare riferimento al settore immobiliare.
Nella controversia in esame, l’Agenzia delle entrate ha proposto un ricorso nei confronti di una società impugnando la sentenza della competente CTR che aveva accolto l’appello della società.
In particolare, l’Agenzia delle entrate riteneva che la società, interamente partecipata dai soci (si tratta due familiari) avesse posto in essere una complessa operazione negoziale, priva di motivazione economica, finalizzata alla detassazione dei ricavi, realizzati in seguito alla vendita di alcuni fabbricati costruiti su un terreno edificabile acquistato dal Comune di Roma.
Nessun vantaggio fiscale da operazioni immobiliari anti economiche
L’Amministrazione finanziaria ha evidenziato che i soci avevano ceduto l’intera partecipazione della società ad altre due società, A e B, per la quota del 50 per cento ciascuna, di fatto riconducibili al gruppo facente capo alla famiglia.
La società si era quindi scissa e trasformata in SNC e detta ultima società aveva posto in vendita i fabbricati facenti parte di un complesso immobiliare acquisendo i ricavi, ed il reddito realizzato era stato attribuito per trasparenza alle due socie.
Tuttavia queste ultime avevano, a propria volta, venduto le loro quote a due persone fisiche legate ai soci familiari, in quanto dipendenti di altra società riconducibile alla famiglia, per un prezzo esiguo.
In ragione di ciò, le due società che detenevano la partecipazione della Snc, tramite questa operazione, non avevano corrisposto alcuna imposta sul reddito in quanto quest’ultimo era stato abbattuto con la creazione “ad hoc” di poste passive.
Sulla base della complessa operazione ricostruita, l’Agenzia contestava che il reddito realizzato con le vendite immobiliari era stato abbattuto dalla minusvalenza scaturita dalla cessione delle quote e che tutta l’operazione nascondeva un fine fraudolento risultando priva di qualsiasi motivazione economica in quanto finalizzata esclusivamente alla detassazione dei ricavi.
Le motivazioni della Corte di Cassazione: ingiustamente non valutati nel precedente grado di giudizio i tratti costitutivi dell’abuso del diritto
L’Agenzia delle Entrate in particolare ha contestato la decisione dei giudici di appello facendo leva su un dato che qualificava l’operazione, in quanto il suo tratto caratterizzante era dato dal fatto che le due società avevano acquistato le quote della prima società per sette milioni di euro e, dopo la scissione, trascorso meno di un anno, avevano venduto le quote della newco a soli ventimila euro, realizzando una minusvalenza che aveva ridotto il reddito conseguito alla vendita degli immobili ed attribuito loro per trasparenza.
In particolare, la ricorrente evidenzia che la sottrazione a tassazione del reddito derivante dalla vendita in capo alla società madre era stata realizzata attraverso una serie di operazioni che possono essere così riassunte: cessione dell’intera partecipazione della società madre ad altre società del gruppo al prezzo di oltre 14 milioni di euro; scissione della società madre e costituzione di una newco poi trasformata in società di persone alla quale era stato conferito il fabbricato realizzato; cessione dell’intera partecipazione della newco ad un prezzo vile rispetto a quello di acquisto delle quote della società madre, ovvero di soli ventimila euro; abbattimento dei ricavi realizzati dalla vendita degli immobili con la minusvalenza conseguita in ragione di tale ultima cessione.
Ciò premesso, la Corte si è soffermata sulla figura e sui tratti costitutivi dell’abuso del diritto, che anche anteriormente alla codificazione avvenuta per effetto dell’introduzione dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente) era stato riconosciuto immanente nel sistema tributario, sulla base dei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività di cui all’art. 53 della Costituzione.
In attuazione di tali principi, la Corte ha chiarito che non è consentito trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, sebbene non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione.
La fattispecie della condotta abusiva viene perimetrata con riferimento ad ogni operazione economica realizzata attraverso l’uso distorto, anche se non risultante in contrasto con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici posti in essere al solo scopo, elusivo, di realizzare un risparmio di imposta.
Da ciò deriva che il divieto di tali operazioni non opera in presenza di ragioni economicamente apprezzabili che si possano spiegare altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta.
Quanto all’onere della prova, incombe sull’Amministrazione l’onere di dimostrare l’esistenza del disegno elusivo e le modalità con cui sono manipolati o alterati gli schemi negoziali, ritenuti non rispettosi di una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire ad un determinato risultato fiscale.
Una volta fornita questa prova, il contribuente deve dimostrare, per contestare la qualificazione abusiva della fattispecie, l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino le operazioni, non consistenti nel mero risparmio fiscale.
Ciò premesso, con riferimento alla fattispecie in esame, la Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha evidenziato che la sentenza di appello non contiene alcuna motivazione sulla fattispecie abusiva, non essendosi soffermata su di essa.
In particolare, i giudici della CTR non avrebbero svolto, ritiene la Corte, alcuna valutazione critica sulla complessità dell’operazione, che si ricava tra l’altro dai numerosi passaggi negoziali; nulla avrebbero infatti argomentato sulla sussistenza o meno di sostanza economica nell’intera operazione posta in essere ed infine hanno ignorato l’esistenza degli elementi costitutivi della fattispecie astratta dell’abuso di diritto, come delineati dalla giurisprudenza di legittimità, non valutando realmente quanto contestato alla società madre.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Nessun vantaggio fiscale da operazioni immobiliari anti economiche