Lente di ingrandimento sul taglio del cuneo fiscale: le misure per rispondere alla necessità di alleggerire il carico fiscale sulle buste paga con uno sguardo al passato ed al futuro
Con un cuneo fiscale per lavoratore singolo, senza figli, con redditi (medi) pari a circa il 47 per cento del costo del lavoro, l’Italia si colloca al terzo posto (dopo il Belgio e la Germania) nella classifica dei paesi OCSE.
Il cuneo fiscale è riconducibile ai contributi sociali a carico del datore di lavoro, alle imposte sui redditi e, infine, ai contributi sociali a carico del lavoratore.
Come noto, infatti, per arrivare allo stipendio netto bisogna considerare vari passaggi, partendo dall’importo lordo, composto dallo stipendio base (cioè quello stabilito dal contratto collettivo, più eventuali integrazioni aziendali), da cui vanno sottratti i cosiddetti oneri deducibili, primi fra tutti i contributi previdenziali, che variano in funzione del settore di attività, della dimensione dell’impresa e della qualifica del lavoratore e vengono suddivisi tra datore di lavoro e lavoratore.
Taglio del cuneo fiscale 2023 e netto in busta paga
È direttamente la legge (art. 2114 c.c.) a prevedere i casi e le forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e le contribuzioni e prestazioni relative, laddove il codice civile rimanda comunque alle relative leggi speciali.
Al datore di lavoro tocca comunque la parte maggiore dell’onere, composta anche dai contributi assicurativi (cassa integrazione ecc.) e assistenziali (assegni familiari e maternità), pari ad una media del 33 per cento.
Invece la percentuale a carico del lavoratore è più ridotta e pari ad una media del 9 per cento.
Per arrivare alla base imponibile su cui verranno calcolate le imposte, deve poi prendersi in considerazione anche la no tax area, cioè la parte di reddito non soggetta a tassazione.
Si giunge così all’imponibile fiscale, cioè all’importo sul quale viene calcolata l’imposta sul reddito (IRPEF).
E, infine, una volta calcolata l’imposta lorda, vanno calcolate le detrazioni, che sono gli importi che vengono sottratti (direttamente dal datore di lavoro - art. 23 comma 2, lett. a), Dpr. 600/1973) dall’imposta da versare (detrazioni per lavoro dipendente; detrazioni per familiari a carico).
Per i lavoratori dipendenti l’IRPEF viene trattenuta direttamente in busta paga, e quindi riduce ulteriormente lo stipendio lordo.
Alla fine di questo elaborato percorso si arriva, finalmente, al “netto in busta”.
E su questo reddito, già tassato, i contribuenti potranno poi, al momento della dichiarazione, calcolare le ulteriori detrazioni (spese sanitarie, mutui, ristrutturazioni edilizie ecc.).
Insomma un percorso non proprio agevole e soprattutto la differenza tra la cifra in partenza e la cifra di “arrivo” è notevole.
La riduzione del carico fiscale
Proprio per cercare di alleggerire tale peso, come noto, già il comma 7 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2020 aveva stabilito la costituzione di un “Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti”, con una dotazione di 3 miliardi di euro per l’anno 2020 e di 5 miliardi di euro annui a decorrere dal 2021, al fine appunto di finanziare la riduzione del carico fiscale sulle persone fisiche.
L’attuazione della riduzione del carico fiscale veniva poi demandata a futuri interventi normativi, nei limiti delle risorse stanziate nel fondo medesimo, con cui si sarebbero dovuti individuare gli strumenti che, in concreto, potessero consentire di ridurre il gap fra retribuzione lorda e netto in busta.
Nella stessa direzione di una riduzione del cuneo fiscale (seppur settoriale), andavano poi anche altre disposizioni, tra cui, tra le altre:
- lo sgravio contributivo integrale, per i contratti stipulati nel 2020, per i datori di lavoro che occupassero alle proprie dipendenze un numero di addetti con contratto di apprendistato di primo livello pari o inferiore a 9;
- l’estensione al 2022 dell’applicazione del meccanismo di riduzione dei premi e contributi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, già previsto sia per gli anni 2019-2021 sia per gli anni 2023 e successivi;
- la riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati, relativamente alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato di soggetti di età inferiore a determinati limiti;
- la non imponibilità della liquidazione anticipata della NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego), istituita dal Dlgs. 22/2015 con lo scopo di fornire uno strumento di sostegno al reddito ai lavoratori i lavoratori dipendenti (privati) che abbiano perso involontariamente la propria occupazione.
Tali misure si andavano peraltro ad aggiungere ad altre già adottate in passato al fine di diminuire il cuneo fiscale, tra cui:
- il bonus di 80 Euro;
- le detrazioni per lavoro dipendente;
- il regime agevolato di imposizione dei premi di risultato;
- le misure di welfare aziendale;
- le misure in tema di decontribuzione.
Taglio del cuneo fiscale: i prossimi passi
Sulla stessa scia, recentemente, sono state annunciate nuove misure.
Come infatti affermato dal Vice Ministro Leo in audizione davanti alle Commissioni riunite Finanze di Camera e Senato, si pensa, congiuntamente alla riforma fiscale, all’introduzione, strutturale, di una tredicesima detassata, magari anche sotto forma di flat tax incrementale per i dipendenti, con aliquota al 15 per cento.
La tredicesima mensilità poteva del resto già contare sul taglio del cuneo fiscale e contributivo previsto dalla Legge di Bilancio 2023, pari al 2 per cento per le retribuzioni fino a 35.000 euro e al 3 per cento per quelle fino a 25.000 euro.
Il Decreto Lavoro, Dl 48/23, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 maggio 2023, ha poi introdotto un nuovo taglio del cuneo, che porterà ad aumenti da 45 euro ai 100 euro al mese in busta paga a favore dei lavoratori dipendenti con retribuzione annua lorda dai 10.000 euro ai 35.000 euro annui.
Ad oggi il beneficio è previsto però solo per sei mesi: da luglio 2023 a dicembre 2023, senza però, al momento, effetti sulla tredicesima.
Circa 4 miliardi di euro sono stati quindi destinati all’incremento di 4 punti percentuali del taglio del cuneo fiscale per i dipendenti rispetto a quanto già previsto in legge di bilancio.
Nello specifico, l’aumento della riduzione del cuneo fiscale seguirà le seguenti due fasce di intervento:
- incremento dai precedenti tre punti a sette punti, per i redditi fino a 25.000 euro annui;
- incremento dai precedenti due punti a sei punti, per i redditi fino a 35.000 euro annui.
L’incremento dello stipendio spetta ai lavoratori con contratto di lavoro subordinato, ovvero ai dipendenti e assimilati, compresi gli apprendisti e i lavoratori agricoli presso qualsiasi datore di lavoro pubblico e privato. Sono, invece, esclusi i lavoratori domestici.
Per ora sono misure, come detto, “a tempo”.
Il governo ha comunque espresso la volontà di rifinanziare l’intervento e renderlo strutturale, aprendo dunque, come detto, anche alla detassazione delle tredicesime dei dipendenti.
Insomma, work in progress.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Taglio del cuneo fiscale e detassazione tredicesime