Startup innovative: la costituzione senza preventivo atto pubblico notarile è illegittima secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 2643 pubblicata il 29 marzo 2021). In discussione il decreto ministeriale del 17 febbraio 2016 che permette la redazione degli atti costitutivi senza alcun controllo del notaio.
Startup innovative: illegittime le attuali modalità di costituzione perché non sottoposte al controllo di un notaio.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza numero 2643 del 4 marzo, pubblicata lo scorso il 29 marzo 2021, che ha, di fatto, cassato in più punti il Decreto Ministeriale del 17 febbraio 2021 che consente la costituzione di startup innovative senza preventivo atto pubblico notarile.
Secondo il parere del Consiglio di Stato, a cui si è rivolto il Consiglio Nazionale del Notariato (CNN), la disciplina introdotta dal decreto citato non deve più essere applicata dal momento che non prevede verifiche sostanziali sugli atti costitutivi e, per tale ragione, risulta in contrasto con il diritto dell’Unione Europea che regola la materia.
Startup innovative: la costituzione senza il controllo del notaio è illegittima
Nell’occhio del ciclone l’attuale disciplina sulla costituzione delle startup innovative, ossia quelle società di capitali che possono costituirsi anche in forma cooperativa e che hanno come oggetto sociale, esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.
- Consiglio di Stato - sentenza numero 2643 del 29 marzo 2021
- Scarica la sentenza sulle startup innovative, necessario l’intervento del notaio
Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 2643 pubblicata lo scorso 29 marzo 2021, ha cassato il decreto che regola le modalità di redazione degli atti costitutivi di queste società a responsabilità limitata (DM 17 febbraio 2016).
In particolare, il Giudice amministrativo ha ritenuto illegittima la costituzione di startup innovative per mezzo di atti redatti in forma elettronica, senza necessità di autentica della sottoscrizione di fronte ad un pubblico ufficiale.
Eppure l’articolo 4, comma 10-bis, D.L. 3/2015 aveva di fatto permesso, per queste particolari realtà imprenditoriali, una deroga alle regole generali secondo cui deve intervenire necessariamente il notaio in qualità di pubblico ufficiale. La norma citata, infatti, prevede:
“Al solo fine di favorire l’avvio di attività imprenditoriale e con l’obiettivo di garantire una più uniforme applicazione delle disposizioni in materia di start-up innovative e di incubatori certificati, l’atto costitutivo e le successive modificazioni di start-up innovative sono redatti per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto con le modalità previste dagli articoli 24 e 25 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. L’atto costitutivo e le successive modificazioni sono redatti secondo un modello uniforme adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico e sono trasmessi al competente ufficio del registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni”.
Il decreto attuativo è proprio quello caduto sotto la scure del Consiglio di Stato, il DM del 17 febbraio 2016, che contempla la possibilità, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2463 cod. civ., di costituire startup innovative nella forma di società a responsabilità limitata per mezzo di atti redatti in forma elettronica e firmati digitalmente da ciascuno dei sottoscrittori.
Il documento informatico viene presentato all’ufficio del registro dell’imprese, che effettuate le verifiche previste - non sufficienti secondo il Consiglio di Stato - dispone l’iscrizione provvisoria della società nella sezione ordinaria del registro o l’iscrizione nella sezione speciale.
Startup innovative: il mero controllo formale viola il Diritto dell’Unione Europea
Il Consiglio di Stato ha accolto la censura avanzata dal CNN perché la disciplina richiamata viola la normativa comunitaria in materia e, più specificatamente, le Direttive 2009/201/CE e 2017/1132/UE.
Gli atti normativi citati, infatti, impongono sempre e comunque un controllo di legalità in sede di costituzione, modificazione ed estinzione delle società di capitali al fine di tutelare sia i soci che i terzi.
Ecco, quindi che all’art. 10 della Direttiva 2017/1132/UE si legge quanto segue:
“In tutti gli Stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo e lo statuto di società e le loro modifiche devono rivestire la forma dell’atto pubblico”.
Ebbene, il Decreto del 2016 è stato cassato nella parte in cui stabilisce che l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, siano redatti in modalità esclusivamente informatica e non nella forma dell’atto pubblico.
Del resto al conservatore, ossia il curatore del registro, spetta un controllo meramente formale e il DM del 2016, secondo quanto stabilito dalla sentenza, ne ha illegittimamente ampliato l’ambito di competenza in assenza di un’adeguata copertura legislativa.
A questo punto, non bisogna far altro che attendere che il Ministero dello Sviluppo Economico si adegui alla pronuncia modificando il decreto impugnato o, più verosimilmente, emendandone uno nuovo conforme a quanto stabilito dal Consiglio di Stato.
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