Scuola, la proposta del Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi di impiegare due settimane a giugno per il recupero del ritardo negli apprendimenti scolastici ha generato molte polemiche. C'è chi accusa docenti e personale ATA di non voler lavorare. Ma le reazioni dei sindacati sono in genere improntate al dialogo. Usb e Cisl più dure sulla proposta di prolungamento del calendario.
Scuola, prolungamento del calendario scolastico con lezioni in aula anche nel mese di giugno: è questa la nuova frontiera delle polemiche per il mondo dell’istruzione.
D’altra parte, in tempi di pandemia può accadere di rompere anche le consuetudini più radicate, e così l’input è arrivato dal Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi, che nei colloqui per la formazione del nuovo Governo ha abbozzato la proposta di estendere di un paio di settimane a giugno le lezioni in presenza, per recuperare gli eventuali inconvenienti dovuti all’uso intensivo della Didattica a distanza in termini di ritardi nell’apprendimento.
Il tema del prolungamento del calendario scolastico pare aver appassionato il dibattito mediatico, che come accade spesso si è nutrito anche di interventi in linea con il solito refrain “Prendiamocela con i dipendenti pubblici e con i sindacati che li proteggono”.
A scuola anche a giugno, le reazioni di Cgil e Uil sul prolungamento del calendario scolastico
In realtà, le reazioni sindacali alla proposta del nascente Esecutivo non sono sembrate affatto improntate al rifiuto netto, ma più che altro al dialogo.
Come ricordato dai vertici della Flc Cgil le scuole dell’infanzia e del primo ciclo, ad esempio, hanno funzionato quasi sempre regolarmente e in presenza, mentre solo nelle secondarie di secondo grado c’è stato un ricorso massiccio alla Didattica digitale integrata, in cui c’è tuttavia stato un forte impegno di docenti e alunni.
“Il tema del recupero degli apprendimenti esiste” - si legge in una nota di Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc - “e siamo pronti a discuterne, ma la soluzione non può essere il prolungamento generalizzato del calendario, che appare una soluzione semplice ad una situazione invece complessa e variegata. Ci sono scuole che hanno la necessità del recupero e altre che non ce l’hanno”
Ovviamente le organizzazioni sindacali sottolineano l’urgenza di investire più risorse nella scuola pubblica, dato che anche nel 2020 si è assistito al fenomeno delle cattedre scoperte a inizio anno scolastico (oltre 200.000).
Inoltre, che data l’emergenza sanitaria, c’è la necessità di rinnovare i contratti del personale COVID in scadenza e magari di pagargli anche gli stipendi in arretrato.
Posizioni simili sono state espresse anche dalla Uil Scuola nella persona del suo segretario Pino Turi che si è detto disponibile al confronto con le eventuali proposte del nuovo Governo sottolineando però che facciano parte di un progetto complessivo a partire dalla soluzione della “piaga” del precariato.
A scuola in estate? Anche no
C’è poi chi sulla eventuale proposta di Draghi, peraltro non ancora ufficializzata, ha maggiori perplessità.
Un po’ più dura si è infatti mostrata la Cisl scuola con la sua segretaria Maddalena Gissi che ha definito fuorvianti idee come quelle del prolungamento del calendario scolastico perché i problemi consistono invece nella definizione delle modalità per gli esami di maturità e gli esami di Stato della scuola media.
In effetti il prolungamento delle attività didattiche dovrebbe essere contemperato con lo svolgimento degli esami, dato che i docenti delle commissioni sono anche quelli che svolgono le lezioni in aula.
Nell’ipotesi invece di utilizzare le prime settimane di settembre per il recupero delle lezioni in presenza ci sarebbe da tener presente l’esigenza di un regolare avvio del nuovo anno scolastico.
“La scuola secondaria di secondo grado ha funzionato a distanza” - si riporta in un comunicato dell’Usb scuola - “con un metodo osannato quale panacea di ogni male (e in quanto tale abusato), garantendo la presenza agli alunni più fragili e per le attività laboratoriali. I docenti in Dad hanno lavorato pur essendo contagiati, se asintomatici, perché non in presenza. Sono state svolte lezioni, sono state effettuate valutazioni, sono stati convocati organi collegiali in quantità sproporzionata, non è stato rispettato il diritto alla disconnessione, causando anche gravi conseguenze sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Adesso la didattica in presenza è ripartita quasi ovunque al 50% o al 75% in presenza. Il personale ATA ha lavorato regolarmente nelle sedi scolastiche, garantendo la possibilità di vivere in sicurezza (rispetto al COVID) negli edifici scolastici”.
Per questi motivi anche il sindacato di base chiude la porta a un prolungamento del calendario scolastico e invita invece a recuperare i diritti dei lavoratori del comparto della didattica.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: In classe anche a giugno? In discussione il calendario scolastico