Sanzioni per violazioni del commercialista, in caso di omessa dichiarazione e dei versamenti dovuti il contribuente deve provvedere alla denuncia all'autorità giudiziaria. Deve inoltre dimostrare di non avere avuto una condotta dolosa o colpevole. Lo spiega la Cassazione nell'Ordinanza n. 26372 del 29 settembre 2021.
Se il consulente-commercialista omette di presentare la dichiarazione e di versare i dovuti tributi, il contribuente che lo ha incaricato può evitare le relative sanzioni solo se ha presentato denuncia all’autorità giudiziaria e dimostra di non aver in alcun modo tenuto una condotta dolosa o colpevole, in modo che l’inadempimento possa essere imputabile in via esclusiva all’intermediario.
Questo il principio enunciato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 26372 del 29 settembre 2021.
La sentenza - Il procedimento parte dalla notifica di avvisi di accertamento nei confronti di un imprenditore per omessa presentazione della dichiarazione.
Avverso gli atti impositivi il contribuente presentava ricorso, accolto sia in CTP che in CTR. I giudici d’appello, in particolare, hanno ritenuto legittimo annullare gli avvisi limitatamente alle sanzioni applicate per l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, stante l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472/97.
La norma esclude la punibilità del contribuente quando questi dimostri che il pagamento del tributo non sia stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.
Nel caso di specie il contribuente aveva presentato denuncia penale nei confronti del commercialista incaricato del pagamento delle imposte e della trasmissione delle dichiarazioni fiscali, il quale non aveva provveduto ad effettuare tali adempimenti.
L’agenzia delle entrate ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di cassazione, lamentando violazione dell’art. 6 del D.Lgs. 472/1997 nella parte in cui i giudici delle CTR hanno applicato l’esimente ivi prevista dietro presentazione della denuncia penale.
A parere della parte pubblica i giudici d’appello non hanno considerato che l’art. 6, co. 3, cit. condiziona l’applicazione dell’esimente alla sussistenza dei due presupposti: il primo la denuncia del fatto all’autorità giudiziaria e il secondo l’imputabilità della violazione esclusivamente al terzo, dovendo il contribuente dimostrare l’esclusiva responsabilità di quest’ultimo e l’assenza di alcun profilo di colpevolezza nei propri confronti.
I giudici di legittimità hanno ritento fondato il motivo di ricorso, richiamando la lettera del citato art. 6 che così recita “il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.”
Tale disposizione va coordinata con il precedente art. 5 che prevede che nelle “violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.”
In linea di principio, quindi, ai fini della comminazione delle sanzioni la condotta sanzionabile deve essere cosciente, volontaria e colpevole, cioè posta in essere con dolo o con negligenza.
D’altro canto l’esimente di cui all’art. 6 delimita la condotta sanzionabile in conseguenza della violazione di obblighi tributari non formali.
Detta esimente, pertanto, può essere applicata solo se congiuntamente:
- l’inadempimento riguardi obblighi sostanziali riconnessi al mancato pagamento del tributo;
- tale inadempimento sia imputabile ad un soggetto terzo, normalmente l’intermediario incaricato, estraneo alla compagine sociale del contribuente;
- il contribuente abbia presentato denuncia all’autorità giudiziaria nei confronti dell’intermediario, cui è stato attribuito l’incarico della tenuta della contabilità e dell’effettuazione delle dichiarazioni fiscali oltre che di effettuare i pagamenti;
- sia assente dolo o negligenza grave da parte del contribuente nell’inadempimento, nemmeno sotto il profilo della culpa in vigilando, dovendo l’inadempimento medesimo essere imputabile in via esclusiva all’intermediario.
Sulla base di tali considerazioni la Corte di legittimità ha sancito il principio per cui “in tema di sanzioni amministrative tributarie, l’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile esclusivamente ad un soggetto terzo (di regola l’intermediario cui è stato attribuito l’incarico, oltre che della tenuta della contabilità e dell’effettuazione delle dichiarazioni fiscali, di provvedere ai pagamenti), purché il contribuente abbia adempiuto all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell’art. 5, comma 1, del detto decreto, nemmeno sotto il profilo della culpa in vigilando.”
Affinché operi l’esimente, quindi, non è sufficiente che il contribuente presenti la denuncia penale nei confronti dell’incaricato commercialista, essendo altresì necessario verificare l’insussistenza del dolo o della negligenza del contribuente medesimo nell’inadempimento, dovendo questo essere imputabile in via esclusiva all’intermediario.
Solo in questo modo il contribuente può salvarsi dalle sanzioni per la violazione tributaria.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 26372 del 29 settembre 2021
- Se il consulente-commercialista omette di presentare la dichiarazione e di versare i dovuti tributi, il contribuente che lo ha incaricato può evitare le relative sanzioni solo se ha presentato denuncia all’autorità giudiziaria e dimostra di non aver in alcun modo tenuto una condotta dolosa o colpevole.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: La sola denuncia penale non salva il cliente dalle sanzioni per le violazioni del commercialista