Rinvio IRI al 2018: quali sono le motivazioni che hanno condotto il legislatore a posticipare di un anno una norma già in vigore? Di Tania Stefanutto.
La legge di bilancio appena giunta al Senato rinvia l’entrata in vigore del regime IRI, introdotto con l’articolo 1, commi 547-549 della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, al 1° gennaio 2018.
Non si vuole in questa sede ricordare che lo Statuto del Contribuente (L. 212/2000), all’art. 3 comma 1 ribadisce come
“le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono”,
ma si vogliono portare all’attenzione dei lettori le motivazioni che hanno condotto il legislatore a posticipare di un anno l’entrata in vigore di una norma già in vigore.
Testualmente la Relazione Tecnica riporta:
“Il regime in parola è stato introdotto in un’ottica di equiparazione nell’imposizione dei redditi d’impresa a prescindere dalla forma organizzativa adottata. Inoltre ha anche la finalità di favorire la capitalizzazione delle imprese laddove separa, ai fini impositivi, il reddito derivante dall’impresa dagli altri redditi percepiti dall’imprenditore, assoggettati all’ordinaria IRPEF in misura progressiva. Il regime IRI ha natura opzionale per tutte le imprese individuali e le società di persone commerciali in contabilità ordinaria.”
Come si vede il regime è di sicuro vantaggio per i contribuenti che:
- si strutturano contabilmente con l’implementazione della contabilità ordinaria;
- capitalizzano l’impresa (cosa non premiata dalla tassazione per trasparenza).
Ora questi contribuenti, che magari nel frattempo hanno speso in adeguamento contabile e hanno rinunciato a prelevare utili (in acconto) per investire nell’impresa, dovranno pazientare per quasi 2 miliardi di buoni motivi.
La Relazione Tecnica, infatti, ricorda che “il rinvio dell’entrata in vigore del nuovo regime all’anno di imposta 2018 ne trasla gli effetti di una annualità”: ecco l’unica ragione (o Ragioneria) che ha guidato il legislatore.
CASSA | 2018 | 2019 | 2020 | 2021 | 2022 | 2023 | dal 2024 |
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IRI | -3.345,40 | 1.469,40 | 19,30 | -14,80 | 0,00 | 0,00 | 0,00 |
IRPEF | 5.121,40 | -2.203,90 | 3,90 | 0,00 | 0,00 | 0,00 | 0,00 |
Addizionale regionale | 144,40 | 0,00 | 0,00 | 0,00 | 0,00 | 0,00 | 0,00 |
Addizionale comunale | 65,70 | -15,20 | 0,00 | 0,00 | 0,00 | 0,00 | 0,00 |
Utilizzo credito d’ imposta | 0,50 | 1,20 | 2,20 | 2,30 | 2,20 | 2,20 | 0,00 |
Totale | 1.986,60 | -748,50 | 25,40 | -12,50 | 2,20 | 2,20 | 0,00 |
*Importi in milioni di Euro.
Quella che si può annoverare tra le poche norme chiare nelle intenzioni del legislatore.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il pragmatismo della Ragion(eria) di Stato