La legge delega per la riforma fiscale 2023 è stata approvata in via definitiva il 4 agosto 2023, ma resta prematuro stabilire con certezza cosa cambia e per chi: tutto, infatti, dipenderà dal gioco di equilibri sulle risorse. Il compito di far quadrare i conti spetterà al Governo
Come fortemente voluto dal Governo, la legge delega per la riforma fiscale 2023 ha ottenuto la sua approvazione definitiva prima della pausa estiva con il via libera della Camera arrivato il 4 agosto 2023.
“Sono molto soddisfatta dell’approvazione in via definitiva in Parlamento della delega fiscale. Una riforma strutturale e organica, che incarna una chiara visione di sviluppo e crescita e che l’Italia aspettava da cinquant’anni. Meno tasse su famiglie e imprese, un fisco più giusto e più equo, più soldi in busta paga e tasse più basse per chi assume e investe in Italia, procedimenti più semplici e veloci. Sono alcuni dei principi di un provvedimento storico che rivoluzionerà il rapporto tra Fisco, cittadini e imprese e che il Governo lavorerà per attuare concretamente con i decreti attuativi”.
Ha dichiarato la premier Giorgia Meloni dopo l’ultima votazione sul testo.
Se è vero che il progetto di revisione del sistema tributario ha preso forma, almeno sulla carta, è vero anche che appare ancora prematuro stabilire con certezza cosa cambia e per chi.
C’è una ragione molto semplice e concreta: l’attuazione di tutte le misure messe in cantiere nel testo passa dalla necessità di far quadrare i conti.
Ed è sempre nel testo al vaglio del Parlamento che si trovano le regole di calcolo da seguire.
Cosa cambia con la riforma fiscale 2023? Tutto dipende dalle risorse
Il viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo, che si può senza dubbio definire uno dei padri di questa riforma fiscale, ha definito la legge delega un “provvedimento epocale”.
Nelle intenzioni del Governo la revisione del sistema tributario deve segnare un passaggio non solo per il Fisco, ma anche per l’economia italiana nel suo complesso.
In questa ottica, per fare un esempio riportato proprio da Leo in Senato il 2 agosto, la detassazione delle tredicesime nasce con l’intenzione di garantire maggiore potere d’acquisto alle famiglie a fine anno: rendendo più leggera la tassazione della mensilità aggiuntiva, si spera di dare una spinta all’economia.
L’obiettivo complessivo, al di là delle modalità scelte per raggiungerlo e delle singole misure previste, è ambizioso e deve fare i conti con le risorse a disposizione.
Se fino a questo momento la discussione si è articolata sulle parole, sulle opinioni di tutte le forze politiche in campo, è adesso che comincia la partita più difficile, quella con i numeri, ed è il Governo che deve giocarla.
La legge delega, infatti, affida all’Esecutivo il compito di rendere concreto il progetto della riforma fiscale adottando entro 24 mesi uno o più decreti legislativi di attuazione.
Dal punto di vista delle risorse, le istruzioni da seguire sono contenute nell’articolo 22 (articolo 20 in origine) del testo approvato in via definitiva.
Riforma fiscale 2023: le disposizioni finanziarie
Ci sono due importanti regole non trascurabili: la riforma fiscale non deve comportare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” né può far crescere la pressione tributaria.
Né lo Stato né i cittadini devono rimetterci, in parole povere. C’è un equilibrio da mantenere e quindi per ogni euro guadagnato da un cittadino grazie alle novità della riforma fiscale, ci deve essere un euro recuperato da un altro cittadino o dallo Stato in altro modo.
Facciamo l’esempio dell’IRPEF: per intervenire su aliquote e scaglioni generando un risparmio d’imposta per i cittadini e le cittadine, bisogna recuperare il valore del risparmio in altro modo. Ad esempio, così come è previsto dalla stessa legge delega per la riforma fiscale, riorganizzando e riducendo le detrazioni e le agevolazioni attualmente previste e che si definiscono proprio come spese fiscali.
La parola chiave, quindi, è “compensazione” sia per le disposizioni previste all’interno dello stesso provvedimento che, nel complesso, delle misure adottate. Fuori da questa regola c’è poco spazio.
L’articolo 22 ammette anche la possibilità che uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, cioè abbiano un costo non previsto in precedenza.
In questo caso, oltre al gioco di equilibri interno ad ogni decreto, è possibile prevedere:
- il parziale utilizzo delle risorse messe in campo con il Fondo per la riforma fiscale previsto dalla Legge di Bilancio 2021 che ha una “dotazione di 8.000 milioni di euro per l’anno 2022 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023” già impiegate per la maggior parte, però, per l’assegno unico e ridotte di 1,3 miliardi dalla Manovra 2023;
- l’impiego delle risorse disponibili nel fondo che raccoglie le maggiori entrate o i risparmi di spesa che derivano dagli altri provvedimenti attuativi, tramite un meccanismo di compensazione esterna.
La legge delega della riforma fiscale, quindi, stabilisce solo in teoria che cosa cambia per i contribuenti: per natura d’altronde il testo rappresenta solo un quadro generale del progetto di revisione del sistema tributario.
La portata effettiva delle novità, quindi, sarà determinata dalle possibilità effettive di renderle concrete in relazione alle risorse a disposizione e alle modalità previste per utilizzarle.
Riforma fiscale 2023, la difficile quadratura dei conti preoccupa l’Ufficio Parlamentare di Bilancio
Quello delle coperture, quindi, appare un territorio fatto di strade strette e poco margine di manovra che preoccupa anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio.
Nella memoria del 25 maggio 2023 sulla riforma fiscale, analizzando proprio le regole contenute nelle disposizioni finanziarie, segnalava che le risorse previste dal Fondo della Legge di Bilancio 2021 sono state impiegate per delle novità che sono già in essere, come la prima revisione dell’IRPEF in vigore dal 2022 e la parziale abolizione dell’IRAP.
L’Ufficio, inoltre, ha sottolineato:
“Va inoltre considerato che i margini di bilancio (differenza tra obiettivo tendenziale e programmatico) emersi con il DEF 2023, pari a 4,1 miliardi, e confluiti nel Fondo per la riduzione della pressione fiscale (istituito con la L. 197/2022, art. 1, c. 130)44 si riferiscono al solo 2024 e pertanto non rappresentano una fonte permanente di copertura finanziaria”.
Anche la possibilità di una macro compensazione tra tutte le misure previste dalla legge delega per la riforma fiscale non sembra offrire grossi margini di intervento, a parere dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio.
La revisione delle spese fiscali e un maggiore collaborazione tra Fisco e contribuenti così come il contrasto all’evasione dovrebbero portare a recuperare risorse.
Ma secondo quanto stabilito dallo stesso testo, gli ambiti delle agevolazioni che muovono le cifre più importanti, come la casa, la salute, la famiglia, restano anche gli ambiti intoccabili: il raggio d’azione, quindi, è limitato.
Anche nel secondo caso la strada è in salita: gli interventi di contrasto all’evasione non possono avere effetti immediati, le maggiori entrate potranno essere utilizzate solo dopo tre anni, “dopo la loro certificazione mediante la procedura prevista per l’alimentazione del Fondo sopra menzionato, che mira ad accertare che siano effettivamente permanenti e non già incluse nei conti tendenziali”.
Infine, conclude l’UPB:
“Va peraltro segnalato che non viene esplicitamente escluso che i decreti attuativi possano essere finanziati anche ricorrendo all’indebitamento netto. Come già osservato, si tratta di una modalità di finanziamento inappropriata per le conseguenze negative che essa determinerebbe sull’equilibrio dei conti pubblici e sulla loro sostenibilità nel medio-lungo termine”.
Alla luce del quadro tracciato, quindi, è chiaro che la prima importante tappa che la riforma fiscale ha raggiunto con l’approvazione del Parlamento, seppur non scontata, è anche la più semplice. Comincia ora il percorso verso la meta più complessa: la quadratura dei conti.
E solo al traguardo finale sarà possibile stabilire davvero cosa cambia e per chi e soprattutto se la riforma tanto attesa ha una portata “epocale”, per dirla con le parole del viceministro Leo.
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