Per la residenza fiscale all'estero è obbligatoria l'iscrizione all'AIRE: a stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 16634/2018.
La residenza anagrafica costituisce presunzione assoluta di residenza fiscale con la conseguenza che, le persone iscritte nelle anagrafi dei residenti in Italia per la maggior pare del periodo d’imposta, si considerano in ogni caso residenti in Italia e, pertanto, soggetti passivi d’imposta.
In tale ipotesi il trasferimento all’estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano.
Queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 16634/2018.
- Corte di Cassazione - ordinanza n. 16634/2018
- La residenza fiscale all’estero è subordinata all’iscrizione all’AIRE
I fatti - A seguito della notifica di avvisi di accertamento ai fini IRPEF, per la rideterminazione in via sintetica del reddito imponibile, un contribuente presentava ricorso dinanzi alla CTP, accolto sia in sede di prime cure che in appello.
In particolare i giudici della CTR, trattandosi di un caso di omessa presentazione della dichiarazione in presenza di attività fiscalmente rilevanti in Italia, hanno ritenuta dimostrata la residenza fiscale del contribuente nel Regno Unito, “dove svolgeva la propria attività lavorativa, pagando le relative imposte, ritenendo ininfluenti sia la residenza fiscale in Italia - quale strumento presuntivo di per sé inidoneo a giustificare l’accertamento - sia la tardiva iscrizione all’AIRE”, nonché la qualifica di legale rappresentante di una società residente in Italia, carica rivestita in un periodo successivo a quello oggetto di accertamento.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso in cassazione lamentando l’errore in cui sarebbe incorsa la CTR per non aver considerato l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, pur in presenza di attività fiscalmente rilevanti in Italia e della mancata iscrizione all’AIRE, avvenuta solo successivamente al periodo d’imposta accertato.
La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza dell’Amministrazione finanziaria e ha cassato con rinvio la sentenza alla medesima CTR in diversa composizione.
La decisione - La fattispecie riguarda un contribuente che, da un lato, ha iniziato un’attività lavorativa nel Regno Unito pagando all’estero le imposte relative al reddito ivi prodotto e, dall’altro, si è iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) solo successivamente, omettendo per tali anni la presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.
A parere dei giudici di legittimità è corretto l’operato dell’Amministrazione finanziaria che, avendo ritenuto fiscalmente residente in Italia il contribuente in quanto iscritto all’Anagrafe dei residenti in Italia, ha accertato l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi sia di fonte italiana che di fonte estera.
La conclusione dei giudici della cassazione trova giustificazione nel combinato disposto degli artt. 2 e 3 del TUIR che contengono le regole, rispettivamente, della residenza fiscale delle persone fisiche e di determinazione del reddito secondo il “worldwide taxation principle”.
In particolare, il Legislatore fiscale ha previsto che un contribuente è considerato fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo di imposta, è iscritto nell’anagrafe della popolazione (italiana) residente ovvero mantiene in Italia il domicilio o la residenza ai fini di quanto disposto dal Codice Civile. I richiamati requisiti peraltro sono tra loro alternativi e non concorrenziali e, pertanto, è sufficiente la presenza di uno solo dei tre per considerare come residente un soggetto.
Una volta stabilità la residenza fiscale, in Italia o all’estero, l’art. 3 del TUIR sancisce che “l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 … e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato.”
La Suprema Corte di Cassazione, richiamando una consolidata giurisprudenza sulla fattispecie in esame, ha confermato che “le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dall’art. 2 d.p.r. 917/1986, in ogni caso residenti, e pertanto soggetti passivi d’imposta, in Italia; con la conseguenza che, ai fini predetti, essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’Estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano.”
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Senza iscrizione all’Aire la residenza fiscale all’estero non vale