I requisiti di indipendenza del professionista nel concordato

Gianfranco Antico - Società di capitali

Quali sono i requisiti di indipendenza del professionista designato dal debitore nell'ambito del concordato preventivo

I requisiti di indipendenza del professionista nel concordato

Il professionista designato dal debitore ai sensi dell’art. 161, 3° c., della Legge Fallimentare non è in possesso dei requisiti di indipendenza (ex artt. 67, 3° co., lett. d) e 2399 del codice civile, qualora, fra l’altro, abbia svolto, nei cinque anni antecedenti alla designazione, per conto dello stesso debitore, una prestazione d’opera autonoma.

È quanto evidenziato dalla Cassazione nella recente ordinanza n. 20059/2024.

I requisiti di indipendenza del professionista nella procedura di concordato preventivo

Nell’ambito della procedura di concordato preventivo di una S.r.l., il Tribunale competente dava atto che l’adunanza si era conclusa con l’approvazione della maggioranza dei crediti ammessi al voto e fissava l’udienza in camera di consiglio.

Con apposita memoria una S.p.a. - creditrice dissenziente, ammessa al voto per il credito di euro 3.700.734,00 - si costituiva e si opponeva all’omologazione.

Con decreto, il Tribunale rigettava l’opposizione ed omologava il concordato.

La S.p.a. proponeva, quindi, reclamo, che veniva rigettato dalla Corte d’Appello.

Evidenziava la Corte di Roma che doveva reputarsi congrua l’interpretazione - operata dal tribunale - dell’art. 67, 3° co., lett. d), Legge Fallimentare e del richiamo all’art. 2399 codice civile ivi contenuto, volta a circoscrivere la presunzione di non indipendenza ai casi in cui fosse stata prestata attività “continuativa” in favore dell’imprenditore istante per l’ammissione al concordato.

Nel caso di specie, l’incarico anteriormente conferito all’attestatore si era risolto in una prestazione d’opera “una tantum”, consistente nella redazione di una perizia giurata, garantita fra l’altro dall’assunzione della responsabilità penale.

Da qui il ricorso in Cassazione da parte della S.p.a., ritenendo errata l’interpretazione della Corte di Roma.

Deduce, infatti, che, ai fini del riscontro dell’insussistenza dei requisiti di indipendenza e terzietà, è sufficiente che

il professionista attestatore abbia prestato nei cinque anni precedenti la redazione della relazione ex art. 161, 3° co., Legge Fallimentare, “attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore

Deduce segnatamente che:

l’ipotesi della prestazione nei cinque anni pregressi di “attività di lavoro subordinato o autonomo”, alla stregua della locuzione “in ogni caso” che la introduce, costituisce fattispecie qualificata, rilevante ex se ed atta a precludere qualsivoglia valutazione discrezionale da parte del giudice.

Siffatta ipotesi qualificata rileva indipendentemente dalla circostanza per cui si tratti di prestazioni continuative od occasionali ovvero di prestazioni già compiute o in corso al momento del conferimento dell’incarico di redazione dell’attestazione ex art. 161, 3° co., Legge Fallimentare

I requisiti di indipendenza del professionista nell’ambito della procedura concorsuale del concordato. L’orientamento della Corte di Cassazione

Per i massimi giudici, il motivo di ricorso principale è fondato.

Infatti, il combinato disposto dell’art. 67, 3° co., lett. d), Legge Fallimentare (cui espressamente rinvia il 3° co. dell’art. 161 Legge Fallimentare) e dell’articolo 2399 del codice civile (cui è espresso rinvio nel corpo della lett. d) del 3° co. dell’art. 67 Legge Fallimentare) si delinea in termini, per così dire, cumulativi, così come è reso evidente dalla congiunzione “e”, che figura nel testo della lett. d) del 3° co. cit., ove segue il riferimento all’art. 2399 e precede la locuzione “non deve”.

Al di là dell’enunciazione, nel corpo della lett. d) cit., del parametro secondo cui “il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio” (parametro che evidentemente affida alla prudente valutazione del giudice il riscontro nel caso concreto della sussistenza dell’indipendenza del professionista designato), l’anzidetta combinata previsione legislativa si struttura cioè attraverso la enucleazione di ipotesi che sono ex lege - di per sé (come palesato dall’inciso “in ogni caso”) sintomatiche di insussistenza di indipendenza.

E tali ipotesi non sono esclusivamente quelle di cui alle lett. a), b) e c) del 1° co. dell’articolo 2399 del codice civile, segnatamente, quella di cui alla lett. c), l’esser legati alla società, pur controllata o controllante:

“da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che compromettano l’indipendenza” – bensì anche quelle che si sostanziano nel “non avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo”

Gli Ermellini, inoltre, si soffermano sull’interpretazione della Corte di Appello, secondo cui l’esser legati alla società, recte all’imprenditore, da “un rapporto non continuativo attuale non varrebbe a minare l’indipendenza dell’attestatore, se non previa verifica della effettiva incidenza sulla indipendenza (…) e invece un rapporto non continuativo pregresso impedirebbe tout court di ravvisare l’indipendenza dell’attestatore (…).”

Ebbene, la locuzione “da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita”, figurante alla lett. c) del 1° co. dell’art. 2399, deve essere correttamente intesa “da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o da un rapporto di prestazione d’opera retribuita”.

Ben vero, la summenzionata opzione ermeneutica si impone non solo in chiave logica, giacché evidentemente una “prestazione d’opera intellettuale retribuita” ben può avere ad oggetto la realizzazione di un opus, di un risultato (cfr. Cass. 7.5.1988, n. 3389; Cass. 23.4.2002, n. 5928, secondo cui la prestazione d’attività professionale è configurabile come adempimento di un’obbligazione di risultato o di mezzi), sicché in tale evenienza la prestazione è destinata a rimaner circoscritta ai tempi di realizzazione dell’opus. Bensì si impone pur in chiave teleologica, alla luce della valenza di ordine generale degli interessi presidiati dalla relazione del professionista e, pertanto, dai requisiti di indipendenza e terzietà di cui lo stesso professionista deve essere in possesso, requisiti che evidentemente, in via mediata, concorrono alla salvaguardia dei medesimi interessi di carattere generale.

Alla luce dell’operata duplice puntualizzazione, il combinato disposto dell’art. 67, 3° co., lett. d) e dell’articolo 2399, debitamente inteso nella sua strutturazione “cumulativa” nonché in chiave logica e teleologica

“depone nel senso che costituisce ipotesi ex lege sintomatica di insussistenza di indipendenza quella integrata da un qualsivoglia rapporto, sia di durata sia destinato a definirsi nel tempo di compimento della prestazione d’opera autonoma (art. 2230 cod. civ.), intrattenuto con l’imprenditore che insta per l’ammissione al concordato, sia esso in essere alla data della proposizione della domanda di concordato”

sia esso esauritosi in epoca precedente, purché, in tal ultima evenienza, il rapporto di durata ovvero di prestazione d’opera autonoma si sia svolto nel quinquennio antecedente alla data in cui il professionista sia stato officiato per la redazione della relazione di cui al 3° co. dell’art. 161 della Legge Fallimentare.

Né è rilevante l’esiguità del compenso riconosciuto.

Così che

il professionista designato dal debitore ai sensi dell’articolo 161, 3° co., della Legge Fallimentare non è in possesso dei requisiti di indipendenza ex artt. 67, 3° comma, lett. d), Legge Fallimentare e 2399 codice civile, allorché, fra l’altro, abbia nei cinque anni antecedenti alla designazione ex art. 161, 3° comma, svolto per conto dello stesso debitore una prestazione d’opera autonoma

Brevi note tecniche e operative

È particolarmente interessante la pronuncia in esame che investe, in pratica, i requisiti di indipendenza dell’attestatore, introdotti dal cd. Decreto Sviluppo (D.L. n. 83/2012, conv. con modif. in L.n. 134/2012).

Antecedentemente, l’art. 67, comma 3, lett. d), del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, stabiliva che:

Non sono soggetti all’azione revocatoria (...) d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall’art. 28, lettere a) e b) ai sensi dell’articolo 2501 bis, quarto comma, del Codice civile

Pertanto, al professionista incaricato dell’attestazione veniva richiesto di:

  • essere iscritto nel registro dei revisori legali;
  • essere in possesso dei requisiti previsti per la nomina del curatore, ex art. 28 lett. a) e b), LF, ossia l’iscrizione all’albo degli avvocati, dei dottori commercialisti o degli esperti contabili, ovvero l’appartenenza ad una società tra professionisti o ad una associazione professionale.

Nonostante l’assenza di un espresso richiamo normativo, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto implicito nella normativa di riferimento il possesso del requisito dell’indipendenza da parte del professionista ( cfr. Cass. n. 2706/2009, secondo cui «quale che sia il ruolo che la legge ha inteso attribuire al professionista nei cui confronti non può non riconoscersi anche una posizione di terzietà pur se connotata da un rapporto di fiducia con l’imprenditore»).

Il cd. Decreto Sviluppo del 2012 ha integrato l’art. 67 della LF, richiedendo testualmente il possesso del requisito dell’indipendenza e richiamando l’articolo 2399, c.c., che disciplina gli elementi di terzietà che devono essere posseduti dai membri del collegio sindacale delle società di capitali.

Come rilevato nel corpo della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34/E/2020 - che si occupa della gestione delle proposte di transazione fiscale nelle procedure di composizione della crisi di impresa

in tale prospettiva, è stato definitivamente sancito che il professionista attestatore non debba essere legato all’impresa, ovvero a coloro che hanno interesse alla riuscita dell’operazione (come i creditori del contribuente in crisi): né da rapporti di natura personale; né da rapporti di natura professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio

Transazione fiscale nel concordato preventivo e nelle procedure concorsuali
Circolare Agenzia delle Entrate numero 34/E/2020

E per quanto concerne i rapporti personali, la stessa circolare n. 34/E del 2020 precisa che devono ritenersi ostativi, oltre a quelli previsti dal suddetto articolo 2399, c.c., anche le ulteriori situazioni che presentano con gli stessi profili di sostanziale identità:

“In tale ambito può, ad esempio, ricomprendersi la sussistenza di rapporti professionali abituali con il consulente dell’imprenditore che ha predisposto il piano”.

Inoltre, viene sottolineato che, “in ragione della centralità del ruolo attribuito al professionista attestatore, l’indipendenza non può essere intesa in senso meramente formale, dovendo, invece, essere assicurata da un punto di vista sostanziale, così da garantire l’autonomia di giudizio e l’indipendenza economica dell’attestatore rispetto al debitore

Elementi utili a supporto possono, tra l’altro, essere concretamente rinvenuti nelle clausole contrattuali che regolano la modalità di determinazione del corrispettivo dovuto per l’esecuzione della prestazione:

Ad esempio, appare opportuno che il compenso venga compiutamente determinato al momento dell’accettazione dell’incarico, così come la relativa corresponsione che deve avvenire attraverso una precisa calendarizzazione, articolata, eventualmente, in uno o più acconti cui si aggiunge il saldo finale, ed in base allo stato di avanzamento dell’attività

Di contro:

possono essere ritenuti sintomatici dell’assenza di indipendenza eventuali accordi negoziali che subordinano il pagamento del corrispettivo al rilascio di un positivo giudizio di fattibilità del piano, ovvero all’intervenuta omologa da parte del Tribunale: il lavoro di asseverazione si configura come una prestazione di mezzi e non di risultato ed è, pertanto, incompatibile con la presenza di premi di risultato (o success fee) che, per loro natura, incidono negativamente sulla sussistenza delle condizioni di indipendenza

Osservano sempre gli estensori della circolare n. 34/E/2020 che, nel caso in cui il Tribunale, nel corso del procedimento per l’ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo, accerti il difetto del presupposto dell’indipendenza, nonostante il professionista abbia rilasciato l’attestazione, oltre alle conseguenze di ordine civile e penale che attengono alla sua personale sfera giuridica, si producono inevitabili effetti che vanno a minare la legittimità della procedura compositiva.

Tale ultima considerazione resta valida anche nelle fattispecie di sopravvenuta carenza del requisito.

Qualora la suddetta mancanza venga rilevata in sede di ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo:

“la relazione di attestazione potrà essere invalidata dal giudice e dichiarata priva di efficacia, segnando così inesorabilmente la chiusura della procedura. L’assenza del requisito potrà in ogni caso essere rilevata anche mediante l’impugnazione del decreto di omologazione, costituendo vizio idoneo a provocare la revoca del decreto medesimo”

Sul punto la circolare n. 34/E/2020 delle Entrate richiama la circolare del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili n. 30/IR-2013, che a tal riguardo precisa che:

[…] occorre aggiungere in proposito che lo stesso professionista potrebbe «autocensurarsi» quando pur possedendo i requisiti di indipendenza […] Ritenesse compromessa la propria obiettività di giudizio in ragione di particolari rapporti intrattenuti con l’imprenditore committente (o con gli amministratori, se tratta di società) ovvero con un creditore

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