Regime impatriati valido anche per i lavoratori in smart working in Italia, ma dipendenti di una società estera. Via libera alla riduzione dell'imponibile pari al 70 per cento. Lo chiarisce l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 596 del 16 settembre 2021.
Regime impatriati: in presenza dei requisiti che permettono di applicare una riduzione dell’imponibile pari al 70 per cento, anche per i lavoratori dipendenti di una società estera, che svolgono la loro attività in smart working in Italia, è possibile accedere ai benefici previsti.
Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 596 del 16 settembre 2021.
Regime impatriati, agevolazioni anche per i lavoratori in smart working in Italia
Lo spunto per fare luce su smart working e possibilità di accedere al regime riservato agli impatriati arriva dall’analisi di un caso pratico.
Protagonista è un cittadino italiano che si è trasferito negli Stati Uniti nel 2013, e risulta iscritto all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero dal 2019. Nel 2021 ha raggiunto un accordo con il datore di lavoro per lavorare in smart working in Italia, restando suo dipendente per due anni.
Alla luce della sua condizione, si rivolge all’Agenzia delle Entrate per verificare la possibilità di beneficiare del regime agevolato previsto per i lavoratori impatriati.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 16 del Decreto legislativo numero 147/2015, il reddito di lavoro dipendente (o assimilato) e di lavoro autonomo prodotto in Italia per chi rientra dall’estero concorre alla formazione del reddito complessivo per un valore pari al 30 per cento dell’ammontare, percentuale che scende al 10 per cento in caso di residenza in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.
Con la risposta all’interpello numero 596 del 16 settembre 2021, dall’Agenzia delle Entrate arriva il via libera alla fruizione delle agevolazioni:
“Con riferimento al caso di specie, si ritiene che l’Istante, laddove risultino soddisfatti tutti i requisiti richiesti dalla norma in esame, non oggetto di verifica in sede di interpello, potrà beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’articolo 16, comma 1, del d.lgs. n. 147 del 2015 - come modificato dall’articolo 5 del d.l. n. 34 del 2019, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni e integrazioni - per i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2021, nel quale trasferisce la residenza fiscale in Italia, e per i successivi quattro periodi di imposta”.
E non solo: dal momento che il contribuente ha una figlia minorenne potrà anche beneficiare del prolungamento del regime per i lavoratori impatriati, applicando una tassazione del reddito agevolato pari al 50 per cento per altri cinque periodi di imposta aggiuntivi.
Regime impatriati, agevolazioni accessibili anche per i lavoratori in smart working?
Nel motivare la sua risposta, l’Agenzia delle Entrate riepiloga le regole di accesso alle agevolazioni stabilite dall’articolo 16 del decreto legislativo n.147/2015 che ha introdotto il regime speciale per i lavoratori impatriati e che è stato rivisto in maniera importante dal Decreto Crescita nel 2019.
In linea generale, per beneficiare della riduzione dell’imponibile è necessario rispettare le condizioni che seguono:
- trasferire la residenza in Italia;
- non essere stato residente in Italia nei due periodi di imposta antecedenti al trasferimento e impegnarsi a essere residenti in Italia per almeno due anni;
- svolgere l’attività lavorativa prevalentemente in Italia.
La pratica dello smart working, che si è diffusa in tutto il mondo in questo periodo di pandemia, offre ai lavoratori anche la possibilità di essere dipendenti in uno Stato e di lavorare fisicamente in un altro, come nel caso analizzato.
Le regole d’accesso al regime degli impatriati, però, si concentrano solo sulla presenza del contribuente sul territorio italiano e non fanno riferimento anche alla necessità di avere un datore di lavoro italiano.
Nel testo della risposta all’interpello numero 596 del 16 settembre 2021, infatti, si legge:
“Al paragrafo 7.5 della detta circolare n. 33/E del 2020 viene precisato che il citato articolo 16, come modificato dall’articolo 5, comma 1, del decreto legge n. 34 del 2019, non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato, pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti)”.
Non c’è dubbio, quindi, che il lavoratore italiano dipendente di una società statunitense in smart working in Italia possa beneficiare del regime agevolato e, vista la sua condizione familiare, prolungare per altri cinque anni i benefici.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Regime impatriati: via libera anche per i lavoratori in smart working in Italia, ma dipendenti all’estero