Redditometro: il contribuente deve dimostrare con una documentazione idonea che il reddito accertato è costituito da redditi esenti e da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta. Se supportate in maniera adeguata, anche le dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale possono essere portate in giudizio. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 5589 del 2 marzo 2021.
In caso di accertamento sintetico, il contribuente ha l’onere di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, utilizzati per coprire le spese contestate.
Anche le dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale - ad esempio del genitore che attesta di aver finanziato l’acquisto del bene attenzionato - possono essere prodotte in giudizio, a condizione che siano supportate da idonea documentazione.
Questo il contenuto dell’Ordinanza n. 5589 del 2 marzo 2021.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 5589 del 2 marzo 2021
- Il testo integrale dell’Ordinanza numero 5589 del 2 marzo 2021 della Corte di Cassazione.
La sentenza – La controversia ha preso le mosse dall’impugnazione da parte di un contribuente di due avvisi di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate aveva rettificato, ai fini IRPEF, il reddito dichiarato sulla base del cd. redditometro.
La C.T.P., nell’accogliere il ricorso, ha ritenuto giustificati gli acquisti di due immobili, effettuati con elargizioni di somme di denaro ricevute dalla madre.
La CTR ha confermato la sentenza di primo grado, respingendo l’appello dell’Amministrazione finanziaria e, avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.
La ricorrente ha lamentato, per quanto di interesse, violazione delle disposizioni normative sull’accertamento sintetico dei redditi e sugli oneri probatori gravanti sulle rispettive parti.
La Corte di Cassazione ha ribaltato il giudizio e ha accolto il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria. Per l’effetto, i giudici hanno cassato con rinvio la sentenza impugnata.
I giudici di legittimità hanno ribadito l’orientamento secondo cui, il dettato dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973, prevede che il controllo della congruità dei redditi dichiarati venga effettuato partendo da dati certi ed utilizzando gli stessi come indici di capacità di spesa, per dedurne, avvalendosi di specifici e predeterminati parametri di valorizzazione, il reddito presuntivamente necessario a garantirla.
Quando il reddito determinato in tal modo si discosta da quello dichiarato per almeno due annualità, l’ufficio può procedere all’accertamento con metodo sintetico, accertando il reddito induttivamente e quindi utilizzando i parametri indicati, a condizione che il reddito così determinato sia superiore di almeno un quarto a quello dichiarato.
Dal lato probatorio, il contribuente accertato ha l’onere di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta.
In realtà la norma, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi siano stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere.
La Corte di cassazione ha peraltro aggiunto che anche al contribuente, così come all’Amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta la possibilità “d’introdurre nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, e, quindi, anche dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, le quali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e come tali devono essere valutate - non potendo costituire da sole il fondamento della decisione - nel contesto probatorio emergente dagli atti”.
Il giudice tributario ha il potere-dovere di valutare l’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni: “in tal caso, il giudice di secondo grado non potrà limitarsi ad affermare la valenza indiziaria della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ma dovrà altresì procedere alla valutazione del contenuto della stessa rispetto al compendio probatorio divisato”.
Nel caso de qua i giudici di appello non hanno fatto buongoverno dei principi di diritto affermati dalla Corte, con specifico riguardo agli oneri probatori gravanti sulle parti, giungendo a conclusioni sfavorevoli all’ufficio sulla base di considerazioni non palesate in sentenza e senza analizzare gli argomenti su cui si fondava l’atto impositivo.
Inoltre, in assenza di qualsiasi elemento documentale offerto dal contribuente, hanno acriticamente respinto l’appello dell’ufficio.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Redditometro: ok alle dichiarazioni di terzi se documentate