Redditometro: stop alla motivazione apparente

Emiliano Marvulli - Imposte

Redditometro, nel caso di accertamento sintetico il giudice deve sempre condurre un accertamento analitico delle prove presentate in giudizio dal contribuente. Lo spiega la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 5504 del 21 febbraio 2022. Non ci si può limitare a giudizi sommari senza riferimento ai documenti del processo.

Redditometro: stop alla motivazione apparente

In tema di accertamento sintetico il giudice di merito deve sempre condurre un accertamento analitico delle prove offerte in giudizio dal contribuente, non potendosi limitare a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo.

Queste le indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 5504 del 21 febbraio 2022.

La decisione - La controversia nasce dal ricorso di un contribuente avverso un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate con il metodo del redditometro.

L’Ufficio ha ritenuto che i redditi del contribuente fossero incongruenti rispetto alle spese sostenute per incrementi patrimoniali e al finanziamento infruttifero eseguito in favore della Società Immobiliare Esse Vi.BM s.r.l., della quale il ricorrente possedeva il 25 per cento delle quote.

A conferma della sentenza di primo grado i giudici della CTR hanno rigettato l’appello del contribuente, sostenendo che questi non avesse dato prova della disponibilità di fondi atti a giustificare le spese sostenute.

Il soggetto accertato ha impugnato dinanzi alla corte di Cassazione la decisione d’appello lamentando violazione dell’art. 38, co. 4 del DPR n. 600/1973 per non aver la CTR valutato la copiosa documentazione prodotta a giustificazione delle spese sostenute nell’anno sottoposto a controllo.

In tema di accertamento sintetico condotto nei confronti delle persone fisiche la Corte di Cassazione ha ricordato che l’Amministrazione è dispensata da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, restando invece a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori in sede di contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore rispetto al quantum accertato.

Qualora l’Ufficio ritenga di escludere, in tutto o in parte, la rilevanza e completezza delle giustificazioni offerte dal contribuente, deve darne atto in motivazione, pena la nullità dell’avviso di accertamento.

L’organo giudicante deve poi effettuare un esame analitico delle prove di parte, non potendosi limitare a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo.

Con riguardo poi alla prova di cui il contribuente è onerato, la giurisprudenza ha identificato le fonti economiche che possono giustificare la spesa, circoscrivendone peraltro i confini entro cui esse assumono efficacia di prova contraria ai fattori-indice di capacità contributiva evidenziati dalla Amministrazione finanziaria.

Rileva, in particolare, la posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, “costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’accertamento, nel vincolo che li lega.”

Nel caso di specie il giudice d’appello non ha dato corretta attuazione ai suddetti principi perché la sentenza non ha effettuato alcun riferimento al caso concreto e non ha espresso alcun giudizio critico sulla documentazione prodotta nel processo.

La motivazione della sentenza impugnata si riduce così ad un giudizio circolare, del tutto apparente, che impedisce di controllare attraverso quale concreto percorso logico la commissione regionale fosse pervenuta alle sue conclusioni.

Da ciò l’accoglimento del ricorso proposto dal contribuente e la dichiarazione di nullità della sentenza di secondo grado.

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