La norma di comportamento numero 225 dell'AIDC fornisce le indicazioni per la determinazione della base imponibile per la tassazione dei redditi di capitale nelle ipotesi di soggetti non residenti in Italia ma in altri Stati dell'UE. Si devono scomputare dagli interessi attivi gli oneri con un nesso diretto con gli stessi finanziamenti
Come deve essere determinata la base imponibile per la tassazione dei redditi di capitale nel caso di società che sono residenti in altri Stati dell’Unione europea?
Le indicazioni sono state fornite con la norma di comportamento numero 225 dell’AIDC, l’associazione italiana dottori commercialisti.
Il documento spiega che la base imponibile dell’imposizione diretta sugli interessi riconosciuti per finanziamenti erogati da società ed enti commerciali residenti in altri Stati dell’UE deve essere determinata scomputando dagli interessi attivi gli oneri, che abbiano un nesso diretto con gli stessi finanziamenti, sostenuti dai percipienti.
Redditi di capitale: come determinare la base imponibile nel caso di società residenti in altri Stati UE
Con la norma di comportamento numero 225, l’AIDC fornisce chiarimenti sulle regole relative alla determinazione della base imponibile per la tassazione dei redditi di capitale.
Il documento prende in considerazione quelli percepiti da società ed enti locali residenti in altri Stati dell’UE.
Nel documento viene chiarito quanto di seguito riportato:
“La base imponibile dell’imposizione diretta applicata ai sensi dell’articolo 26, comma 5 del DPR 600/1973 sugli interessi riconosciuti a fronte di finanziamenti erogati da società ed enti commerciali residenti in altri Stati membri è determinata scomputando dagli interessi attivi gli oneri, che abbiano un nesso diretto con gli stessi finanziamenti, sostenuti dai percipienti.”
I redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, secondo quanto stabilito dall’articolo 26 comma 5 del DPR 600/1973.
In tali redditi sono ricompresi quelli realizzati nell’esercizio di attività commerciale, che non si riferiscono a una stabile organizzazione in Italia.
A riguardo le regole sono fornite dall’articolo 151 del TUIR, che stabilisce che il reddito complessivo: “è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato”.
Vengono intesi come redditi prodotti nello Stato quelli prodotti in Italia, ovvero i redditi di capitale, tra i quali sono inclusi gli interessi, corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti.
Sono invece esclusi gli interessi e gli altri proventi che derivano da depositi e conti correnti bancari e postali.
Nei casi in cui è previsto l’assoggettamento alla tassazione, il sostituto d’imposta deve applicare la ritenuta alla fonte.
Sono però previste esenzioni e riduzioni della tassazione:
“per disposizioni normative interne, in ragione di eventuali accordi internazionali conclusi dall’Italia o, ancora, ricorrendone i presupposti, in applicazione della Direttiva 2003/49/CE del Consiglio del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi.”
Sulla base di quanto previsto dall’ordinamento unionale, l’applicazione agli interessi percepiti dai non residenti di una ritenuta alla fonte rappresenta una restrizione alla libera prestazione di servizi.
Tale restrizione può però essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, tra i quali rientra la necessità di un’efficacia nella riscossione delle imposte.
Si ritiene quindi compatibile con l’art. 56 del TFUE una normativa nazionale:
“in forza della quale una procedura di ritenuta alla fonte dell’imposta è applicata alla remunerazione degli istituti di credito non residenti nello Stato membro nel quale sono forniti i servizi, mentre la remunerazione versata agli istituti di credito residenti di tale Stato membro non è soggetta ad una siffatta ritenuta alla fonte, a condizione che l’applicazione agli istituti di credito non residenti della ritenuta alla fonte sia giustificata da motivi imperativi d’interesse generale e non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito”.
Redditi di capitale: il principio di libera prestazione dei servizi
Nel documento dell’AIDC viene richiamato anche il principio di proporzionalità.
Tale principio implica che nel caso della tassazione degli interessi deve essere rispettato il principio di libera prestazione dei servizi.
Questo principio, a sua volta, prevede che in relazione alle spese professionali che si riferiscono all’attività esercitata i prestatori residenti e non residenti devono essere nella stessa situazione.
L’obiettivo è quello di evitare un effetto discriminatorio nell’applicazione agli interessi percepiti dai soggetti non residenti.
Risulta quindi necessario permettere anche a questi ultimi di dedurre le spese professionali direttamente connesse alla produzione degli interessi stessi.
Non è neppure possibile prevedere un trattamento differente rispetto alle altre categorie di prestazioni.
I percettori non residenti hanno quindi il diritto, nel rispetto degli adempimenti previsti, di ottenere la deduzione non solo di quelle spese professionali per le quali è relativamente facile stabilire il nesso diretto con il finanziamento (ad esempio spese di viaggio, di alloggio o di consulenza legale e tributaria):
“ma anche quelle per le quali può risultare più difficile stabilire una stretta relazione con un determinato prestito finanziario (i.e. oneri finanziari sostenuti dal mutuante per procurarsi la provvista).”
Non si può infatti escludere la possibilità che un non residente possa produrre la documentazione per dimostrare la natura di tali spese professionali.
Tra le spese necessarie all’esercizio dell’attività di finanziamento, è stata ricompresa la quota delle spese generali dell’istituto di credito idonea ad essere considerata necessaria alla concessione di un determinato prestito finanziario.
Potrebbe infatti accadere che il mutuante sostenga interessi passivi per garantirsi i mezzi per erogare il finanziamento, senza compromettere il riconoscimento della sua condizione di beneficiario effettivo.
Un esempio che viene citato è quello di un gruppo multinazionale che intende accentrare tutti i servizi di tesoreria e finanziamento in un’unica società.
Nel caso in esame l’applicazione del principio di libera prestazione di servizi, renderebbe l’obbligazione tributaria da calcolare sugli interessi al netto della quota di spese generali e di oneri finanziari riferibili ai redditi di capitale prodotti in Italia. Di conseguenza la percipiente non residente avrebbe diritto al rimborso dell’eccedenza corrisposta sotto forma di ritenute applicate dal sostituto d’imposta.
Si deve inoltre considerare l’applicazione della stessa imposta tra residenti e non residenti.
Il diritto alla deduzione da parte del percettore non residente si applica anche nell’ipotesi di inapplicabilità dell’esenzione prevista della direttiva 2003/49.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Redditi di capitale: calcolo base imponibile per società residenti in altri Stati UE