Reclamo e mediazione: definizione dell'istituto, analisi dei relativi vantaggi e principali riferimenti della normativa vigente. A cura di Gianfranco Antico.
Il reclamo e mediazione è lo strumento deflativo del contenzioso, che verifica preventivamente la possibilità di definire la lite potenziale sulla base di un giudizio prognostico, nell’ottica di risolvere anticipatamente i conflitti tributari.
Come è noto, l’articolo 39, comma 9, del D.L. 98/2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L.111/2011, ha inserito nel D.Lgs.n.546/92, l’art.17-bis, rubricato “Il reclamo e la mediazione”, per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro (in precedenza si era partiti con il limite a 20.000), relative ad atti dell’Agenzia delle Entrate, notificati a decorrere dal 1° aprile 2012.
L’istituto ha superato il vaglio costituzionale.
Infatti, per la Corte – ordinanza numero 38 del 15 febbraio 2017 - il reclamo e la mediazione tributaria
“col favorire la definizione delle controversie (che rientrino nel menzionato àmbito di applicazione dei due istituti) nella fase pregiurisdizionale introdotta con il reclamo, tendono a soddisfare l’interesse generale sotto un duplice aspetto:
- da un lato, assicurando un più pronto e meno dispendioso (rispetto alla durata e ai costi della procedura giurisdizionale) soddisfacimento delle situazioni sostanziali oggetto di dette controversie, con vantaggio sia per il contribuente che per l’amministrazione finanziaria;
- dall’altro, riducendo il numero dei processi di cui sono investite le commissioni tributarie e, conseguentemente, assicurando il contenimento dei tempi ed un più attento esame di quelli residui (che, nell’àmbito di quelli promossi nei confronti dell’Agenzia delle entrate, comportano le più rilevanti conseguenze finanziarie per le parti)”
L’originario impianto è stato rivisitato dall’articolo 1, comma 611, lett.a), della Legge numero 147/2013 che ha introdotto delle modifiche che hanno impattato sull’istituto dal 2 marzo 2014 e che possono essere così sintetizzate:
- la presentazione del reclamo è condizione di procedibilità e non più di ammissibilità del ricorso;
- la riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto impugnato sono sospesi ex lege in pendenza del procedimento di mediazione, a prescindere dalla presentazione di una richiesta di parte;
- si applicano le disposizioni sui termini processuali;
- la mediazione produce effetti anche sui contributi previdenziali e assistenziali, per i quali non sono dovuti né sanzioni né interessi.
Reclamo e mediazione: semplificazione con introduzione automatica del ricorso
Successivamente, l’articolo 9, comma 1, lett.d), del D.Lgs.n.156/2015, ha integralmente sostituito il precedente testo dell’art.17-bis, del D.Lgs.n.546/92, con il precipuo scopo di semplificare ulteriormente gli adempimenti, prevedendo l’introduzione automatica della mediazione con la sola presentazione del ricorso, con la facoltà per il contribuente di inserire anche una proposta di mediazione.
Sul punto, di recente, la Corte di Cassazione – sentenza numero 26597 del 9 settembre 2022 – ha osservato che il Decreto Legislativo numero 546/1992 nel caso di specie
“il procedimento di mediazione - nel suo effettivo svolgimento e secondo gli specifici contenuti delle posizioni espresse dalle parti - si è chiuso in difetto di ogni intesa tra le stesse parti, così che il ricorso è divenuto procedibile (scaduto il termine di sospensione di novanta giorni) e ciascuna parte ha liberamente assunto la posizione processuale consentanea agli interessi sostanziali perseguiti.
Né, all’evidenza, e diversamente da quanto assume il motivo in esame, l’Ente impositore era tenuto a (indefinitamente) prestarsi ad ogni tentativo di soluzione concordata, qual formulata da controparte, una volta esposta la propria proposta di mediazione e questa essendo risultata inidonea alla conclusione di un’intesa”
Reclamo e mediazione 2022: l’unico criterio rimane il valore della controversia
Se in sede di prima stesura normativa, l’istituto della mediazione tributaria si caratterizzava per la presenza di tre criteri, normativamente individuati, la cui contestuale sussistenza imponeva, a chi intendeva proporre ricorso, di esperire preventivamente e obbligatoriamente la procedura di mediazione (tipologia di atto impugnato, parte resistente nell’eventuale giudizio e valore della controversia), oggi, invece, l’unico vero criterio direttivo è dato dal valore della controversia.
Inoltre, la mediazione ha un ambito di applicazione più ampio e in parte diverso rispetto all’accertamento con adesione e agli altri istituti deflattivi del contenzioso tributario, atteso che non riguarda solo gli accertamenti, ma tutti gli atti impugnabili, compresi i dinieghi di rimborso.
Reclamo e mediazione: differenze con l’accertamento con adesione
Emerge, con nettezza, quindi, che i due istituti – adesione e mediazione - non sono sovrapponibili.
Infatti, come rilevato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 9/E/2012, il procedimento di mediazione è “proiettato” sul processo tributario e induce il contribuente e l’Ufficio – anche attraverso il rilevato carattere di obbligatorietà – ad anticipare l’esito dell’eventuale giudizio e, quindi, a porre in essere ogni determinazione idonea ad evitare l’instaurazione di un processo dall’esito negativo e, comunque, incerto.
In pratica si gioca a carte scoperte.
Inoltre, se la presentazione dell’istanza di adesione è facoltativa, la mediazione è obbligatoria per gli atti di valore non superiore a 50 mila euro, imponendo all’Ufficio di esaminarla sistematicamente e di riscontrarla in maniera espressa.
La mediazione, inoltre, investe anche una serie di atti degli Uffici territoriali (si pensi al silenzio rifiuto all’istanza di rimborso) che prima non trovavano spazi di contraddittorio con l’Ufficio.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Reclamo e mediazione: il quadro normativo generale