Le associazioni hanno da sempre suddiviso la compagine dei soci in diversi sotto gruppi, e diversificato l'importo da versare come quota associativa a seconda di molteplici aspetti, spesso però dimenticandosi di alcuni principi fondamentali che è sempre bene rispettare.
Quando parliamo di associazioni delineiamo un settore caratterizzato da equilibri particolari e fondamentali al fine del suo funzionamento. Difatti la qualità fondante di tali enti è la compresenza delle persone. Il socio rappresenta l’elemento essenziale dell’esistenza stessa dell’associazione, per questo la sua figura deve essere codificata attraverso specifiche normative ed alla stregua di determinati principi da perseguire.
La Riforma del Terzo settore ha portato le associazioni a confrontarsi con i propri statuti, dovendone analizzare la forma e il contenuto al fine di poterli adeguare alle nuove disposizioni normative e questo processo ha fatto nuovamente riaffiorare alcune tematiche di vasto interesse non sempre chiare agli utilizzatori.
Una delle più diffusamente percepite è stata forse quella relativa alla quota associativa, alle diverse categorie di soci e al trattamento che essi dovrebbero avere in base al versamento differenziato della stessa.
La quota associativa
La quota associativa non è altro che un contributo che il socio versa all’associazione al fine di poter usufruire dei diritti previsti dal codice civile, dal codice del terzo settore ed infine esplicitati dallo statuto associativo, quali ad esempio eleggere gli organi sociali, votare in sede di Assemblea dei soci ed altri.
La quota associativa deve essere versata ogni anno sociale, e dal suo versamento dipende la possibilità che ha il socio di partecipare attivamente alla vita dell’ente ed usufruire dei diritti ad esso concessi.
Si tratta se così possiamo definirla di un contributo a fondo perduto in quanto essa non è trasmissibile e non può essere oggetto di rimborso.
Il socio versa tale quota per entrare a far parte dell’associazione o per rinnovare la sua iscrizione e beneficiare dei diritti ad essa connessi.
Tipologie dei soci e quote sociali diversificate
Le associazioni molto spesso diversificano le tipologie dei soci sulla base di differenti criteri, scelti in base al tipo di ente e alle attività da esso svolte o per le finalità perseguite, possono infatti essere suddivisi in base all’età o al grado di affinità che possono avere con i soggetti precedentemente iscritti all’ente, o in base al ruolo che ricoprono nella società.
Possiamo difatti avere nella compagine associativa classificazioni che comprendono alcune delle seguenti figure:
- socio ordinario;
- socio familiare;
- socio onorario;
- socio minore;
- socio senior.
Queste non sono chiaramente delle classi stabilite ed uguali per tutti ma solo alcuni esempi di ciò che si trova più frequentemente all’interno degli statuti delle associazioni.
Il punto essenziale è però capire che le varie classificazioni che possono esser fatte non hanno valenza alcuna al fine della fruizione dei diritti associativi e del rispetto dei doveri che la qualifica di socio porta con sé.
Principio di uguaglianza e democraticità: quote diversificate e diritti associativi
Il codice del terzo settore non scende mai nel dettaglio sul tema delle quote sociali, almeno non per disciplinarne l’entità e l’eventuale diversificazione, per questo la disciplina inerente al trattamento dei soci e dei diritti ad essi attribuiti in base al versamento della stessa dobbiamo ricercarla nella normativa riguardante gli aspetti fiscali.
E’ difatti l’art.148 comma 8 lettera c) del TUIR che pone le basi per l’esplicazione del principio di uguaglianza e di democraticità, nello specifico difatti sancisce che:
“per beneficiare della defiscalizzazione dei corrispettivi specifici lo statuto dell’ente deve prevedere una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione”.
Al fine quindi che i principi di democraticità ed uguaglianza siano rispettati, per far si che le entrate codificate come quote associative possano essere considerate istituzionali e non commerciali, è importante che al socio comunque esso sia inquadrato, qualsiasi sia l’importo da lui versato come quota associativa, siano garantiti pari diritti e pari doveri.
L’agenzia delle entrate con la circolare 18/E del 01/08/2018 ha difatti anch’essa confermato che anche in presenza di quote diversificate e differenti categorie di soci non vi sono irregolarità a patto che siano garantiti a tutti pari diritti e doveri all’interno dell’ente.
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 18/E del 1° agosto 2018
- : Questioni fiscali di interesse delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, emerse nell’ambito del Tavolo tecnico tra l’Agenzia delle entrate ed il Comitato Olimpico Nazionale Italiano.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Soci e quote associative: importi diversi ma stessi diritti