Quando scatta il divieto di utilizzo in sede giudiziaria dei documenti non esibiti in sede amministrativa? Deve prima esserci la specifica richiesta da parte degli agenti accertatori. A precisarlo la Corte di Cassazione
Il divieto di utilizzo in sede giudiziaria dei documenti non esibiti in sede amministrativa presuppone che vi sia stata una specifica richiesta degli agenti accertatori, non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di qualcosa che non si è richiesto.
L’onere della prova incombe sull’Amministrazione finanziaria, costituita dall’invito specifico e puntuale all’esibizione di dati e documenti, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza.
Sono queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 19884 del 2024.
La preclusione processuale non scatta senza la previa espressa richiesta da parte dell’Agenzia delle Entrate
La controversia ha ad oggetto il ricorso proposto da un contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio finanziario aveva rettificato presuntivamente il reddito dichiarato in applicazione del cd. redditometro, in base al possesso di beni indice costituiti da un immobile, un motoveicolo e un’autovettura.
Sia la CTP che la CTR hanno respinto le doglianze del contribuente, il quale ha impugnato davanti alla Corte di Cassazione la sentenza di secondo grado lamentando, per quanto qui interessa, violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 del DPR n. 600 del 1973, per aver la CTR negato l’ammissibilità della produzione di documenti atti a superare la previsione del citato art. 32.
La Corte di Cassazione ha deciso per la fondatezza del motivo e ha cassato con rinvio la decisione impugnata.
In tema di dati e informazioni richiesti da parte dei verificatori dell’amministrazione finanziaria nel corso di accessi, ispezioni e verifiche, l’articolo 52, comma 5, del DPR n. 633/1972 dispone che:
“i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione.”
A riguardo la Corte di Cassazione ha già chiarito che l’omessa o intempestiva risposta dei dati richiesti dall’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento fiscale comporta l’automatica inutilizzabilità, amministrativa e processuale, della documentazione prodotta tardivamente, in quanto la comminatoria è direttamente ed oggettivamente riferita alla sussistenza di tale condotta, non essendo richiesto alcun ulteriore meccanismo di attivazione di parte.
In tal caso, quindi, è legittima l’emissione del relativo avviso di accertamento.
Quando scatta la preclusione processuale?
La Cassazione ha tuttavia precisato che il divieto di utilizzo in sede giudiziaria dei documenti non esibiti in sede amministrativa, previsto dal richiamato articolo 52, presuppone che vi sia stata una specifica richiesta degli agenti accertatori, non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di qualcosa che non si è richiesto.
In particolare, la preclusione opera non solo nell’ipotesi di rifiuto dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere i documenti in suo possesso, o li sottragga all’ispezione, non allo scopo di impedire la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto dovuto, ad esempio, a dimenticanza, disattenzione o a carenze amministrative.
In altre parole, la sanzione della inutilizzabilità ha carattere eccezionale e deve essere interpretata alla luce degli articoli 24 e 53 della Costituzione, in modo da non comprimere il diritto di difesa del contribuente e da non obbligare lo stesso a pagamenti non dovuti.
Pertanto, l’omessa esibizione, da parte del contribuente, dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del DPR n. 600/1973, solo in presenza degli specifici presupposti, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituita dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza.
Ragionando al contrario, se l’Amministrazione invia al contribuente un questionario contenente solo l’indicazione specifica dei documenti ritenuti rilevanti e di cui si chiede l’esibizione, senza l’espresso avvertimento che, in caso di mancata o insufficiente risposta, opera la preclusione processuale dell’impossibilità di successivo deposito nella eventuale fase contenziosa, detta preclusione non scatta e il contribuente può a ragione fornire documenti nuovi in fase processuale.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: La preclusione processuale non scatta senza la previa espressa richiesta dell’AdE