I trentenni di oggi che hanno iniziato a lavorare nel 2022 potranno andare in pensione a 70 anni. Questo lo scenario delineato dal simulatore delle pensioni INPS
I giovani vedono la pensione sempre più lontana. Un trentenne che ha iniziato a lavorare da poco potrà ritirarsi dal lavoro tra i 66 anni e 9 mesi e i 74 anni d’età.
Il servizio Pensami dell’INPS per la simulazione degli scenari pensionistici, fresco di aggiornamento, mostra che chi oggi ha trent’anni, quindi nato nel 1994, e ha iniziato a lavorare ad esempio nel 2022, potrà andare in pensione a 69 anni e 10 mesi, quindi a quasi 70 anni, purché abbia maturato almeno 20 anni di contributi.
La pensione anticipata scatterebbe a 66 anni e 9 mesi ma l’importo dell’assegno deve essere, secondo le regole in vigore oggi, pari ad almeno 1.603,23 euro mensili.
In assenza del requisito di contribuzione di 20 anni, poi, l’età minima per la pensione di vecchiaia sale a 74 anni.
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I trentenni di oggi andranno in pensione a 70 anni, il calcolo del simulatore INPS
Il 10 giugno l’INPS ha comunicato di aver aggiornato il servizio Pensami, pensione a misura, con le novità 2024, in particolare in relazione gli adeguamenti agli incrementi alla speranza di vita dei requisiti pensionistici e a Quota 103 (con requisiti maturati entro il 31 dicembre 2023).
L’aggiornamento degli scenari per tener conto delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 è, invece, in via di definizione.
Ebbene, il simulatore degli scenari pensionistici, accessibile dal sito INPS oppure dall’App tramite smartphone e tablet anche senza registrazione, mostra il tortuoso percorso che i giovani dovranno seguire per poter arrivare alla pensione.
Prendiamo l’esempio di un giovane trentenne che ha iniziato a lavorare stabilmente come dipendente privato da poco, dall’inizio del 2022, cosa non rara considerando gli anni di studio e la discontinuità lavorativa, con contratti precari e instabili.
In questo caso potrà andare in pensione, se in possesso di almeno 20 anni di contribuzione, tra il 2063 e il 2064, cioè al raggiungimento dell’età minima di 69 anni e 10 mesi, quindi a quasi 70 anni.
Il requisito scende (anche se resta alto) per la pensione anticipata. Qui l’età minima è di 66 anni e 9 mesi, ma sono necessari 20 anni di contributi e un importo dell’assegno pensionistico, che stando alle regole in vigore oggi, deve essere pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale, 1.603,23 euro mensili per il 2024.
Uno scenario improbabile, dato che senza interventi volti a contrastare precarizzazione e discontinuità lavorativa e retribuzioni basse saranno poche le persone che che potranno beneficiare di questa possibilità.
Ecco allora che si fa largo l’ipotesi di una pensione di vecchiaia senza requisiti di importo e con meno di 20 anni di contribuzione. In questo caso i giovani non potranno andare in pensione prima dei 74 anni d’età.
Uno scenario cupo, quindi, quello che si prospetta per le giovani generazioni che si fanno strada nel mondo del lavoro e che senza interventi mirati avranno sempre meno certezze.
Verso una riforma delle pensioni?
Tornando al presente, vedremo se sarà il 2025 l’anno in cui troverà spazio l’attesa riforma delle pensioni, ormai in cantiere da tempo.
Quello che è certo è che a fine anno sono in scadenza le misure per il pensionamento anticipato già in vigore e prorogate, con penalizzazioni, al 2024: Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale.
Il problema dei fondi disponibili però lascia poco spazio di manovra, con le probabilità di una nuova proroga che crescono.
Una soluzione potrebbe arrivare entro ottobre dal CNEL, il quale sta lavorando alla realizzazione di 4 documenti tecnici in cui saranno messe in evidenza le criticità del sistema attuale e saranno tracciate le linee per una possibile riforma.
Sulla base di tali documenti sarà, poi, messa a punto una proposta di disegno di legge di riforma del sistema pensionistico, che spetterà al Governo valutare, magari in tempo per la stesura della Legge di Bilancio 2025.
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