La pace fiscale rischia di diventare un insuccesso annunciato ed è improbabile che basti a finanziare flat tax e riforma delle pensioni. Dati allarmanti sull'evasione nell'audizione del Direttore dell'Agenzia delle Entrate.
Basterà la pace fiscale per finanziare le riforme del Governo Lega e M5S? Dalla flat tax fino alla riforma pensioni pare che sarà molto meno semplice di quanto sostenuto fino ad oggi.
I dati forniti dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, nel corso dell’audizione del 4 luglio 2018 presso la VI Commissione Finanze presso la Camera, tracciano il quadro completo dell’evasione fiscale e contributiva in Italia. I dati sono tutt’altro che confortanti.
L’importo totale dei crediti affidati prima ad Equitalia e poi all’Agenzia delle Entrate-Riscossione è pari a 817 miliardi di euro ma di questi soltanto 448,9 miliardi risultano effettivamente recuperabili e, al contrario, i restanti crediti sono inesigibili.
L’Italia rappresenta, inoltre, un unicum rispetto al contesto internazionale perché il mancato stralcio dei crediti inesigibili fa lievitare anno per anno il gigantesco importo dell’evaso. A sottolinearlo è stata l’OCSE, nel rapporto sul sistema della riscossione del 2016.
Se l’evasione fiscale rappresenta un reale problema in Italia e non solo, appare chiaro che la pace fiscale rivolta ai piccoli debitori sarà del tutto insufficiente e che trovare i fondi per la flat tax e la riforma delle pensioni nell’ennesimo condono è pressoché impossibile.
Ecco perché.
Pace fiscale insufficiente, a rischio flat tax e riforma pensioni
Secondo la Lega, l’introduzione della pace fiscale porterà ad un gettito di 60 miliardi di euro in due anni, con un totale di 650 miliardi di euro di crediti che potranno essere ammessi al nuovo maxi condono delle cartelle esattoriali.
La somma dovrebbe servire a finanziare due delle principali misure in programma: la flat tax e la riforma delle pensioni, due dei cavalli di battaglia del Governo Conte, accanto al reddito di cittadinanza.
I calcoli della Lega, messi per iscritto insieme al Movimento 5 Stelle nel Contratto di Governo, si scontrano con quanto dichiarato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’ente che a partire dallo scorso anno ha sostituto Equitalia nel difficile compito di riscuotere i debiti fiscali.
Nell’Audizione del 4 luglio 2018, il cui testo integrale è riportato sul sito dell’Agenzia delle Entrate ed allegato di seguito, Il Direttore Ruffini fissa in 871 miliardi di euro il valore contabile residuo dei crediti che i diversi enti creditori hanno affidato tra il 2000 e il 2017.
Della somma in “magazzino”, tuttavia oltre il 41% è riferito ad importi difficilmente recuperabili: si tratta di soggetti deceduti, falliti, imprese cessate o soggetti nullatenenti.
Seppur restino ancora quasi 450 miliardi di euro da recuperare, non sarà certo la pace fiscale a riuscirci. Il condono, fortemente voluto dalla Lega e appoggiato anche dal Movimento 5 Stelle, sarebbe rivolto ad una percentuale estremamente ridotta di questi e, ancora oggi, il nodo principale è rappresentato dai grandi evasori.
- Audizione del Direttore dell’Agenzia delle entrate e Presidente dell’Agenzia delle entrate-Riscossione.
- Scarica il testo completo dell’audizione di Ruffini del 4 luglio 2018 tenutasi presso la IV Commissione Finanza alla Camera
Dalla pace fiscale solo briciole per lo Stato
L’obiettivo di recuperare 60 miliardi di euro grazie alla pace fiscale si fa ancor più improbabile se si considera da un lato la composizione del magazzino dei crediti vantati dallo Stato e dall’altro dalla platea di soggetti che potrebbero essere ammessi al condono pagando un importo variabile in un sistema a tre aliquote (6, 10 e 25%).
Tenuto conto delle ultime di Salvini, che ha parlato di condono fino a 100.000 euro di debiti, il valore complessivo del credito ammesso alla pace fiscale sarebbe pari al 17,4% del totale dei crediti (al lordo di quelli inesigibili):
- il 55,1% dei contribuenti ha debiti residui inferiori a 1.000 euro al quale corrisponde circa l’1,9% del complessivo valore residuo;
- il 26,6% dei contribuenti ha debiti residui da 1.001 euro a 10.000 euro al quale corrisponde circa il 3,1% del complessivo valore residuo;
- il 14,3% dei contribuenti ha debiti residui da 10.001 a 100.000 euro al quale corrisponde circa il 12,7% del complessivo valore residuo.
Al contrario, resterebbero fuori dalla misura quei contribuenti che detengono, loro malgrado, i debiti più salati:
- il 3,1% dei contribuenti ha debiti residui da 100.001 a 500.000 euro al quale corrisponde circa il 15,8% del complessivo valore residuo;
- lo 0,9% dei contribuenti ha debiti residui superiori a 500.000 euro al quale corrisponde circa il 66,5% del complessivo valore residuo.
Ancora una volta è chiaro come Stato e Amministrazione Finanziaria debbano concentrarsi in maniera ferrea sui grandi evasori che, seppure siano in percentuale inferiori al 10% del totale, sono titolari dell’importo maggiore del debito complessivo.
Come sottolineato anche dall’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica, diretto dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, è evidente che finanziare la riforma Irpef e quella del sistema pensionistico con la pace fiscale è mera utopia: per la flat tax serviranno circa 50 miliardi di euro, per la riforma pensioni ulteriori 9/10 miliardi.
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