Operazioni soggettivamente inesistenti: regole diverse per la deducibilità dei costi ai fini delle imposte indirette e per la detraibilità IVA. Il tema è stato affrontato dalla Corte dei Conti nell'Ordinanza 19232 del 2024
Ai fini delle imposte dirette, i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, non utilizzati direttamente per commettere il reato, sono deducibili dal reddito imponibile se sono certi e inerenti.
L’IVA assolta è invece indetraibile se l’Amministrazione finanziaria prova la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta.
In tal caso grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto.
Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 19232 del 12 luglio 2024.
Costi per operazioni soggettivamente inesistenti sotto la lente della Corte di Cassazione
La controversia ha ad oggetto il recupero a tassazione, nei confronti del titolare di una impresa individuale, di maggiori imposte a seguito del disconoscimento della deduzione di costi sostenuti per operazioni soggettivamente inesistenti.
Il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento è stato respinto in primo grado ma accolto dalla CTR.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 41-bis del DPR n. 600/73, dell’art. 14 co. 4-bis della Legge 537/1993 e dell’art. 109 TUIR perché la CTR, pur muovendo dal corretto principio secondo cui, in tema di imposte sui redditi, l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, avrebbe omesso di verificare se tali costi soddisfacessero i requisiti di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.
La Corte di cassazione ha ritenuto infondato il motivo e ha rigettato il ricorso.
Il Collegio di legittimità è tornato ad occuparsi del tema della deducibilità dei costi riferiti a fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti, in quanto le fatture riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.
Sul tema delle imposte dirette, la Corte di cassazione ha affermato il principio, al quale la sentenza in parola dà continuità, secondo cui, ai sensi dell’art. 14 co. 4-bis della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una frode carosello), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i princìpi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.
Costi per operazioni soggettivamente inesistenti: la posizione della Corte di Cassazione su imposte e IVA
In altre parole, non può essere contestata la deducibilità del costo solo perché riferito a operazioni soggettivamente inesistenti, essendo piuttosto necessario valutare che non si tratti di costi utilizzati per commettere il reato e che, superato tale preliminare vaglio, non siano costi in contrasto con i principi posti dall’art. 109 del TUIR.
Questione diversa è la detraibilità dell’IVA assolta a fronte di operazioni per le quali il cedente o il fornitore non abbiano versato la relativa imposta, anche per effetto di una frode carosello.
Diversamente dal comparto delle imposte dirette, se la contestazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, è sempre escluso il diritto alla detrazione dell’IVA se l’Amministrazione finanziaria prova, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente.
Qualora l’Amministrazione assolva all’onere probatorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Costi per operazioni soggettivamente inesistenti: doppio binario per imposte e IVA