Operazioni soggettivamente inesistenti: i costi non utilizzati direttamente per commettere il reato sono deducibili dal reddito imponibile, anche nel caso in cui il contribuente sia consapevole dell'intento fraudolento. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 7863 del 2023
I costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, sono deducibili dal reddito imponibile, anche nell’ipotesi in cui il contribuente sia consapevole di partecipare ad un disegno fraudolento, sempreché il costo sia certo e inerente.
Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 7863 del 17 marzo 2023.
Operazione soggettivamente inesistente e costo deducibile: la posizione della Corte di Cassazione
L’agenzia delle entrate ha notificato ad una società diversi avvisi di accertamento, conseguenti alla partecipazione della società predetta ad alcune frodi carosello.
Il ricorso proposto dalla società è stato parzialmente accolto dalla CTP. Giunta la controversia in appello, la CTR ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate osservando, per quanto di interesse, che la società fosse pienamente consapevole di partecipare ad una frode fiscale finalizzata all’evasione e che i costi oggetto di ripresa fossero da considerarsi indeducibili, non avendo la contribuente fornito la prova della veridicità delle operazioni indicate come soggettivamente inesistenti.
La società ha impugnato la sentenza di merito, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 109 del TUIR e 2 del D.Lgs. n. 74/2000, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto indeducibili i costi per effetto della consapevolezza della contribuente di partecipare ad una frode carosello.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo la e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
Il Collegio di legittimità è tornato ad occuparsi del tema della deducibilità dei costi riferiti a fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti, in quanto le fatture riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.
Sul tema delle imposte dirette la Corte di cassazione ha ribadito che, a norma dell’art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni.
Condizione per la deducibilità del costo è che il medesimo sia effettivo, inerente, competente e certo, secondo i canoni previsti stabiliti dal Testo Unico sui Redditi.
Se ne deduce, pertanto, che non può essere contestata la deducibilità del costo solo perché riferito a operazioni soggettivamente inesistenti, essendo piuttosto necessario valutare che non si tratti di costi utilizzati per commettere il reato e che, superato tale preliminare vaglio, non siano costi in contrasto con i principi posti dall’art. 109 del TUIR.
Questione diversa riguarda il caso della detrazione dell’IVA assolta a fronte di operazioni per le quali il cedente o il fornitore non abbiano versato la relativa imposta anche per effetto di una frode carosello.
Diversamente dal comparto delle imposte dirette, in tale ipotesi è sempre escluso il diritto alla detrazione dell’IVA, incombendo sempre sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare la consapevolezza da parte dell’acquirente della frode fiscale. Spetta cioè all’Ufficio provare che il contribuente sapeva della frode.
Trattando la controversia tematiche di imposizione diretta, La CTR non ha dato corretta attuazione ai principi espressi in sede di legittimità, con conseguente cassazione della decisione impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione, per il riesame della controversia in relazione ai profili qui evidenziati.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Se l’operazione è soggettivamente inesistente il costo è deducibile