Omesso versamento IVA: la crisi di liquidità non è causa di forza maggiore, il soggetto obbligato al versamento è tenuto ad accantonare l'imposta sul valore aggiunto una volta riscossa dall'acquirente per poterla poi versare. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 27416 del 1° dicembre 2020.
La crisi di liquidità, seppur non prevedibile o attribuibile a fatti esterni, non costituisce causa di forza maggiore per la disapplicazione delle sanzioni in caso di omesso versamento dell’IVA perché il soggetto obbligato al versamento è tenuto ad accantonare l’IVA riscossa dall’acquirente del bene o servizio per poi riversarla all’erario.
Questo il contenuto dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 27416 del 1° dicembre 2020.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 27416 del 1° dicembre 2020
- Omesso versamento IVA: la crisi di liquidità non salva dalle sanzioni. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 27416 del 1° dicembre 2020.
l fatti – La controversia in commento scaturisce dall’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2012 da cui era emerso l’omesso versamento dell’IVA.
Il ricorso è stato accolto sia dalla CTP che dalla CTR, che ha confermato l’annullamento delle sanzioni amministrative pecuniarie applicate alla società contribuente ritenendo sussistente la causa di forza maggiore alla base del mancato pagamento delle imposte, ravvisata nella mancata riscossione di rilevanti crediti vantati dalla predetta società contribuente nei confronti di diversi enti pubblici.
Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l’amministrazione finanziaria, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, avendo errato la CTR nel ritenere che la crisi di liquidità, che aveva impedito alla società contribuente di adempiere al versamento dell’IVA, fosse incolpevole e tale da integrare la causa di non punibilità della forza maggiore di cui al comma 5 della citata disposizione.
A parere della Corte di cassazione il motivo è da ritenersi fondato. Da qui la cassazione della sentenza impugnata e il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente, condannata anche al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
In tema di cause di non punibilità, il richiamato comma 5 dell’art. 6 del D.Lgs. 472 del 1997 prevede che “non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”.
Ai fini della configurabilità della causa di non punibilità, la giurisprudenza di legittimità è unanime nel negare rilievo “a situazioni di disagio economico ancorché riconducibile a fattori esterni perché, essendo il soggetto obbligato al versamento un sostituto di imposta, lo stesso è tenuto ad accantonare l’IVA riscossa dall’acquirente del bene o servizio per poi riversarla all’erario, non potendo, dunque, venire in rilievo situazioni di difficoltà seppur non prevedibili”.
In materia tributaria, infatti, la nozione di forza maggiore richiede sia la sussistenza di circostanze “anormali ed estranee all’operatore” che l’obbligo dell’interessato “di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale”, attraverso misure idonee senza incorrere in sacrifici eccessivi.
È onere del giudice appurare la sussistenza di tali elementi. In conclusione, la temporanea mancanza di liquidità alla base dell’omesso versamento dell’IVA non comporta in via automatica l’esimente in esame ed è legittima l’applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle entrate.
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