Lo scorso anno l'occupazione è aumentata ma a discapito dei rapporti a tempo indeterminato. Il lavoro povero mette a rischio il sistema previdenziale con contributi non proporzionali alla crescita degli occupati. I dati del rendiconto sociale 2023 INPS
Nel 2023 è aumentato il numero di lavoratori e lavoratrici ma per la maggior parte i nuovi rapporti sono precari e poveri.
A fornire i dati aggiornati è il nuovo Rapporto Sociale 2023 del CIV INPS, presentato il 29 ottobre.
L’allarme interessa anche il sistema pensionistico, la cui tenuta è minata dalle minori entrate contributive. Lo scorso anno sono calate anche le pensioni liquidate dall’Istituto, soprattutto per via delle restrizioni introdotte, inasprite nel 2024 e confermate per il prossimo anno.
L’occupazione aumenta ma il lavoro povero mette a rischio le pensioni
L’INPS ha pubblicato i dati del Rendiconto Sociale 2023, elaborato dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Istituto e presentato il 30 ottobre a Roma presso Palazzo Wedekind, con dati e informazioni riguardanti l’attività svolta nel 2023, dalle pensioni alle dinamiche del mondo del lavoro.
A balzare agli occhi sono i dati relativi all’andamento occupazionale che dal 2021 mostrano una crescita complessiva degli assicurati all’Istituto, con un saldo positivo di 523.000 occupati nel 2023.
Una dato a prima vista confortante ma ridimensionato dal fatto che, rispetto al 2022, è stata registrata una riduzione delle assunzioni a tempo indeterminato (-54.000 unità) mentre sono aumentate quelle a termine (+81.000).
La maggior parte dei nuovi posti di lavoro creati sono dunque poveri e precari. Condizioni che non favoriscono crescita e produttività, anzi rischiano di compromettere anche il sistema della previdenza sociale.
È proprio questo l’allarme lanciato ieri dal CIV INPS, supportato dai dati relativi alle entrate contributive. Nel 2023, si legge nel rapporto, l’incremento è stato del 5 per cento e non è proporzionale alla crescita occupazionale e alla dinamica inflativa registrata nel periodo, il che evidenzia appunto “un ulteriore calo della produttività del sistema e la creazione di attività lavorative mediamente a basso reddito”.
Una crescita che dunque sembra essere solo apparente, dato che ad aumentare nel 2023 sono stati prevalentemente i contratti precari che favoriscono il cosiddetto lavoro povero.
A questo va aggiunta anche un’altra questione evidenziata nel Rapporto, quella del gender gap, ovvero la differenza nelle retribuzioni tra uomini e donne. Nel 2023, infatti, le retribuzioni settimanali lorde degli uomini sono state in media superiori del 28 per cento rispetto a quelle delle donne, evidenziando una discriminazione di genere ancora marcata nel Paese.
A rischio il sistema previdenziale, calano le uscite anticipate
Si tratta di dinamiche, dunque, che mettono a rischio nel medio lungo termine il sistema previdenziale, con le pensioni che, come noto, si calcolano interamente con metodo contributivo.
I rapporti di lavoro discontinuo e la contribuzione intermittente allontanato i giovani lavoratori e lavoratrici di oggi dalla pensione anticipata e, quando effettivamente arriveranno alla pensione, si ritroveranno con un assegno minimo.
Per quanto riguarda i pensionati, come si legge nel rapporto, nel 2023 la spesa ha continuato ad aumentare, e ha raggiunto quota 304 miliardi di euro, principalmente per via della rivalutazione degli assegni all’inflazione.
I trattamenti liquidati complessivamente dall’INPS lo scorso anno, infatti, sono stati 837.399, 40.969 in meno rispetto all’anno precedente (-4,66 per cento).
Una dinamica che si spiega soprattutto per via dell’introduzione di Quota 103, la nuova forma di pensione anticipata flessibile. Nel 2023 le domande accolte sono state 23.249, rispetto ai 112.982 di Quota 100 nel 2021. In calo anche i pensionamenti con Opzione Donna.
Ricordiamo che la Legge di Bilancio 2024 ha inasprito ulteriormente i requisiti per l’accesso ai trattamenti anticipati, misure confermate anche nel disegno della Manovra 2025.
Nel 2024 e nel 2025, si dovrebbe dunque notare una ulteriore contrazione dei pensionamenti tramite strumenti di flessibilità in uscita.
Questo perché come emerso anche dal rapporto annuale dell’INPS, la bassa natalità e la speranza di vita più alta spingono per interventi di contenimento della spesa pubblica e uno degli obiettivi a breve termine annunciati dal Governo è appunto quello di allungare la vita lavorativa di cittadini e cittadine sia nel privato sia nel pubblico, anche promuovendo incentivi per favorire la permanenza sul posto di lavoro anche dopo la maturazione dei requisiti di pensionamento.
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