Motivazione “per relationem” valida anche senza allegazione degli atti richiamati

Emiliano Marvulli - Imposte

Anche senza l'allegazione degli atti richiamati è valida la motivazione “per relationem”.

Motivazione “per relationem” valida anche senza allegazione degli atti richiamati

L’atto impositivo motivato “per relationem” è legittimo anche senza l’allegazione dei documenti richiamati, ogni qualvolta l’atto riproduce il loro contenuto essenziale e consenta al contribuente il corretto esercizio del proprio diritto alla difesa.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 20416 depositata il 1° agosto 2018.

I fatti – La controversia attiene al ricorso presentato da una ditta individuale, esercente attività di commercio di prodotti per animali, avverso un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate contenente un maggior reddito imponibile ai fini IRES e IVA.

L’avviso de qua recava le risultanze dei rilievi emersi a seguito di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di finanza nei confronti di una società terza, nel corso della quale i militari verificatori avevano acquisito alcuni files informatici riferiti alla società contribuente accertata e relativi a presunte cessioni di merce “in nero”, ripresi a tassazione negli avvisi impugnati.

Il ricorso veniva accolto sia in sede di prime cure che in sede di appello, dove i giudici di merito avevano confermato l’annullamento dell’atto impositivo, “perché allo stesso non risultavano allegati i predetti files.”

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado.

Con il principale motivo di ricorso la difesa erariale ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’articolo 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 7 della legge numero 212 del 2000, sostenendo che i giudici d’appello avevano errato nel ritenere necessaria l’allegazione all’avviso di accertamento dei files, acquisiti dalla Guardia di finanza nel corso della verifica effettuata a carico dell’altra società, da cui risultavano le vendite non contabilizzate e non dichiarate della ditta individuale.

La Corte di Cassazione ha deciso per l’accoglimento di tale motivo di ricorso e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

La decisione – I giudici della cassazione hanno esaminato nel merito la tesi affermata dalla CTR secondo cui, ai fini della corretta motivazione di un avviso di accertamento, sarebbe stata necessaria l’allegazione dei files informatici rinvenuti ed acquisiti dalla Guardia di finanza, su cui si basa “l’impianto accertativo”, non essendo sufficiente la riproduzione del loro contenuto essenziale nel corpo dell’avviso di accertamento.

Secondo la Corte tale posizione contrasta con la lettera dell’articolo 42, lettera d) del DPR 600 del 1973 in quanto “la motivazione per relationem di un avviso di accertamento è legittima non solo quando l’atto richiamato sia allegato all’avviso, ma anche quando di tale atto sia riprodotto nell’avviso il contenuto essenziale”.

Peraltro, la pretesa necessità di allegare la documentazione probatoria ai fini della legittimità dell’atto, è contraria anche al dettato dell’articolo 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212.

La citata norma, infatti, nello specificare il principio dell’obbligo di motivazione “per relationem”, prevede, come modalità alternativa all’allegazione degli atti e dei documenti probatori, la riproduzione del loro “contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente — ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale — di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento.”

Sul tema del contenuto dell’atto impositivo, l’orientamento dei giudici di Piazza Cavour è quello di ritenere legittimo l’atto tutte le volte in cui l’Amministrazione finanziaria pone il contribuente nelle condizioni di “conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali”, non essendo al pari tenuta anche all’allegazione delle prove, sempreché tali informazioni “siano in qualsiasi modo accessibili al contribuente, anche in forma riassuntiva, e possano essere contestate attraverso l’impugnazione dell’atto che le reca.”

Alla luce di tali principi non poteva che essere respinta la tesi della CTR in quanto dal contenuto dell’avviso di accertamento è emerso in maniera inconfutabile che nello stesso fossero stati esattamente individuati e nominati i files rinvenuti ed acquisiti dalla Guardia di finanza ed anche esplicitato in maniera analitica il contenuto di tale documentazione.

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