Anche il lavoro autonomo sarà oggetto della riforma fiscale, ecco quali novità sono in arrivo
Come è noto, il reddito di lavoro autonomo è quello derivante dall’esercizio di attività lavorative diverse da quelle di impresa o di lavoro dipendente.
Sotto il profilo fiscale sono previste due tipologie di reddito di lavoro autonomo:
- attività artistiche e professionali (art. 53, comma 1, del T.U. n.917/86), esercitate in modo professionale ( cioè, sistematico e organizzato) e abituale (cioè in maniera regolare, stabile e non occasionale);
- altre attività di lavoro autonomo, elencate in modo tassativo dall’art. 53, comma 2, del citato TUIR.
Sempre sul piano fiscale, come rilevato dalla circolare numero 1/2018 della G.d.F., la definizione di reddito di lavoro autonomo ha natura residuale
“nel senso che il legislatore ha inteso definire come tali quei redditi che non derivano né da attività di lavoro dipendente né dall’esercizio di un’impresa”
pur indicando gli elementi che caratterizzano la particolare attività (autonomia, professionalità, abitualità, e natura non imprenditoriale).
È considerato reddito di lavoro autonomo anche quello derivante dall’esercizio in forma associata di cui all’art. 5, comma 3, lett. c, del TUIR; in tali casi, il reddito è determinato in capo all’associazione professionale ed è imputato agli associati in base al principio di trasparenza.
Allo stesso modo, i redditi prodotti dalle società tra professionisti, costituite ai sensi del D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, per l’esercizio in forma associata della professione di avvocato, costituiscono redditi di lavoro autonomo.
In forza dell’art. 54, comma 1, del TUIR, il reddito di lavoro autonomo è determinato dalla differenza tra tutti i compensi (in denaro o natura) percepiti e le spese inerenti all’esercizio delle attività svolte nel periodo d’imposta, secondo modalità e indicazioni stabilite ai successivi commi, trovando così applicazione il principio di cassa.
Se tale principio non presenta eccezioni in relazione ai compensi, per alcune spese (quali, ad esempio, i canoni di leasing, le quote di ammortamento dei beni strumentali per l’esercizio dell’arte o della professione, le quote relative agli accantonamenti al fondo trattamento di fine rapporto, le quote di indennità di fine rapporto relative a collaborazioni coordinate) è prevista la deducibilità in base al principio di competenza.
A norma dell’art. 54, comma 1-quater, del TUIR, concorrono a formare il reddito dell’esercizio (per cassa) anche i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, comunque riferibili all’attività artistica o professionale.
La deducibilità dei costi sostenuti nell’esercizio di lavoro autonomo è soggetta sostanzialmente a tre condizioni:
- effettività della spesa;
- inerenza rispetto all’attività professionale;
- imputabilità al corrispondente periodo di imposta.
Ai fini IVA, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/72, le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, allorquando la relativa imposta diviene esigibile. Se però prima del pagamento viene emessa fattura, la prestazione si considera effettuata limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data di emissione del documento.
Lavoro autonomo e novità della riforma fiscale
L’articolo 5 del Disegno di legge delega per la riforma fiscale (DDL AC 1038) reca i principi e i criteri direttivi per la revisione dell’Imposta sulle persone fisiche – IRPEF.
In particolare, la lettera f), del comma 1, dell’art.5, prevede, per i redditi da lavoro autonomo, il seguente princìpio e criterio direttivo, la semplificazione e la razionalizzazione dei criteri di determinazione del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni, declinato attraverso quattro punti specifici:
- estensione del criterio di imputazione;
- eliminazione della disparità di trattamento;
- riduzione delle ritenute operate;
- neutralità fiscale.
“Omnibus”: estensione del criterio di imputazione
Concorreranno alla formazione del reddito di lavoro autonomo tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo conseguiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale, ad esclusione delle somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute e riaddebitate al cliente, non deducibili dal reddito dell’esercente arte o professione.
Il criterio di imputazione temporale dei compensi sarà allineato a quello di effettuazione delle ritenute da parte del committente.
L’intervento intende superare due criticità:
- sul primo punto, infatti, allo stato attuale i rimborsi spese sono assimilati ai compensi, con necessità di fatturazione e ritenuta, mentre soltanto i rimborsi documentati, sostenuti in nome e per conto del cliente, sono esclusi. L’Amministrazione finanziaria, già con la circolare numero 1/1977 – parte 8 – ha sostenuto che la determinazione della base imponibile “sulla quale applicare la ritenuta…..non può che essere costituita dall’ammontare dei compensi percepiti per la prestazione di lavoro autonomo al lordo delle spese sostenute….. .Vanno invece escluse dalla ritenuta soltanto le somme ricevute dall’esercente arti e professioni a titolo di rimborso di spese da questi anticipate per conto del cliente, a condizione che non costituiscono, secondo quanto innanzi chiarito, spese inerenti alla produzione del reddito di lavoro autonomo e a condizione che siano debitamente e analiticamente documentate”. Tale interpretazione riguarda anche i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente. La posizione assunta nel 1977 ha trovato conferma con la R.M. n. 20/1998, con la quale le Entrate hanno ribadito che “anche sulla parte rappresentata dai rimborsi delle spese di viaggio, vitto e alloggio, nonché dalla eventuale diaria”, - in quanto compensi – “deve essere applicata la ritenuta d’acconto di cui all’art.25 del D.P.R.n.600 del 1973”. Successivamente, con la circolare n. 58/E/2001, l’Agenzia delle Entrate, al punto 2.2., ha confermato che “tra i compensi del professionista rientrano i proventi percepiti sotto forma di rimborsi di spese inerenti all’attività, con esclusione dei rimborsi relativi a spese, analiticamente dettagliate, anticipate in nome e per conto del cliente. Tale situazione impone che i rimborsi, salvo quelli anticipati in nome e per conto del cliente, siano trattati alla stregua degli altri compensi”. Ulteriore intervento dell’Amministrazione finanziaria va registrato con la risoluzione n.69/E del 21 marzo 2003, dove le Entrate hanno affermato che, al fine di individuare quali somme sono da ricomprendere tra i “compensi comunque denominati”, deve farsi riferimento ai vecchi art.50, comma 1 e art.85, comma 2, del T.U.n.917/86. Ancora con la circolare numero 28/E/2006 l’Agenzia delle Entrate, per meglio chiarire il contesto normativo, ha delineato il seguente procedimento da adottare: il committente riceverà da colui che presta il servizio alberghiero o di ristorazione, il documento fiscale a lui intestato con l’esplicito riferimento al professionista che ha usufruito del servizio; il committente comunicherà al professionista l’ammontare della spesa effettivamente sostenuta e invierà allo stesso copia della relativa documentazione fiscale. In questo momento il costo non è deducibile per l’impresa committente. Il professionista emetterà la parcella comprensiva dei compensi e delle spese pagate al committente e considererà il costo integralmente deducibile, qualora siano state rispettate le predette condizioni. L’impresa committente, ricevuta la parcella, imputa a costo la prestazione, comprensiva dei rimborsi spese. Regole, di fatto, ribadite dalla circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, paragrafo 7.3, che ha precisato che la norma impone di adottare la seguente procedura: il fornitore del servizio emette fattura intestata al committente, con indicazione degli estremi del professionista che ha usufruito del servizio; il committente comunica al professionista l’ammontare della spesa effettivamente sostenuta, inviandogli copia della relativa fattura; il professionista emette fattura nei confronti del committente, includendo nel compenso le spese di vitto e alloggio “prepagate” dal committente; il committente imputa a costo la prestazione, comprensiva delle spese sostenute per conto del professionista. Da ultimo, la R.M. n.49/E dell’11 luglio 2013 ha precisato che le norme sostanziali relative alla determinazione del reddito di lavoro autonomo e del reddito di lavoro autonomo non esercitato abitualmente fanno rientrare nella nozione di compenso anche le somme che il lavoratore autonomo riaddebita al committente per il ristoro delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico, richiamando i precedenti interventi di prassi;
- sul secondo punto segnaliamo che con la circolare numero 326/E/1977 è stato precisato che la ritenuta va applicata sull’ammontare complessivo delle somme e dei valori percepiti dal sostituto nel periodo d’imposta e che “il momento di percezione è quello in cui il provento esce dalla disponibilità dell’erogante per entrare nel compendio patrimoniale del percettore”; con la risoluzione n. 138/E/2009, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il momento in cui il titolo di credito (e quindi le somme in esso rappresentate) entra nella disponibilità del professionista si verifica all’atto della materiale consegna del titolo dall’emittente al ricevente, mentre non può essere attribuita alcuna rilevanza alla circostanza che il versamento sul conto corrente del prenditore intervenga in un momento successivo (e in un diverso periodo d’imposta); con la circolare n. 38/E del 23 giugno 2010 (paragrafo 3.3), l’Amministrazione finanziaria, rispondendo ad uno specifico quesito – individuazione dell’anno in cui assume rilevanza fiscale un compenso regolato in prossimità della fine del mese di dicembre, mediante bonifico bancario (se rileva il momento in cui l’ordine di bonifico è stato impartito, oppure il momento in cui, in capo al professionista, tale somma sarà effettivamente a disposizione sul conto corrente, a prescindere dal momento di effettuazione del pagamento e di certificazione della ritenuta da parte del sostituto d’imposta, anche ai fini della compilazione del modello 770) – ha affermato che i compensi pagati mediante assegno devono considerarsi percepiti nel momento in cui il titolo di credito entra nella disponibilità del professionista, momento che si realizza con la consegna del titolo dal ricevente al committente. Non rileva, invece, ai fini della imputazione temporale del compenso al reddito del professionista, la circostanza che il versamento sul conto corrente del professionista percettore dell’assegno intervenga in un momento successivo o in un diverso periodo d’imposta; nel caso di compensi pagati mediante bonifico bancario, il momento in cui il professionista consegue la effettiva disponibilità delle somme, deve essere individuato in quello in cui questi riceve l’accredito sul proprio conto corrente. Si tratta, tecnicamente, della cosiddetta “data disponibile”, che indica il giorno a partire dal quale la somma di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata. Non assume rilievo, pertanto, né la data della valuta, ovvero quella da cui decorrono gli interessi, né il momento in cui il dante causa emette l’ordine di bonifico né quello in cui la banca informa il professionista dell’avvenuto accredito.
Eliminazione della disparità di trattamento
Eliminazione dell’attuale disparità di trattamento tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in leasing degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente.
Infatti, come ricostruito nel dossier del Senato, per quanto riguarda gli immobili strumentali (ovvero destinati allo svolgimento dell’attività di lavoro autonomo in via esclusiva) di proprietà del lavoratore autonomo, se acquistati dal 2010 in poi, le relative quote di ammortamento non sono deducibili dal reddito.
Per quanto riguarda i canoni di leasing immobiliare, invece, per i contratti stipulati dal 2014, essi sono deducibili per un periodo non inferiore a dodici anni.
Con riferimento ai costi di acquisizione degli immobili a uso promiscuo, nel caso di immobile di proprietà parzialmente destinato ad attività professionali e parzialmente a finalità personali, è possibile dedurre il 50% della rendita catastale, sempre che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile dedito esclusivamente all’attività professionale.
Anche per gli immobili in leasing utilizzabili promiscuamente, è possibile dedurre una quota dei canoni che varia secondo l’anno di stipula del contratto; in sintesi, dal 2015 è possibile dedurre il 50% del canone, sempre purché il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile dedito esclusivamente all’attività professionale.
Riduzione delle ritenute operate
- Riduzione delle ritenute operate sui compensi degli esercenti arti e professioni che si avvalgono, in via continuativa e rilevante, dell’opera di dipendenti o di altre tipologie di collaboratori.
Ciò – si legge nella relazione illustrativa al provvedimento - al fine di evitare l’insorgere di sistematiche situazioni creditorie.
La disposizione appare finalizzata a evitare che il professionista, nelle more della ricezione del compenso, non disponga della necessaria liquidità per provvedere alle spese relative ai collaboratori.
Neutralità fiscale
Neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti.
E quindi la continuità di valori tra dante causa e avente causa.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Riforma fiscale, cosa cambierà per professionisti e lavoratori autonomi