L'elevato valore dei compensi e delle spese e la semplice incidenza dei secondi sui primi non bastano a dimostrare l'esistenza di un'autonoma organizzazione e il relativo assoggettamento ad IRAP in capo al professionista. A stabilirlo la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 12929 del 2019.
L’elevato valore dei compensi e delle spese e la semplice incidenza dei secondi sui primi non costituiscono elementi univoci per desumere la sussistenza dell’autonoma organizzazione e il relativo assoggettamento ad IRAP in capo al professionista.
Infatti, da un lato, i compensi elevati possono essere semplici indici dell’attività professionale e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale quali, ad esempio, lo studio professionale e il veicolo strumentale. È comunque onere del contribuente che chieda il rimborso della imposta fornire la prova dell’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione.
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 12929 del 15 maggio 2019.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 12929 del 15 maggio 2019
- Niente IRAP se il professionista dimostra l’autonoma organizzazione. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 12929 del 15 maggio 2019.
La Sentenza – Il ricorso introduttivo è stato proposto da un lavoratore autonomo avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate in merito all’istanza di rimborso dell’IRAP, asseritamente non dovuta per assenza del requisito dell’autonoma organizzazione. In particolare il professionista aveva ricavato nella propria abitazione gli spazi per lo studio professionale e si era dotato di auto e strumenti informatici necessari all’espletamento del suo lavoro autonomo.
Non avendo trovato riscontro in sede di merito il contribuente ha proposto ricorso in cassazione, lamentando violazione dell’art. 2 del D.Lgs. 446/1997 non potendosi desumere la sussistenza dell’autonoma organizzazione solo in base al fatto che i costi incidono in maniera considerevole sui ricavi. In altri termini, a parere del ricorrente è “violata la disciplina impositiva Irap per aver guardato non ai singoli beni, alla loro rilevanza e coerenza con l’attività svolta, quanto unicamente alla loro rilevanza economica rispetto al ricavo annualmente ottenuto”.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha cassato con rinvio la decisione impugnata.
Sulla base di un filone giurisprudenziale reso dalle Sezioni Unite, il Collegio di legittimità ha ribadito che, in tema di IRAP, “il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quanto il contribuente a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità od interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni”.
Pertanto punti fermi sono, da un lato, che l’assenza di autonoma organizzazione dell’attività professionale deve essere dimostrata dal contribuente e, dall’altro, che deve essere libero il convincimento del giudice nel cercare gli indizi e pervenire alla verifica della sussistenza o meno dell’organizzazione, “tenendo presente che la regola è la sottoposizione ad Irap dell’attività professionale ed eccezionale il suo affrancamento”.
Applicando il principio al caso concreto, i giudici hanno osservato che il rapporto assoluto dei costi rispetto ai compensi non costituisce elemento oggettivo per desumere il presupposto dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che l’eccedenza delle spese può derivare dal sostenimento di costi “strettamente afferenti all’aspetto personale (es. studio professionale, veicolo strumentale, etc.), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo”.
Oltretutto, l’acquisto di un macchinario non è di per sé sintomatico dell’esistenza dell’autonoma organizzazione, sempreché il capitale investito sia asservito all’attività intellettuale del lavoratore autonomo e non rappresenti un fattore aggiuntivo o moltiplicativo del suo valore.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Niente IRAP per il professionista senza autonoma organizzazione