Redditi di locazione e corretta imputazione fiscale: le contraddizioni tra Giurisprudenza e Prassi sull'imputazione dei redditi di locazione, evidenziano come siano spuntate le armi a disposizione dello Statuto del Contribuente
Alcune posizioni espresse recentemente dall’Agenzia delle Entrate hanno alimentato ulteriori dubbi sulla corretta imputazione dei redditi da locazione dei fabbricati, atteso che fino a qualche tempo fa era pacificamente accettato che tale reddito fosse imputato per “competenza”, sulla base delle disposizioni del TUIR.
Lo riporta lo stesso documento in commento ,(interpello numero 216/2023 dell’AgenziadelleEntrate): L’articolo 26, comma 1, del TUIR evidenzia che i redditi fondiari sono imputati ai soggetti “che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale”.
Il testo, poi, evidenzia:
“Coerentemente, ai fini dell’imputazione del reddito, ai sensi del citato articolo 26 del TUIR, la costituzione del diritto di usufrutto comporta lo spostamento della soggettività passiva d’imposta dal proprietario all’usufruttuario titolare del diritto di godere della cosa e dei frutti prodotti ai sensi degli artt. 981 e 984 c.c”.
Per completezza di informazioni si riporta quanto dispone l’articolo 37 TUIR:
“Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante la applicazione delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta”.
Rilevante, poi, è il comma 4-bis
“Qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario di cui al comma 1, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione”.
A chi imputare i redditi di locazione? La risposta dell’AgenziadelleEntrate
La risposta all’interpello oggi analizzata ha per oggetto un quesito riguardante l’imputazione dei redditi di locazione da cedolare secca al nudo proprietario e nel trattare l’argomento l’Agenzia scrive:
“Trattasi di un regime di tassazione alternativo rispetto al quello ordinario di tassazione del reddito fondiario derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo, per effetto del quale per il periodo di durata dell’opzione, non si applicano le aliquote progressive per scaglioni di reddito e le relative addizionali ma un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali sul reddito fondiario prodotto dall’immobile locato (ovvero il canone annuo di locazione previsto dal contratto)”.
Sostanzialmente viene affermato che il nudo proprietario non ha titolo per dichiarare tale reddito non potendo avere rilevanza a tal fine l’effettiva percezione di tale introito.
Si arriva, infatti, alla seguente conclusione:
“Nel caso di specie, l’Istante, in qualità di nudo proprietario, pur avendo la disponibilità ’“di fatto”’ di una parte dell’immobile gravato di usufrutto a favore della madre che intende locare a terzi, non può optare per il regime della cedolare secca, atteso che, come sopra precisato, tale regime si pone in alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario, ai fini dell’IRPEF, che, come sopra illustrato, non è imputato al nudo proprietario ai sensi del citato art. 26”.
Tesi condivisibile o meno questo è stato per molti contribuenti ed utenti professionali il principio di corretta imputazione del reddito dei fabbricati, e come confermano testimonianze dirette, applicato proprio da diversi uffici periferici.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 216 del 2023
- Esclusione dal regime di applicazione della cedolare secca: nudo proprietario (articolo 3 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 – articolo 26 del TUIR)
Giurisprudenza e prassi in disaccordo?
Non si comprende a questo punto il perché della pubblicazione di questa risposta all’interpello quando il 6 maggio dello scorso anno Fisco Oggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, ha pubblicato un commento alla sentenza n. 1733 del 12 aprile 2022 emessa dalla CTR del Lazio che offre un’altra lettura delle norme sul punto, ben evidenziata dal titolo dell’articolo: “Il canone d’affitto va nel reddito soltanto di chi lo intasca”.
Per le locazioni di immobili in comproprietà non vale la formula “indipendentemente dalla percezione” che il legislatore ha riservato per i soli redditi fondiari.
Per la Ctr Lazio, è ammissibile un’autonoma imputazione del reddito rispetto al titolo reale di possesso, ove ne risulti concretamente differenziata la percezione.
“È possibile, infatti, attribuire il reddito non solo a un soggetto del tutto diverso rispetto al legittimo proprietario, ma anche solo ad alcuni dei comproprietari, che risultino effettivi locatori e percettori dei redditi di locazione”.
Si legge nell’articolo.
La sentenza della Ctr si richiama all’orientamento interpretativo della Cassazione, espresso con la sentenza 3085/2016, la quale richiama l’articolo 26 del TUIR che a suo dire deve essere letto in correlazione con il precedente articolo 25, il quale definisce i redditi fondiari identificandoli in quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti nel catasto.
Secondo tale teoria i redditi sono quantificabili sulla base delle risultanze catastali, pertanto, sono oggetto di imposizione solo in ragione della astratta potenzialità a produrre reddito, a prescindere dal concreto realizzarsi del reddito stesso e dalla sua reale entità.
Quindi per la Ctr, in base alla lettura data alla sentenza della Cassazione, il motivo per il quale nell’articolo 26 del Tuir è riportata la locuzione “indipendentemente dalla percezione” è dato dall’esigenza di indicare il criterio del concorso di detti cespiti alla formazione del reddito complessivo dei soggetti che li possiedono, ma non quella dì identificare i soggetti ai quali tali redditi devono essere imputati.
Conseguentemente, in questa categoria non possono rientrare i “redditi derivanti da contratto di locazione”.
Ed ancora richiamando la stessa sentenza della Cassazione:
“Non vi è dubbio quindi che ai fini della disciplina del reddito derivante da contratto di locazione non possa essere applicata la regola che deriva dalla formula “indipendentemente dalla percezione”, che il legislatore ha inteso riservare (per le ragioni di cui già si è detto) a riguardo dei soli redditi fondiari”.
Conclude l’articolo di Fisco Oggi:
“Atteso il chiaro orientamento espresso dalla giurisprudenza più autorevole, la Ctr laziale non ha potuto che applicare i principi di diritto di riferimento”.
Il contribuente abbandonato al suo destino
Da un lato l’Amministrazione espone la tesi peraltro più volte confermata negli anni fino anche al documento pubblicato lo scorso fine febbraio 2023 dalla documentazione di prassi relativamente alla tassazione dei redditi da locazione che è da imputare per competenza e in pro quota ai titolari di un diritto reale mentre e dall’altro la stessa Agenzia da spazio ed enfasi a rispettabili ma opinabili tesi giurisprudenziali che affermano al contrario che non è necessario alcun legame “possessorio” al bene oggetto della locazione per individuare il soggetto fiscalmente rilevante ai fini dell’assoggettamento a tassazione del reddito derivante.
Un ennesimo caso che evidenzia come lo Statuto del Contribuente sia impotente di fronte a casi del genere ed il Garante operi di fatto con armi spuntate di fronte a siffatte situazioni.
Chissa se il prossimo dlgs sull’irpef nell’ambito della riforma fiscale, annunciato come di imminente uscita, fornirá una soluzione a questa situazione.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: A chi imputare i redditi di locazione?