Leva fiscale, innovazione e turismo

Dalla spinta alla digitalizzazione alla soluzione di questioni legate all'overtourism, passando per le possibili novità sull'imposta di soggiorno: il ruolo del Fisco nello sviluppo del turismo

Leva fiscale, innovazione e turismo

La leva fiscale è senz’altro un volano fondamentale per lo sviluppo del turismo, anche in termini di innovazione tecnologica e sostenibilità.

Quanto allo sviluppo tecnologico e all’innovazione della filiera produttiva, anche a tal fine, all’interno del PNRR è stata ad esempio istituita una apposita sezione denominata “Transizione 4.0”, in evoluzione rispetto al precedente programma Industria 4.0, introdotto nel 2017.

Il 2 marzo 2024 è inoltre ufficialmente partito il nuovo piano Transizione 5.0, che ha come obiettivo il sostegno al processo di trasformazione digitale delle imprese, con un’agevolazione attribuita sotto forma di credito d’imposta, riconosciuta per i nuovi investimenti effettuati nel prossimo biennio e che prevedano una riduzione dei consumi energetici dell’unità produttive.

Tra le spese ammesse anche software, sistemi e piattaforme.

Quando Fisco, innovazione e turismo si incontrano

Tra gli strumenti utilizzabili per lo sviluppo tecnologico vi è poi anche il Tax Credit Digitale: un credito di imposta digitale che dovrebbe spingere le imprese a innovare/digitalizzare i propri processi produttivi.

In particolare, infine, per il settore turistico, Ministero del Turismo e Ministero dell’Economia hanno dato attuazione alla misura prevista dal PNRR a favore di agenzie di viaggio e tour operator che investono in sviluppo digitale, con un apposito credito d’imposta che vede riconosciuto ai beneficiari un aiuto fino al 50 per cento delle spese sostenute dal 7 novembre 2021 al 31 dicembre 2024 per investimenti e attività di sviluppo digitale.

Nello specifico, vengono agevolati i costi sostenuti per:

  • wi-fi;
  • siti web ottimizzati per il servizio di navigazione su rete mobile;
  • programmi e sistemi informatici per la vendita diretta di servizi e pernottamenti;
  • spazi e pubblicità per promuovere e commercializzare online servizi e pernottamenti turistici;
  • servizi di consulenza per la comunicazione e il marketing digitale;
  • strumenti di promozione per offerte innovative di inclusione e ospitalità per persone con disabilità;
  • formazione del titolare o del personale dipendente.

Novità in arrivo per l’imposta di soggiorno?

Sempre sul fronte fiscale, una delle novità maggiormente attese (e temute) per la prossima legge di bilancio attiene all’imposta di soggiorno.

Attualmente tale imposta viene applicata da poco più di 1.200 Comuni sui 7.900 presenti in Italia e l’importo può variare da uno a dieci euro a notte nelle città d’arte e quelle con una maggiore affluenza turistica.

In sostanza, invece, con le prossime modifiche, si dovrebbe prevedere che tutti i Comuni italiani abbiano la facoltà di applicare l’imposta di soggiorno, laddove è stata convenuta la necessità di uniformare e semplificare la disciplina su tutto il territorio nazionale e di renderla applicabile a tutti i Comuni su base volontaria, magari con specifiche fasce di prezzo per rendere l’imposta proporzionale al costo della stanza e pagabile per ogni persona.

Una soluzione proposta da alcune delle Associazioni del settore passa invece dal calcolare l’imposta di soggiorno in percentuale sul prezzo effettivo cui è venduta la camera, con indicazione di un tetto massimo del 5 per cento dell’importo stesso e comunque non eccedente il limite di 10 euro a notte.

A prescindere dalle modalità che saranno disciplinate dalle prossime modifiche normative, al centro del confronto politico vi è però proprio il tema se far diventare l’imposta di soggiorno una imposta di scopo, finalizzata appunto a finanziare e sostenere il settore del turismo e non semplicemente un’entrata diretta alla fiscalità generale.

Trasformarla in una imposta di scopo, del resto, non sarebbe un aiuto da poco per il settore, se solo si considera che il tributo attualmente vale circa 790 milioni di euro; risorse che potrebbero peraltro ben essere utilizzate per la tutela del decoro urbano e per la sicurezza.

“L’industria del turismo è importante per il Pil e anche per i comuni e i soldi vanno quindi rilasciati sul settore. Non dobbiamo far vivere ai residenti il turismo come una minaccia ma come un’opportunità. Non dobbiamo essere ideologici quando ci sediamo al tavolo per trovare soluzioni. Noi cerchiamo di distribuire meglio questa imposta”, ha evidenziato recentemente la Ministra Santanché.

Come poi chiarito dal Viceministro all’Economia Maurizio Leo “per l’albergatore nulla cambierà. Sarà il turista a pagare l’imposta e l’albergatore non sarà soggetto passivo dell’imposta, tantomeno sostituto d’imposta”.

Insomma, un percorso virtuoso da costruire, che potrebbe essere anche utilizzato per il già detto sviluppo tecnologico di un settore che vede una grande prevalenza di PMI, che non sempre hanno la capacità finanziaria per procedere sulla virtuosa strada della innovazione.

Leva fiscale e overtourism

Anche la leva fiscale, in definitiva, può essere utilizzata per governare il fenomeno del turismo e per porre rimedio magari anche alle criticità derivanti dal cosiddetto overtourism.

Anche perché non c’è dubbio che il turismo sia un fenomeno positivo, sia da un punto di vista culturale, che sociale che economico.

E per fortuna che, dopo il Covid, durante il quale la sua assenza ha determinato il fallimento di tante, fino ad allora, floride realtà imprenditoriali, è ripartito come e più di prima, laddove, in Italia, nel 2023, solo in alberghi e strutture ricettive, escludendo dunque gli alloggi affittati da privati, gli arrivi turistici sono stati 125 milioni (più 5,5 per cento sul 2022) e i pernottamenti totali sono stati oltre 431 milioni, dato che ci pone al secondo posto in Europa, prima della Francia e dietro solo alla Spagna.

Nel complesso, compresi anche gli alloggi privati, nel 2023, In Italia si sono registrate 851 milioni di presenze, che hanno generato un impatto economico sui territori di oltre 84 miliardi di euro.

È chiaro però che tutto questo genera anche delle diseconomie per i residenti.Il fenomeno, se non regolato, rischia dunque di determinare esternalità negative, non solo economiche, a fronte delle quali i vantaggi rischiano di non compensare gli svantaggi.

È giusto quindi che anche i turisti contribuiscano, anche grazie all’imposta di soggiorno, a “compensare” tali svantaggi.

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