L'esplosione del turismo degli ultimi anni in tutto il mondo accende i riflettori sulle regole per gli affitti brevi: resta la necessità di trovare soluzioni di equilibrio
Il turismo è una delle più importanti “industrie” italiane e in questi ultimi anni ha avuto uno sviluppo di proporzioni tali da essere di difficile previsione.
I voli low cost, la liberalizzazione delle frontiere comunitarie, le piattaforme digitali, hanno infatti diffuso la “cultura” del viaggio, seppur spesso tarata su un turismo di bassa qualità e di “massa”, che sta mettendo a dura prova la stessa struttura sociale di convivenza cittadina.
In un tale scenario si sta quindi assistendo ai primi scricchiolii di un sistema in affanno.
La questione globale dell’overtourism
In Spagna, ad esempio, ha fatto recentemente clamore la protesta dei residenti delle isole Canarie, i quali, al grido di Canarias tiene un limite, hanno contestato un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento del territorio. E questo nonostante tale modello origini il 40 per cento dell’impiego e contribuisca al 36 per cento del PIL delle isole.
Il problema è però che (e non solo in Spagna) la ricchezza che da tale turismo deriva non viene distribuita in modo uniforme fra la popolazione, provocando peraltro un aumento dei prezzi degli alloggi per gli stessi residenti.
La ricerca di soluzioni per limitare gli afflussi ormai fuori controllo di turisti caratterizza quindi ormai molte realtà, anche italiane.
A Venezia, per esempio, per poter entrare nella città in alcune date è stato introdotto un ticket d’ingresso di 5 euro a carico dei visitatori giornalieri.
Ad Amsterdam sono stati previsti divieti di costruire nuovi alberghi, limite di 30 giorni l’anno per affittare la propria casa a terzi, chiusura anticipata per alcuni locali.
Misure analoghe sono state prese a New York, a Barcellona, a Firenze.
In definitiva, non c’è dubbio che il turismo sia una importante leva economica. Così come non c’è dubbio però che, se non regolato, rischia di determinare esternalità negative, non solo economiche, a fronte delle quali i vantaggi rischiano di non compensare gli svantaggi.
Basti pensare, prendendo ad esempio una delle principali città d’arte del nostro Paese, che a Firenze, che negli ultimi 20 anni, circa 150mila residenti hanno lasciato il centro storico per trasferirsi in “periferia”. E questo rischia di far perdere identità e tradizioni.
Al fine dunque di non far “spegnere” queste identità una soluzione va trovata.
E allora ben venga aumentare l’imposta di soggiorno, come recentemente fatto anche a Padova, Brescia, Roma, Napoli e Milano, al fine di compensare, almeno in parte, i servizi necessari per la tutela delle città a fronte di tale “ondata” (pulizia strade, sicurezza, trasporti etc.). Ma questo certo non basta e comunque non serve al fine di tutelare i cittadini e l’identità delle loro città.
E allora, per governare i flussi turistici, sarebbe opportuna una vera strategia.
E in tutto questo, come sempre, la leva fiscale può avere un’importanza fondamentale, anche sotto il rilevantissimo profilo della disciplina da riservare agli affitti brevi.
Affitti brevi e interventi contro l’overtourism
Proprio in tema di affitti turistici, sempre per restare a Firenze, l’allora giunta comunale, prima in Italia, per cercare di risolvere il “problema”, ha vietato nuove aperture nel centro storico fiorentino, rischiando però così di violare alcuni dei basilari principi della Costituzione: da quello della tutela della proprietà privata, a quello di uguaglianza, a quello della libera iniziativa economica.
In ogni caso, a seguito dei tanti ricorsi proposti avverso la detta delibera, il TAR Toscana si è espresso deliberandone la illegittimità, seppur sotto il profilo della cessata materia del contendere per difetto di interesse a seguito del non inserimento della misura nel piano urbanistico.
L’idea stessa, comunque, di lasciare ai singoli sindaci (laddove peraltro ogni città ha delle sue precipue specificità) la soluzione, o comunque la ricerca della soluzione, ad un tema così complesso è del tutto fuori luogo.
Forse per tale motivo, sempre in tema di leva fiscale (sul fronte tributi locali), a decorrere dall’anno 2021, è stato peraltro previsto che i Comuni possano diversificare le aliquote IMU esclusivamente con riferimento alle fattispecie individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città.
Ogni Comune, nell’ambito della propria autonomia regolamentare, può peraltro effettuare una diversificazione solo se rispetti i criteri generali di ragionevolezza, adeguatezza, proporzionalità e non discriminazione.
E quindi è chiaro che le soluzioni, anche in termini di leva fiscale, devono prendere forma nell’ambito di una cornice nazionale, dato che non è certo per delibere amministrative (peraltro in ordine sparso per l’Italia) che si può risolvere il problema.
In un tale contesto la leva fiscale potrà quindi essere senz’altro utilizzata per indirizzare, almeno in parte, scelte e risorse, laddove, sul piano della tassazione degli affitti turistici, che, in termini finanziari, valgono miliardi di euro, la legge 30 dicembre 2023, n. 213 ha per esempio introdotto rilevanti novità, al fine di:
- innalzare l’aliquota dell’imposta sostitutiva dovuta sui redditi derivanti dai contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, stipulati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio d’attività d’impresa, che effettuano l’opzione per l’applicazione del regime fiscale della cedolare secca di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, passata dal 21 per cento al 26 per cento (con facoltà di usufruire dell’aliquota ridotta del 21 per cento relativamente ai redditi riferiti ai contratti di locazione breve stipulati per una sola unità immobiliare per ciascun periodo d’imposta, a scelta del contribuente);
- delineare le modalità per procedere agli adempimenti, da parte degli intermediari non residenti, in maniera conforme al diritto dell’Unione europea, secondo quanto declinato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Affitti brevi ed overtourism: alla ricerca di un equilibrio
In conclusione, il problema è che qui si “scontrano” due esigenze e due tutele tra loro (apparentemente) contrastanti: quella della proprietà privata e quella della coesione sociale.
Nel valutare la compatibilità delle suddette esigenze (quella della coesione sociale a scapito della proprietà privata), il TAR della Toscana, come già accennato, si è dunque espresso, con pronuncia del 10 luglio 2024 - sentenza n. 858/24 – , dichiarando decaduta la delibera del Comune di Firenze che vietava gli affitti brevi nel centro storico.
La delibera restrittiva, già inserita come variante al regolamento urbanistico fiorentino, non era infatti stata confermata dal nuovo piano operativo, e, per tale motivo, il TAR della Toscana ha stabilito che la delibera era ormai da considerarsi decaduta, con conseguente cessata materia del contendere.
Nella sentenza il TAR, pur non pronunciandosi nel merito per i detti motivi “processuali”, ha peraltro richiamato il Comune ad una corretta gestione “della pianificazione urbanistica” che “richiede scelte univoche e non tollera la coesistenza di regole contraddittorie la cui composizione finirebbe per restare affidata a criteri arbitrari”.
La nuova giunta di Firenze, pur dopo la detta sentenza, ha fatto comunque sapere che la battaglia intrapresa contro gli affitti brevi proseguirà e ha già posto in essere una nuova delibera, fotocopia della precedente, che inserisce il nuovo strumento urbanistico nella variante al Piano operativo comunale, riattivando così il blocco a nuove locazioni turistiche brevi nel centro cittadino.
L’obiettivo del provvedimento comunale è di bloccare la moltiplicazione degli affitti brevi attraverso l’inserimento della distinzione “residenza temporanea” all’interno della tipologia “uso residenziale”, stabilendo il divieto di insediamento nell’area Unesco dell’uso per residenza temporanea.
Insomma, siamo al punto di partenza.
Più che restrizioni bisognerebbe studiare incentivi fiscali per i proprietari di case che fanno locazioni di lungo termine, tutele per i casi di morosità (vero terrore per i proprietari e probabilmente vero motivo, ancor prima del ritorno economico, della scelta di destinare i propri immobili agli affitti brevi), nuovi piani immobiliari, comprese le rigenerazioni di quelli abbandonati.
Insomma, servirebbe una strategia e, come giustamente rimarcato dal più volte citato TAR, servono scelte univoche e non contraddittorie, evitando “criteri arbitrari”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Affitti brevi e overtourism