Dalla Cassazione un vademecum per le frodi fiscali: gli elementi che l'Amministrazione finanziaria considera per presumere che si tratti di false fattura. Le indicazioni nella sentenza della Corte di Cassazione numero 18279 del 16 giugno 2020.
Con la sentenza numero 18279 del 16 giugno 2020 la Corte di Cassazione ha fornito importanti indicazioni in tema di false fatturazioni, affermando che è ipotizzabile una frode fiscale se l’Amministrazione finanziaria individua una serie di elementi sintomatici comprovanti l’inesistenza della prestazione indicata in fattura.
È irrilevante che gli attori della frode sostengano l’effettività delle operazioni fatturate quando le scritture e i documenti contabili non sono sufficienti a ricostruire le presunte operazioni commerciali avvenute.
- Corte di Cassazione - Sentenza numero 18279 del 16 giugno 2020
- Dalla Cassazione un vademecum per le frodi fiscali: gli elementi presi in considerazione comprovare l’inesistenza della prestazione indicata in fattura.
La decisione – La controversia attiene ai ricorsi per cassazione proposti da due imprenditori del campo edile, condannati dalla Corte d’appello per i reati di emissione e di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e per occultamento e distruzione delle scritture contabili.
I ricorsi recano un unico motivo di doglianza, lamentando che il Pubblico Ministero non avesse dimostrato l’inesistenza delle operazioni fatturate.
In particolare gli imprenditori coinvolti hanno dichiarato che le fatture contestate, riguardanti lavori di manutenzione su immobili, riportavano descrizioni corrette e non generiche. Inoltre i pagamenti risultavano correttamente effettuati e avrebbe dovuto essere onere dei verificatori accertare la correttezza dei conti correnti delle imprese coinvolte nei lavori. Il motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dai giudici di legittimità perché ritenuto consistente in generiche censure, già correttamente vagliate dai giudici di merito.
Si premette che l’art. 8 del D.Lgs. 74 del 2000, a seguito dell’ultima modifica apportata dall’art. 39 del Decreto-legge del 26 ottobre 2019 n. 124, punisce con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Specularmente l’art. 2 sanziona l’utilizzatore delle fatture per operazioni inesistenti, prevedendo la pena della reclusione da quattro a otto anni per chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
La causa ruota attorno ad un caso di false fatturazioni tra imprese operanti nel settore edile ed è particolarmente rilevante perché i giudici hanno rappresentato un vero e proprio manuale antifrode, individuando alcuni elementi sintomatici della fattispecie delle operazioni inesistenti.
Infatti, sulla base del materiale probatorio, costituito dai documenti e dalle dichiarazioni dell’imprenditore indagato, la Corte di Cassazione ha individuato una serie di elementi da cui presumere l’inesistenza della prestazione indicata in fattura, i principali dei quali sono:
- l’inserimento in contabilità delle fatture nell’imminenza della scadenza della dichiarazione dei redditi;
- la descrizione dei lavori eseguiti nelle fatture generica ed in alcuni casi illeggibile, nonostante il valore non irrisorio della prestazione, ammontante a molte migliaia di euro;
- la mancata conservazione e registrazione delle fatture in contabilità e l’omessa esibizione in sede di verifica della documentazione attestante l’esecuzione dei lavori;
- la mancata disponibilità dell’esecutore dei lavori delle risorse personali o materiali per eseguire le prestazioni delle fatture;
- l’assenza di evidenze circa l’effettiva corresponsione del pagamento o le modalità del medesimo;
- il vantaggio fiscale connesso alla registrazione delle fatture in contabilità in capo all’utilizzatore delle stesse.
A fronte dell’accertamento di elementi di tale tenore è assolutamente irrilevante la dichiarazione dei soggetti coinvolti nella frode di aver effettivamente sostenuto le operazioni d’opera sottostante quando le scritture e i documenti contabili non sono sufficienti a ricostruire le presunte operazioni commerciali avvenute. Né è sostenibile che si sia verificato un’inversione dell’onere della prova perché, a fronte delle puntuali contestazioni dell’accusa, i giudici di merito hanno accertato che la documentazione rinvenuta non descriveva i lavori che gli imputati sostenevano di aver effettuato.
Da tutto ciò il Collegio di legittimità ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi e la conferma della responsabilità degli imputati per i delitti contestati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti per oDalla Cassazione un vademecum per le frodi fiscaliperazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 74/2000), di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2) nonché di occultamento di scritture e documenti contabili (art. 10).
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