Occorre prestare grandissima attenzione nell'emissione, ricezione e registrazione delle fatture, anche perché errori ed omissioni possono comportare conseguenze molto gravi per l'imprenditore
È sussistente il concorso tra i reati di cui agli artt. 3 - dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici - e 10 del D. Lgs. numero 74/2000 - occultamento o distruzione di documenti contabili.
È questo il principio dettato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, Penale, sezione 3, numero 4910/2023, che si è attestata sulla posizione della Corte di appello, che ha richiamato l’affermazione della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 3, n. 12455 del 01/12/2011, dep. 2012), escludendo il concorso apparente di norme e il rapporto di genere a specie previsti dall’art. 15 del codice penale.
Analizziamo insieme le due norme, la recente interpretazione giurisprudenziale e, soprattutto, le conseguenze pratiche che si hanno per aziende e professionisti.
False fatture emesse, omessa registrazione contabile ed errata numerazione: la contestazione nel caso di specie
I mezzi fraudolenti ascritti all’imputato sono consistiti non solo nell’occultamento delle false fatture emesse nei confronti di alcune società, e nella loro omessa registrazione contabile, ma anche nell’attribuzione alle stesse fatture della medesima numerazione già attribuita in altre fatture emesse nei confronti di altri clienti e contabilizzate per importi inferiori, oltre che nella sostituzione delle fatture occultate o distrutte con analoghe fatture riportanti i medesimi clienti ma per importi inferiori.
I due reati
Perché sia integrato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (nella versione riscritta dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015), è necessario che il contribuente indichi nelle dichiarazioni annuali un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un valore corrispondente alle soglie di punibilità individuate dal legislatore, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’amministrazione finanziaria, essendo richiesto, sotto il profilo soggettivo, il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA.
Invece, il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del Decreto Legislativo numero 74 del 2000, è configurabile ove il soggetto occulti o distrugga in tutto o in parte i documenti contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione del volume di affari o dei redditi, essendo ugualmente richiesto, sotto il profilo soggettivo, il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA, ma è anche possibile alternativamente la finalità di consentire l’evasione a terzi.
Il pensiero degli Ermellini
La Corte – nella pronuncia numero 4910/2023 - ribadisce che non sussiste alcuna relazione di genere a specie tra le fattispecie poste a confronto, non potendosi ritenere che la condotta di occultamento o distruzione integri le attività simulate o gli altri mezzi fraudolenti e ingannatori cui fa riferimento l’articolo 3 del Decreto Legislativo numero 74 del 2000 nel descrivere le modalità della condotta della dichiarazione fraudolenta:
“ricorre piuttosto un fenomeno di interferenza tra le due fattispecie determinato dalla peculiarità del fatto concreto, senza che però sussista alcun rapporto di specialità tra le fattispecie incriminatrici astrattamente considerate”
Per gli Errmellini, nel delitto di cui all’articolo 3, del D.Lgs.n.74/2000
“il ricorso all’artificio (in senso lato) è strumentale alla falsa dichiarazione, essendo finalizzato a impedire l’accertamento della stessa, riproponendo la fattispecie uno schema analogo a quello del delitto di truffa, in quanto il ricorso al mezzo fraudolento è volto alla induzione in errore di un soggetto passivo, ovvero l’amministrazione finanziaria, in ordine al volume dei redditi prodotti”
Diversamente:
“l’occultamento e la distruzione dei documenti contabili, potendosi realizzare con qualsiasi modalità, non integra necessariamente un artificio, ben potendo il soggetto agente limitarsi a distruggere o occultare i documenti contabili, senza che detta condotta possa dirsi strumentale alla falsa dichiarazione, che in tal caso potrebbe anche mancare”
In pratica:
“il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici è incentrato sul momento dichiarativo, quale momento in cui si realizza il presupposto dell’evasione. Viceversa, il delitto di occultamento o distruzione delle scritture contabili tende a reprimere tutte quelle condotte antecedenti al momento dichiarativo e potenzialmente preclusive dell’accertamento dei redditi prodotti”
Osserva la Corte di Cassazione che il reato di cui all’articolo 10, del D. Lgs. n. 74/2000 ha carattere permanente, in quanto la condotta penale dura sino al momento dell’accertamento fiscale, mentre il delitto di cui all’articolo 3, dello stesso D.Lgs. n. 74/2000 è un reato istantaneo che si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione fraudolenta viene effettuata.
Ancora, dal punto di vista soggettivo, anche il dolo specifico dei due delitti è strutturato in ragione delle peculiarità di ciascuna fattispecie incriminatrice:
“nella dichiarazione fraudolenta deve infatti sussistere il fine dell’evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, mentre, nella fattispecie di occultamento, oltre al fine dell’evasione, vi è anche quello di consentire l’evasione a terzi”
Pertanto, alla luce di tali premesse, per gli Ermellini
“è stato correttamente escluso dai giudici di merito il concorso apparente di norme tra la fattispecie di cui agli art. 3 e 10 del decreto legislativo numero 74 del 2000, non sussistendo tra le stesse quel rapporto di genere a specie che, solo, può legittimare l’applicazione dell’art. 15 codice penale”
A ciò deve solo aggiungersi, quanto al reato ex art. 10, del D. Lgs. numero 74/2000, che l’acquisizione tardiva dei documenti contabili mancanti non esclude la sussistenza del delitto, essendosi già precisato (cfr. Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018) che, in tema di reati tributari:
“l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili, elemento costitutivo del reato di cui all’art. 10 del decreto legislativo numero 74 del 2000, non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione della documentazione mancante presso terzi o aliunde”
Brevi note sui due delitti
La figura criminosa prevista dall’articolo 3 del D. Lgs. n. 74/2000 è stata oggetto di una profonda rivisitazione ad opera del D. Lgs. n. 158/2015, che ne ha ampliato il campo applicativo.
Il richiamato Decreto Legislativo numero 158/2015 ha trasformato la struttura da trifasica in bifasica, i cui caratteri sono i seguenti:
- compimento di operazioni “simulate oggettivamente o soggettivamente” ovvero nell’utilizzo di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’Amministrazione finanziaria (requisiti da considerarsi alternativi, essendo sufficiente il verificarsi di uno solo di essi ai fini della configurazione del reato);
- presentazione di una dichiarazione non veritiera ai fini delle imposte sui redditi o dell’IVA in quanto viziata da elementi attivi o passivi non corrispondenti alla realtà o da crediti e ritenute fittizi.
In ordine al significato dell’espressione mezzi fraudolenti, la G.d.F., nella circolare numero 1/2018, richiama i precedenti orientamenti giurisprudenziali che nel tempo hanno individuato, con riferimento alla previgente formulazione dell’art. 3 del D.Lgs. numero 74/2000, un’ampia casistica, ritenendoli sussistenti in una serie di ipotesi:
- utilizzo di documenti contraffatti o alterati, diversi dalle fatture o altri documenti per operazioni inesistenti oggetto di falsità sia ideologica che materiale, per i quali si applica la disposizione di cui all’art. 2, quali, ad esempio: l’imputazione di spese relative a investimenti inesistenti sorretta da predisposizione di contratti ideologicamente falsi; contratti simulati (ovvero rogiti notarili attestanti compravendite immobiliari) con indicazione di un prezzo di vendita molto inferiore al reale;
- tenuta di una doppia contabilità;
- fittizia intestazione di rapporti finanziari su cui accreditare elementi attivi destinati a non essere contabilizzati;
- sistematica emissione di titoli di credito senza indicazione del beneficiario al fine di occultare i pagamenti.
Invece, come rilevato dalla GDF, nella circolare numero 1/2018, la previsione di cui all’art. 10 del Decreto Legislativo n. 74/2000 si colloca a tutela della funzione probatoria per la quale è richiesta la conservazione obbligatoria dei libri contabili e trova spazio applicativo allorquando la distruzione o l’occultamento delle scritture e/o dei documenti contabili avvenga, con coscienza e volontà, in modo tale da non consentire la ricostruzione del volume d’affari o dei redditi.
La previsione punitiva è modellata come reato di pericolo concreto (non è richiesto che ne sia derivato un danno per l’Erario), nel senso che, qualora la distruzione o l’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione sia parziale, deve sussistere un rilevante grado di difficoltà di ricostruzione del reddito; il totale occultamento di dette scritture, invece, comportando l’impossibilità assoluta di ricostruire il reddito soggetto ad imposta, integra certamente l’elemento materiale del reato in questione (Cass., Sez. III, 18 aprile 2002 n. 924), caratterizzato dall’elemento psicologico del dolo specifico di danno con riferimento all’evasione.
Osserva la GDF nella citata circolare numero 1/2018 che, essendo in presenza di un reato di evento e non operando l’esclusione di cui all’articolo 6, del Decreto Legislativo 74/2000, è astrattamente punibile il tentativo, ad esempio nell’ipotesi in cui il soggetto attivo venga colto nell’atto di compiere atti idonei diretti in modo non equivoco ad occultare ovvero distruggere, anche solo parzialmente, scritture o documenti contabili, necessari per la ricostruzione del reddito o del volume d’affari.
Il delitto si perfeziona con l’occultamento o la distruzione, anche parziale, della contabilità, purché, si ribadisce, tali da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Cass., Sez. III, 12 ottobre 2009, n. 39711 e Cass., Sez. III, 6 febbraio 2008, n. 5791) ha chiarito che l’impossibilità di tale ricostruzione debba intendersi in termini non assoluti ma “relativi” – dovendo essa essere letta, quindi, più propriamente, quale “difficoltà ricostruttiva” – ben potendo sussistere il reato in argomento laddove l’Amministrazione finanziaria riesca a rideterminare l’obbligazione tributaria mediante l’utilizzo dei propri poteri istruttori (ad esempio, indagini finanziarie, invio questionari, ecc.).
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Frode e occultamento vanno a braccetto