Il lavoratore, che opera in contesto lavorativo tale da non consentire la prestazione lavorativa, può rassegnare le dimissioni per giusta causa. Quali sono i diritti del lavoratore? Come deve comportarsi il datore di lavoro?
Il lavoratore che opera in un contesto lavorativo tale da non consentirgli la normale prosecuzione del rapporto di lavoro, ha il diritto di recedere, senza obbligo di preavviso, dal rapporto di lavoro stesso: si prefigura il caso di dimissioni per giusta causa, tali da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, dell’attività lavorativa.
In questo caso, il lavoratore ha diritto di ricevere l’indennità sostitutiva di preavviso, e dal momento che le dimissioni per giusta causa comportano il verificarsi di uno stato di disoccupazione involontaria, dovrà essere corrisposta l’indennità ordinaria di disoccupazione Naspi.
Vediamo di seguito quali sono i diritti del lavoratore, gli oneri del datore di lavoro e la modalità con cui quest’ultimo può difendersi in sede di giudizio.
Dimissioni per giusta causa: disciplina del recesso del lavoratore
L’articolo 2119 del Codice Civile, stabilisce le modalità di recesso da un contratto di lavoro, facendo una distinzione tra contratti a tempo determinato ed indeterminato:
- se il rapporto di lavoro è a tempo determinato, le dimissioni prima della scadenza del contratto non sono ammesse a meno che non si verifichi una giusta causa;
- se il rapporto è a tempo indeterminato, il lavoratore può dimettersi anche senza fornire specifiche motivazioni, rispettando però un periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo, salvo la ricorrenza di una giusta causa.
Il verificarsi di una giusta causa, quindi, permette al lavoratore di dimettersi in qualsiasi momento e senza preavviso: quando si prefigura di preciso questa fattispecie?
La giurisprudenza riconosce come giusta causa:
- il mancato pagamento della retribuzione;
- la mancata regolarizzazione della posizione contributiva e omesso versamento dei contributi previdenziali;
- le molestie sessuali o il mobbing;
- il comportamento offensivo o ingiurioso del datore di lavoro o del superiore gerarchico;
- il demansionamento ingiustificato delle condizioni di lavoro a seguito di cessione d’azienda;
- lo spostamento del lavoratore da una sede all’altra senza che valide motivazioni tecniche, organizzative e produttive;
- il mancato rispetto, da parte del datore di lavoro, della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro tale da compromettere lo stato di salute del lavoratore;
A seguito del verificarsi di uno dei sopracitati episodi potranno essere riconosciuti la lavoratore dimissionario i seguenti diritti:
- corresponsione da parte del datore di lavoro, dell’indennità sostitutiva del preavviso direttamente rapportata al periodo previsto dalla contrattazione collettiva e calcolata sulla base della retribuzione in atto al momento della cessazione del rapporto;
- pagamento da parte dell’Inps dell’ indennità NASpI, che va richiesta in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
- la possibilità di ottenere il risarcimento del danno che il lavoratore dimissionario per giusta causa potrà avanzare nei confronti dell’azienda dimostrando che è stato costretto a dimettersi considerata la gravità delle inadempienze del datore di lavoro.
Le dimissioni sono un atto unilaterale ricettizio e devono necessariamente essere rassegnate seguendo un particolare iter: è necessario compilare un apposito modello telematico, sia da parte del diretto interessato o mediante l’ausilio di un intermediario abilitato (patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali, funzionari dell’Ispettorato territoriale del Lavoro, consulenti del lavoro) inserendo nella causale dimissioni per giusta causa.
A riguardo si segnala il seguente articolo di approfondimento: Dimissioni volontarie on line 2018: istruzioni dell’Inps.
Dimissioni per giusta causa: oneri e diritti in capo del datore di lavoro
Il datore di lavoro, a seguito di dimissioni per giusta causa da parte del dipendente, dovrà quindi corrispondere:
- al lavoratore l’indennità sostitutiva del preavviso;
- all’INPS, il contributo di ingresso alla NASpI, definito anche ticket licenziamento che corrisponde al 41% del massimale mensile di disoccupazione per ogni 12 mesi di anzianità aziendale. L’importo è proporzionato in base al numero dei mesi di durata del contratto (se il rapporto è cessato oltre il 15 del mese si considera il mese intero) e con un tetto massimo fissato in 3 anni di anzianità aziendale a prescindere dal fatto che il rapporto si sia svolto a tempo pieno o a tempo parziale.
Nel caso in cui il lavoratore abbia omesso di indicare la causa delle sue dimissioni nella dichiarazione di recesso o in generale, se il datore di lavoro ritiene che non sussistano le ragioni per una giusta causa di dimissioni del lavoratore, può procedere in questo modo:
- indicare comunque nell’UNILAV la motivazione “dimissioni per giusta causa” perché tale indicazione, ai fini di un eventuale giudizio, non è vincolante;
- comunicare all’Inps che a suo avviso queste dimissioni non sono da intendersi per giusta causa, in modo da bloccare l’erogazione delle prestazioni a sostegno del reddito (Naspi).
A questo punto si instaurerà un contraddittorio, avanzato sia dal datore di lavoro che dal lavoratore stesso, per affermare la sussistenza giusta causa delle dimissioni.
Il datore di lavoro potrà difendersi in tale sede ed in questo caso, solo a seguito della pronuncia del giudice che dichiari la concreta sussistenza della giusta causa di dimissioni, sarà tenuto a corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso al lavoratore e il contributo per la disoccupazione all’INPS e l’eventuale risarcimento del danno definito in sede di giudizio.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Dimissioni del dipendente per giusta causa: diritti e obblighi del datore di lavoro