Cooperative agricole, nel caso di ristorni che consistono in conferimento di prodotti agricoli o ittici, gli stessi devono rientrare nella fatturazione o nell'autofatturazione, in quanto hanno l'obiettivo di conguagliare i corrispettivi spettanti ai soci per la partecipazione all'attività sociale. Lo precisa la sentenza numero 25495 del 30 agosto 2022 della Corte di Cassazione.
In tema di cooperative agricole, in relazione alle quali sia previsto che il vantaggio mutualistico venga attribuito sotto forma di maggiori compensi per i conferimenti dei prodotti agricoli ed ittici, i ristorni ripartiti ai soci conferenti in conformità dell’atto costitutivo soggiacciono a fatturazione od autofatturazione, in quanto, essendo volti a conguagliare corrispettivi sinallagmaticamente spettanti a detti soci a chiusura d’esercizio per la loro partecipazione all’attività sociale, anche con riferimento ad essi trova applicazione l’art. 34, settimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972.
Questa è la precisazione contenuta nella sentenza della Corte di Cassazione n. 25495 pubblicata il 30 agosto 2022.
La sentenza
Il giudizio verte sul ricorso proposto da una società cooperativa agricola avverso l’atto di irrogazione sanzioni, con cui l’Agenzia delle entrate aveva contestato l’omessa regolarizzazione di acquisti senza fattura o con fattura infedele per operazioni soggette a IVA.
In particolare la cooperativa aveva appostato nel sotto-conto “ristorni” del conto “acquisto materie prime” relativo al 2007, un importo a valere sul quale erano stati quantificati a fine d’esercizio i ristorni corrisposti ai soci, in ragione dei conferimenti dai medesimi effettuati, senza emissione e contabilizzazione né di fattura né di autofattura.
Il ricorso proposto dal sodalizio è stato accolto in entrambi i gradi di giudizio. Per quanto attiene agli aspetti dell’IVA, la CTR osservava che, nel caso di ristorni manca la corrispettività per l’applicazione dell’imposta. A parere del Collegio di merito, infatti, il conferimento dei beni dall’associato alla cooperativa non configura una cessione di beni, perché il beneficiario non è tenuto ad alcuna prestazione nei confronti del soggetto erogante.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione lamentando, per quanto di interesse, violazione dell’art. 34, primo e settimo comma del DPR 633/1972 nella parte in cui si afferma che non sussiste obbligo di fatturazione dei ristorni effettuati in favore dei soci, quale prezzo per il conferimento di beni utilizzati dalla cooperativa, per difetto del presupposto oggettivo dell’IVA.
Tale affermazione, infatti, violerebbe le richiamate disposizioni di legge secondo cui, dal 1° settembre 1993, il conferimento di prodotti agricoli dai soci alla cooperativa costituisce cessione di beni, da assoggettarsi a fatturazione da parte del socio, o in sua vece ad autofatturazione da parte della cooperativa, all’atto del conferimento del prezzo, coincidente con la determinazione del ristorno.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso su questo punto. Il thema decidendum verte sulla corretta interpretazione del citato art. 34 del decreto IVA che, a seguito delle modifiche introdotte dal DL 331/1993 dispone che, dal 1° settembre 1993 i passaggi dei prodotti “…alle cooperative o agli altri organismi associativi ivi indicati ai fini della vendita per conto dei produttori agricoli, anche previa manipolazione o trasformazione, costituiscono cessioni di beni a norma dell’articolo 2, secondo comma, n. 3), le quali si considerano effettuate all’atto del versamento del prezzo ai produttori agricoli soci o associati. L’obbligo di emissione della fattura può essere adempiuto dagli enti, dalle cooperative o dagli altri organismi per conto dei produttori agricoli conferenti; in tal caso a questi deve essere consegnato un esemplare della fattura ai fini dei successivi adempimenti prescritti nel presente titolo”.
Tale versione normativa, rimasta pressoché inalterata anche dopo la versione vigente dal 3 ottobre 2006, prevede quindi un obbligo esplicito di fatturazione sancendo, da un lato, il criterio temporale secondo cui i “passaggi” “si considerano effettuati all’atto del versamento del prezzo ai produttori agricoli soci o associati” e, dall’altro, introducendo la facoltà per gli enti ad adempiere all’obbligo per conto dei conferenti, purché produttori agricoli, mediante il meccanismo dell’autofatturazione.
Ciò detto, con specifico riferimento alle cooperative agricole di produzione, i ristorni rappresentano quella parte del vantaggio mutualistico attribuito al socio, non già contestualmente al rapporto di scambio con la società cooperativa, ma al termine del periodo di gestione, o mediante la restituzione di una parte del prezzo pagato per acquistare beni e servizi, o sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati.
A misura che l’attribuzione vantaggio mutualistico si declini “sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati”, trova applicazione l’art. 34, settimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972: infatti, prevedendo la norma l’obbligo di fatturazione dei passaggi dei prodotti agricoli ed ittici, essendo il ristorno un conguaglio del corrispettivo a chiusura d’esercizio, esso pure soggiace a fatturazione.
A conclusione di tale ragionamento la Corte di cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto “In tema di cooperative agricole, in relazione alle quali sia previsto che il vantaggio mutualistico venga attribuito sotto forma di maggiori compensi per i conferimenti dei prodotti agricoli ed ittici, i ristorni ripartiti ai soci conferenti in conformità dell’atto costitutivo soggiacciono a fatturazione od autofatturazione in quanto, essendo volti a conguagliare corrispettivi sinallagmaticamente spettanti a detti soci a chiusura d’esercizio per la loro partecipazione all’attività sociale, anche con riferimento ad essi trova applicazione l’art. 34, settimo comma, d,P.R. n. 633 del 1972”.
Da qui l’accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, con conseguente annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
- Corte di Cassazione - Sentenza numero 25495 del 30 agosto 2022
- Cooperative agricole, nel caso di ristorni che consistono in conferimento di prodotti agricoli o ittici, gli stessi devono rientrare nella fatturazione o nell’autofatturazione, in quanto hanno l’obiettivo di conguagliare i corrispettivi spettanti ai soci per la partecipazione all’attività sociale.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Cooperative agricole: i ristorni devono essere fatturati