Se l’errore del contribuente deriva da incertezza normativa, tale da rendere la situazione complessa ed incerta, il contraddittorio preventivo deve necessariamente precedere la cartella di pagamento. Lo chiarisce l'Ordinanza numero 20554 della Corte di cassazione del 27 giugno 2022.
In caso di controllo automatizzato della dichiarazione, l’Ufficio non è obbligato ad instaurare un contraddittorio endoprocedimentale solo nel caso di mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero di divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate.
Diversamente, se l’errore del contribuente deriva da una condizione di obiettiva incertezza normativa tale da rendere la situazione complessa ed incerta, la cartella di pagamento deve essere preceduta necessariamente da un contraddittorio con la parte contribuente.
Sono questi i principi che è possibile desumere dall’Ordinanza n. 20554 emessa dalla Corte di cassazione il 27 giugno 2022.
Il fatto
La controversia riguarda una società a cui era stata notificata una cartella di pagamento per la correzione di irregolarità emerse dal controllo della dichiarazione dei redditi.
Più precisamente la parte contribuente aveva riportato nella dichiarazione integrativa relativa al 2013 gli incentivi legati alla realizzazione di un impianto fotovoltaico.
L’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, ritenendo tardiva la rettifica delle dichiarazioni pregresse, iscriveva a ruolo la relativa somma per le annualità 2011 e 2012.
Il ricorso presentato dalla contribuente, avverso la cartella di pagamento emessa a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni ex art. 36-bis del DPR n. 600 del 1973 relative alle annualità 2011 e 2012, è stato accolto dalla CTP e l’esito positivo per la contribuente è stato confermato dalla CTR, i cui giudici hanno affermato che l’erario può iscrivere a ruolo l’imposta senza previamente emettere un avviso di accertamento (che avrebbe garantito la corretta motivazione e il rispetto del contraddittorio con il contribuente) solo se la maggiore imposta risulta dalla dichiarazione del contribuente e cioè in casi tassativi.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza d’appello lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973.
La Corte di cassazione ha ritenuto infondati i motivi e ha rigettato il ricorso, condannando l’amministrazione finanziaria al pagamento delle spese processuali.
La decisione
Il motivo di ricorso attiene a un presunto vizio di motivazione della cartella di pagamento, recante le imposte iscritte a ruolo a seguito di un controllo automatizzato eseguito a sensi dell’art. 36-bis del DPR 600 del 1973.
L’art. 36-bis, DPR n. 600 del 1973, dispone in particolare che, quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.
A tal riguardo la Corte di cassazione ha affermato che, qualora l’Ufficio verifichi che il credito di imposta erroneamente esposto non era stato riportato nelle dichiarazioni precedenti potrà solo procedere alla rettifica degli errori materiali o di calcolo, ma non anche all’emissione della cartella di pagamento per il recupero del credito non dichiarato, salvo che accerti che il contribuente ha anche illegittimamente utilizzato il credito di imposta esposto, così generando un debito nei confronti dell’amministrazione, che in tal caso legittima la pretesa di recupero dell’importo mediante la notifica della cartella di pagamento.
Rilevante a riguardo è il contenuto della disposizione di cui all’art. 6, comma 5, I. n. 212 del 2000, che impone il contraddittorio endoprocedimentale soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione che non ricorre solo nel caso di mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate.
In tutti questi casi, quindi, la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione preventiva prevista dal terzo comma dell’art. 36 -bis DPR 29 settembre 1973, n. 600.
Tale impostazione è in linea con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la cartella di pagamento emessa all’esito di un procedimento di controllo cd. formale o automatizzato, a cui l’Amministrazione finanziaria ha potuto procedere attingendo i dati necessari direttamente dalla dichiarazione, può essere motivata con il mero richiamo a tale atto, atteso che il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa, anche qualora si richiedano somme maggiori di quelle risultanti dalla dichiarazione.
Nel caso di specie l’errore in dichiarazione da parte della società era derivato dall’incertezza normativa di dover considerare fiscalmente rilevante l’incentivo.
Tale situazione aveva indotto la parte contribuente ad una erronea dichiarazione e aveva determinato obiettivamente una situazione complessa ed incerta, come tale meritevole di un contraddittorio con la parte contribuente e dunque l’emissione di un previo avviso di accertamento. Da qui l’accoglimento del ricorso.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 20554 del 27 giugno 2022
- Se l’errore del contribuente deriva da una condizione di obiettiva incertezza normativa tale da rendere la situazione complessa ed incerta, la cartella di pagamento deve essere preceduta necessariamente da un contraddittorio con la parte contribuente.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: In caso di incertezza normativa il contraddittorio preventivo è d’obbligo