Concordato preventivo biennale, quale impatto dal condono? Per ora toglie risorse alla riforma fiscale

Il costo del condono abbinato al concordato preventivo biennale è di quasi un miliardo, risorse stanziate in buona parte attingendo al fondo per l'attuazione della riforma fiscale. Tutto da scrivere il futuro del patto con il Fisco

Concordato preventivo biennale, quale impatto dal condono? Per ora toglie risorse alla riforma fiscale

Concordato preventivo biennale, il condono fiscale è l’ultima mossa per incentivare le adesioni.

Arrivati all’ultimo mese a disposizione delle partite IVA per valutare pro e contro del patto con il Fisco, la previsione di un ravvedimento speciale dal 2018 al 2022 punta a rendere più conveniente la firma delle proposte dell’Agenzia delle Entrate.

Il risultato dell’ultima modifica in corsa, quasi sul filo di lana, potrà essere valutato solo dopo la scadenza del 31 ottobre. Al momento i numeri messi nero su bianco parlano di un costo extra per le casse pubbliche pari a quasi un miliardo, coperture individuate per buona parte mediante la riduzione del fondo per l’attuazione della riforma fiscale.

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Concordato preventivo biennale, condono finanziato con le risorse della riforma fiscale

Il costo del condono fiscale che debutta in parallelo al concordato preventivo biennale è messo nero su bianco nel testo dell’emendamento al decreto Omnibus approvato in Senato.

Si tratta di un totale di circa un miliardo, reperiti in parte dalle maggiori entrate derivanti dalla stessa misura e in parallelo mediante la riduzione di una quota delle risorse stanziate per l’attuazione della riforma fiscale.

Dal fondo previsto dall’articolo 62, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2023 vengono in particolare sottratti circa 850 milioni (842.666.667 euro), ripartiti negli anni dal 2025 al 2029. Per il Senatore Massimo Garavaglia, uno dei promotori della misura che introduce un condono generalizzato per gli anni dal 2018 al 2022 si tratta di un aspetto “puramente formale”, in quanto la sanatoria dovrebbe produrre ulteriore gettito extra.

Una considerazione che diventa una scommessa e che fa i conti con una riforma fiscale ancora tutta da scrivere, soprattutto per la parte di provvedimenti non a costo zero rimandati proprio vista la scarsità di risorse a disposizione.

Dalla conferma dell’IRPEF a tre aliquote (costata 4,3 miliardi lo scorso anno), all’idea di una nuova sforbiciata a vantaggio del ceto medio, fino all’attesa riforma dell’IVA, togliere un miliardo dal fondo per l’attuazione della riforma fiscale per l’introduzione di uno strumento di condono è una scelta discutibile e che rischia di rallentare i lavori.

Adesioni al concordato in salita: tempi stringenti e novità da chiarire

Non è un mistero che aver introdotto un condono fiscale in abbinato al concordato preventivo biennale risponde ad un duplice obiettivo.

Da un lato, la Maggioranza lancia l’ultima mossa per evitare il flop del patto con il Fisco che, al momento, stenta a decollare. Dall’altro, si punta a fare cassa, anche a costo di “premiare” chi ha occultato redditi al Fisco negli anni passati.

Bisogna però evidenziare che il successo del ravvedimento ultra agevolato condizionato all’adesione al concordato preventivo biennale resta ancora tutto da definire.

L’incognita principale è ora sui tempi, tenuto conto che la scadenza per le adesioni è fissata al 31 ottobre e che per l’ufficializzazione della sanatoria sarà necessario aspettare la conversione in legge del decreto Omnibus, per il quale si attende ancora l’esame della Camera.

Siamo di fronte ad una nuova scommessa, sul cui esito è presto per fare valutazioni.

Se da un lato è evidente che la sanatoria sul passato potrebbe rendere più appetibile il concordato preventivo biennale per una platea di partite IVA, interessate a regolarizzare omissioni dichiarative più che a pianificare i conti con il Fisco per il prossimo biennio, dall’altro i tempi sono tutt’altro che favorevoli.

Un aspetto già posto in evidenza da imprese e commercialisti: l’ANC (Associazione Nazionale dei Commercialisti), chiede di rinviare la scadenza al 30 novembre, stessa data proposta anche dalla CNA, di modo di consentire alle partite IVA di valutare al meglio l’effetto e i vantaggi del concordato preventivo biennale nella nuova veste disegnata dalla Maggioranza di Governo.

In attesa di sviluppi, al momento l’unico punto fermo è che il patto con il Fisco resta carico di criticità e punti oscuri. Il rischio di insuccesso ha però ora un peso maggiore, con un costo ulteriore messo nero su bianco a discapito della tanto attesa riforma fiscale.

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