Nell'ordinanza della Corte di Cassazione numero 35840 del 6 dicembre 2022 i chiarimenti sul raddoppio dei termini per l'accertamento: dai casi di presunzione legale per le somme detenute nei paradisi fiscali e sottratte a tassazione alle presunzioni semplici
Con riferimento al raddoppio dei termini per l’accertamento basato sulle presunzioni di cui art. 12, co. 2 del DL 78/2009, detto raddoppio opera sia nel caso in cui l’Ufficio, avvalendosi della presunzione legale, accerti che la disponibilità finanziaria illecitamente detenuta nei paradisi fiscali è provento di redditi sottratti a tassazione, sia nel caso, equivalente, in cui l’Ufficio, senza ricorrere alla presunzione in oggetto - in quanto non applicabile retroattivamente avendo la norma natura sostanziale - contesti comunque la medesima fattispecie di sottrazione alla tassazione di redditi esportati in paesi a fiscalità privilegiata, avvalendosi, secondo le regole probatorie ordinarie, di presunzioni semplici, qualificate dalla gravità, precisione e concordanza.
Sono queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 35840 pubblicata il 6 dicembre 2022.
La sentenza sui capitali occultati nei paradisi fiscali
Il giudizio attiene all’impugnazione di un avviso di accertamento, notificato nel 2012, contenente le maggiori imposte e sanzioni per l’omessa presentazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi per l’anno 2004 da parte di un contribuente per i beni detenuti in un Paese black list.
Il contribuente ha proposto ricorso, accolto in primo grado ma poi respinto in sede di appello.
Avverso la decisione del giudice del gravame il soccombente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando erronea applicazione dell’art. 12, commi 2, 2-bis e 2-ter del DL 78/2009.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo e ha rigettato il ricorso del contribuente.
Le disposizioni contenute nel richiamato art. 12 del D.L. 78/2009 sono finalizzate a contrastare il fenomeno dell’illecita detenzione di capitali nei “paradisi fiscali” e prevedono:
- al co. 2, che gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. Si tratta di una presunzione legale relativa che sposta sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria;
- ai commi 2-bis e 2-ter che, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento e quelli di decadenza e di prescrizione per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni, sono raddoppiati.
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione dà continuità al principio per cui, nonostante la presunzione legale stabilita al comma 2 abbia natura sostanziale (quindi irretroattiva), la prova della esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti in maniera occulta in Paesi c.d. “black list”, può essere fornita anche per mezzo di presunzioni semplici, ancorché basate su un unico elemento purché grave e preciso.
Quanto poi alla contestata decadenza della potestà di accertamento, la giurisprudenza della Corte di cassazione è invece ferma nel ritenere la natura procedimentale della disposizione e dunque la sua applicabilità anche a fattispecie verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore nel 2009, come nel caso di specie.
Pertanto, con riferimento al raddoppio dei termini per l’accertamento basato sulle presunzioni di cui al comma 2, la disposizione deve essere interpretata nel senso che detto raddoppio opera sia nel caso in cui l’Ufficio, avvalendosi della presunzione legale, accerti che la disponibilità finanziaria illecitamente detenuta nei paradisi fiscali è provento di redditi sottratti a tassazione, sia nel caso, equivalente, in cui l’Ufficio, senza ricorrere alla presunzione in oggetto - in quanto non applicabile retroattivamente - contesti comunque la medesima fattispecie di sottrazione alla tassazione di redditi esportati in paesi a fiscalità privilegiata, avvalendosi, secondo le regole probatorie ordinarie, di presunzioni semplici, qualificate dalla gravità, precisione e concordanza.
Il Collegio precisa inoltre che l’applicazione “a ritroso” della sanzione non contrasta con il principio generale di irretroattività della norma sanzionatoria, stabilito dall’art. 3 comma 1 del d.lgs. n.472 del 1997, posto che, per tutto l’arco temporale consentito dal raddoppio dei termini, la norma sanzionatoria, ossia l’ art.5 del d.l. n.167 del 1990, è di gran lunga antecedente alle annualità pregresse passibili di accertamento in forza del raddoppio dei termini.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Capitali occultati nei paradisi fiscali: applicazione “a ritroso” per il recupero delle sanzioni